Durata: h 2.40 Nazionalità:
Gran Bretagna1968 Genere: fantascienza
Tratto dal libro "2001: Odissea nello spazio" di Arthur Charles Clarke
Al cinema nel Dicembre 1968
Un'astronave, guidata dal computer Hal 9000, parte in direzione di Giove con a bordo due astronauti e tre scienziati ibernati. Ma durante il viaggio il computer prende coscienza di sé e si ribella, provocando la morte di tutti i passeggeri tranne uno...
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La prima volta ti sconvolge, la seconda volta ti affascina, la terza...beh... 2001 : Odissea nello spazio non è assolutamente un film per tutti. Perchè? Semplice. Perchè non tutti riuscirebbero ad apprezzarlo appieno, sopratutto nei tempi in cui ci troviamo oggi. Le generazioni cambiano, e , ahimè, cambiano nel verso sbagliato. Ormai si preferisce andare al cinema o vedere un film di basso livello, un film che non implichi un minimo sforzo nella sua comprensione. Ora le persone si stanno abituando troppo alle oziose americanate che andranno costantemente a finire nel dimenticatoio.
Un film come Odissea non merita di essere visto e giudicato da un certo tipo di pubblico che potrebbe snobbarlo o giudicarlo in modo inappropriato.
No.
Odissea Nello Spazio è un Opera d'arte. Imponente. Infinita. Maestosa.
Non saprei che altro dire a dirla tutta...le parole si sprecano per un film del genere.
Scrivo nella consapevolezza di non poter né restituire in poche righe gli infiniti valori estetici che fanno di questo film un capolavoro assoluto dell'arte del Novecento, né rendere giustizia, attraverso una ricostruzione sintetica di alcuni concetti estremamente semplificati, alla fitta trama di suggestioni che il film produce.
“2001” costituisce un meraviglioso "contenitore" in cui ognuno può mettere ciò che vuole, stimolato da immagini e suggerimenti-provocazioni ottico-sonori. Il film è fatto di raffinate e inesauribili trovate di messinscena, che fanno letteralmente godere basta che io pensi ad alcune. E' una sinfonia - orchestrata con una maturità registica perfetta - per immagini e suoni (musica e rumori) - poche parole. E' il trionfo, in tutto lo splendore dello schermo panoramico (quanto vorrei vederlo al cinema!), delle potenzialità "astratte" del cinema (arte composta di immagini, movimento, suoni, cadenza temporale, accostamenti di montaggio - il tutto che fa esplodere suggerimenti di senso quanto più sopraffini quanto maggiore è la padronanza, e l'innovativa originalità delle forme). Un cinema molto vicino alla musica, alle sue risonanze. A 2001 occorre accostarsi come ad un'opera sinfonica di musica classica. Decisamente, non con i parametri abituali del cinema, se si fosse convinti (ma sarebbe un autolimite) che il cinema sia semplice narrativa per immagini.
2001 di che parla? Ognuno può vederlo come vuole; al punto che può essere egualmente considerato un'allegoria pessimistica e decadente sull'impossibilità per l'Umanità di stare al passo delle sue ambizioni, oppure un apologo sulla grandiosità dell'Uomo, dei suoi mezzi, alla conquista dell'Universo. La trama del film sembrerebbe avallare la prima lettura, con la missione Giove messa in crisi e fatta fallire da un Computer-Frankenstein che si ribella ai suoi creatori. E da un misterioso monolito nero che cattura la curiosità dell'Uomo, lo chiama a sé, senza mai svelarsi e lasciando la sensazione che all'Uomo sia negato l'accesso, la chiave del mistero del Cosmo. Tuttavia il film è imbevuto dell'ottimismo degli anni '60 in cui fu concepito, e moltissime sequenze sono un trionfo di fantasia tecnologica (fanta-scienza in senso letterale, e non di genere forse) che oltre 40 anni non hanno ancora reso del tutto obsoleto. Quello che mette in scena 2001 è tuttora possibile, e il film appare datato più che altro negli abbigliamenti e negli arredi. La sola cosa non prevista correttamente è la miniaturizzazione dei chip elettronici. E - per la lettura in chiave ottimistica del film - non si può ignorare il Feto Astrale con la musica nietschiana di Zarathustra, che si specchia nella Terra e su cui il film si chiude. Rinascita a una dimensione più evoluta dell'umanità, o ironica coazione a ripetere ciclicamente lo stesso processo, in cui alla brama di evoluzione e alla sete di sapere fa fronte un enigmatico monolito nero che non si pronuncia e non si svela? Comunque sia (e il film, mirabilmente, lascia aperta la questione, e lascia liberi di interpretare il suo "messaggio" così come si è liberi di interpretare la Vita, la Storia, e i massimi sistemi), il film mette in scena niente di meno che l'eterno "faccia a faccia" tra l'Uomo e il Grande Mistero. Se si vuole, è anche una rappresentazione del confronto, silenzioso e senza dialogo, tra l'Uomo e la Divinità (ma non è assolutamente indicato dal film, semmai siamo noi spettatori ad arrivare a pensare una cosa del genere). 2001 suggerisce, stuzzichevolmente, che senza un'intuizione particolare, avvenuta in un giorno qualsiasi dei milioni di anni che separano la comparsa della vita sulla Terra dall'inizio della Storia dell'Uomo, e magari con un "aiutino" esterno (il monolito che compare alle scimmie) l'evoluzione non sarebbe iniziata. Ma qual è questa "intuizione"?! La scoperta del fuoco? Della ruota? Noooo... L'invenzione di un'arma. La scoperta che un osso di tapiro può essere usato per uccidere un altro tapiro, procacciarci cibo. Di lì il passo per uccidere anche un proprio fratello (Caino e Abele) il passo è breve. La Storia dell'Uomo è in effetti storia di guerre, di VOlontà di Potenza che si scontra con VOlontà di Potenza. Sete di dominio e Violenza. Questo è alla radice dell'evoluzione, questo sospinge la ricerca scientifica e la sete di conoscenze.
