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Tutti i post per la categoria: Cinema riflessioni sparse

Quell’oscuro oscuro oggetto del desiderio

Pubblicato il 26/11/2012 08:38:38 da matteoscarface
Riguardavo l’altra sera l’immenso lavoro di Buñuel in compagnia di alcuni loschi personaggi. Al termine della visione è nata una discussione sul significato del film che in poco tempo è sfociata in una rissa con molteplici morti e feriti, auto in fiamme, bidoni rovesciati e banche fatte saltare in aria. Qualcuno ha anche tentato un rapporto sessuale non protetto con Ronald McDonald. Riuscendoci.



Ma non è questo che ci interessa, sto chiaramente divagando per ottenere qualche parola in più. Il succo di quel discorso era se questo enigmatico e all’apparenza semplice, nella struttura intendiamoci, lavoro del Maestro surrealista fosse o meno ancora attuale, ovvero ci si chiedeva se l’opera avesse detto l’ultima parola artistica su quella misteriosa attrazione che guida un uomo e una donna verso logiche inspiegabili. Il film è sicuramente visto sotto il profilo di un uomo, ma è anche vero che i personaggi di Buñuel non sono da prendere come profili realistici bensì come astrazioni, come raffigurazioni di ideali, culture, classi sociali, virtù (poche) e difetti (tanti). In questo caso abbiamo, oltre a quello che è già stato citato, anche le astrazioni di un uomo e di una donna, come in un Kandinsky o un Mirò del Cinema, che non riescono ad accomunarsi, procedendo così in un’eterna spirale che sa tanto di girone infernale.



Si può inoltre definire “Quell’oscuro oggetto del desiderio” un film romantico? Un film che parla di sentimenti sicuramente, ma è possibile racchiuderlo nell’accezione contemporanea di romanticismo? Secondo il mio poco illustre parere la risposta è si. Il film è, anche con tutti i suoi sottotesti, compresi quelli surreali, un film sull’amore.



Ma si diceva di sottotesti surreali, il mondo che ruota attorno a Don Mathieu è senza senso eppure lui non si accorge di niente, a volte tralascia volontariamente questi avvenimenti preoccupato unicamente della sua storia d’amore con la bella Conchita. Quel mondo è folle, l’unica cosa importante sembra essere la storia, che però è ancora più incomprensibile, è il perno attorno al quale girano gli eventi dissennati e catastrofici che avvengono all’esterno, anzi forse ne è proprio il punto di partenza. È il mondo visto da Mathieu, reso folle da una storia d’amore che sembra impossibile, così come sembrava impossibile che i borghesi dal fascino discreto riuscissero a sedersi a tavola e mangiare in pace. Lo sdoppiamento della protagonista femminile, interpretata di volta in volta da due attrici diverse, è un altro elemento della follia dell’uomo innamorato, che non capisce, non vede, non distingue. È un incubo, è la realtà, è tutte e due le cose. Sembra non esserci fine, né speranza.



Comunque lo si veda è un film romantico, è un racconto di gente innamorata, che come nella vita vera non deve avere per forza un lieto fine, anzi in questo caso non ha neppure una fine. Tutto ricomincia e un’esplosione chiude il film. Quindi si, il film è ancora attuale, perché si ispira alla vita vera, pur rileggendola con gli occhi dell’arte, della trasfigurazione dei personaggi, della non tangibilità degli stessi. Se non ci credete consultate pure lo Scarfotti 2012/2013, tanto è quasi Natale e i bambini si divertono a leggerlo alla luce di una torcia dentro la tenda allestita nella loro cameretta. Un oggetto utile, pratico, comodo, dilettevole, si porta in tram, dà un tono alla casa e talvolta aspira anche la polvere nei punti che sembrano irraggiungibili con una scopa normale.

Categorie: Generi drammatico, Cinema riflessioni sparse

Commenti: 4, ultimo il 27/11/2012 alle 15.48.19 - Inserisci un commento

Valzer per un’amore

Pubblicato il 23/11/2012 08:37:34 da Silly



Le ruote di una bicicletta diventano il simbolo dell'avanzare del tempo, oltre un mezzo per percorrere un tragitto, lo stesso tragitto reiterato, inesorabile, instancabile. Una poesia di immagini e musica della durata di 8 minuti, di incredibile impatto emotivo, racconta l'amore tra un padre e una figlia, interrotto un giorno dalla scomparsa del padre, ma mai terminato dalla potenza di un sentimento capace di andare oltre i limiti terreni. "Father and daughter" è un capolavoro impressionante dell'olandese Michael Dudok De Wit, il quale ci racconta di un rapporto indissolubile tra un padre e una figlia. Lei percorre la stessa strada, nella speranza di ritrovare il padre. Lo stesso percorso in bicicletta, mentre il tempo passa e le cose cambiano, i paesaggi mutano, lei stessa diventa prima ragazza, poi donna, poi anziana. Ma quell'amore non muta e vince lo scorrere del tempo. Quelle ruote sono i bastoncini legati in un mazzetto di cui ci parla Alvin Straight in "Una storia vera" di Lynch, sono allo stesso modo la cassetta delle lettere di Carl in "Up".
Sono i simboli di legami inscindibili tra genitori e figli, tra fratelli, tra coppie. E' l'Amore che non muore, nonostante tutto.
Ognuno di noi dovrebbe possedere un pezzettino di questa ricchezza, talvolta non ci facciamo caso e diamo per scontato il fatto di esistere. Giusto ieri sera ho ripensato a mia nonna, a quanti ricordi pullulano ancora nel mio cervello e nel mio cuore, malgrado avessi solo sei anni quando è morta. Ho ricordato anche improvvisamente come molte cose sono ineluttabilmente cambiate, andate perdute. Forse dovremmo fare di più, prenderci cura con più forza dei legami delle nostre vite. Un giorno non ci saranno più, perché il tempo sono le ruote di una bicicletta che avanza, che scorre. Ma noi possiamo sempre pedalare a ritroso e ripercorrere quello che abbiamo rinchiuso tra i ricordi.
Il tempo non ci dà scampo, ma tenerlo a mente può aiutarci a non perdere per strada unioni preziose.

“Vola il tempo lo sai che vola e va, forse non ce ne accorgiamo ma più ancora del tempo che non ha età, siamo noi che ce ne andiamo e per questo ti dico amore, amor io t'attenderò ogni sera, ma tu vieni non aspettare ancor, vieni adesso finché è primavera”

Categorie: Cinema riflessioni sparse

Commenti: 2, ultimo il 23/11/2012 alle 17.00.02 - Inserisci un commento

Un giorno di vampiresca follia

Pubblicato il 16/11/2012 08:36:39 da foxycleo


Mercoledi' 14 Novembre 2012 ore 16:00 apertura di un multisala qualsiasi in una qualsivoglia citta' italiana. Una giornata qualunque nella vita di un cittadino qualunque, ma non in quella di chi all'interno del multisala lavora. Ore 16:30 un rumoreggiare sempre piu' fitto inizia ad arrivare dal piano terra a tutti i piani della struttura e dentro il petto di ogni dipendente il cuore inizia a battere piu' forte e il pensiero comune e': "sono arrivati". Invece l'attimo e' posticipato, solamente un nutrito gruppo di ragazzini si sta accingendo a vedere Hotel Transylvania. Ore 17:00 il panico prende il sopravvento, dalle telecamere di sicurezza si vedono i parcheggi riempirsi, le cassiere iniziano a sudare freddo, le bariste sembrano doversi preparare ad un incontro