L'osso di tapiro, vola a ralenti nel cielo azzurro e - stacco, ed ellissi di milioni di anni - diventa un'astronave. Il messaggio qui è chiaro e la sequenza è una delle più sublimi che siano mai state concepite.
Sulla Luna è stato scoperto uno strano Monolito Nero. La sua origine è totalmente sconosciuta. Sembra che, all'alba del terzo millennio, l'Uomo moderno (visto negli anni '60 con una buona dose di Positivismo) sia nuovamente chiamato "da fuori" a nuove conquiste.
Ma stavolta, a essere messo in crisi dal monolito, e a essere turbato da una nuova - naturale - innata - volontà di potenza non è l'Uomo, ma è la sua creatura: l'intelligenza artificiale - Hal. Hal, che poi è il vero protagonista del film, l'essere (nient'altro che un occhio rosso e una voce inquietante!) con cui lo spettatore più solidarizza. Quanto appare più umano degli asetticissimi esseri umani che compaiono nel film - divenuti (così ci immaginavano negli anni '60 quasi disumani, nel controllo delle emozioni, nella familiarità con una tecnologia che ha preso il sopravvento sulle nostre vite. E'un'esagerazione, ma non ci sono andati poi molto lontani).
Hal - nella sua perfezione - avverte un conflitto tra la Missione alla cui supervisione è posto, e il fatto per lui misterioso d inspegabile che degli uomini abbiano tenuto segreto a degli altri uomini (i membri dell'equipaggio) lo scopo della missione. Pensa di poter fare da solo e meglio dei suoi creatori contraddittori. Ma si scopre vittima di quello che come computer non aveva potuto prevedere: la possibilità che un uomo possa rischiare la vita. David tenta, e riesce, a rientrare nell'astronave in assenza di pressurizzazione, dopo che Hal gli ha chiuso tutte le vie di accesso sotto il suo controllo.
Il "viaggio oltre l'infinito" - i dieci minuti di effetti speciali definiti il "trip allucinogeno" del film - rappresenta, allo sguardo di un uomo che non capisce quello che vede, l'orizzonte infinito di quanto l'Universo ancora nasconde, l'infinita dimensione del Sapere ancora al di là delle potenzialità umane (dal microscopico al macroscopico: nel trip si vedono galassie e cellule).
Alla fine, l'Uomo cui è stato mostrato tutto il mostrabile, ma che non è ancora arrivato a farlo suo (o non ci potrà mai arrivare definitivamente, anche se questa è la sua ambizione più grande?!), si trova a vivere una vita solitaria (metafora pessimistica della nostra essenziale condizione di individui?) ripercorsa in pochi minuti con un geniale e unico utilizzo del campo e controcampo, che suggerisce continuamente, tra l'altro, la costante percezione, da parte di quest'individuo solo, di non essere solo...
Questa vita intera trascorre senza un'aggiunta di senso, sino a un'estrema vecchiezza in cui l'uomo, ormai presumibilmente sul letto di morte, si trova, ironicamente ancora a fronteggiare un Mistero Assoluto, quello che ha dominato tutta la sua esistenza. E che nient'altro è che il Monolito Nero. Dio? Mah... Piuttosto, un "significante senza significato" adatto a rappresentare benissimo qualcosa che contenga il senso di tutto e tuttavia il cui senso sia assolutamente inaccessibile.
Quella mano alzata del morente verso di esso, sembra quasi indicare "ancora tu!...ma...ma...adesso ho capito! Eri tu con la tua impenetrabilità a governare e a portare avanti tutta la mia esistenza!". Dopodichè, un imprevisto e improvviso carrello in avanti verso il monolito...che riempie tutto lo schermo. E sale la musica, e compare il Nuovo Feto Astrale. Un uomo nuovo o l'allusione che la Vicenda umana è circolare, e che l'avventura è destinata a ripetersi eternamente in un Eterno Ritorno (nietschiano)?
L'immagine del cerchio è ricorrente: e a me lo jogging fatto da David sull'astronave circolare, tranquilla corsa in linea retta MA circolare, quasi con l'illusione di andare sempre avanti percorrendo invece un cerchio, e tornando infinite volte sullo stesso punto, ha sempre lasciato la convinta sensazione che quella sia una voluta metafora della vicenda umana.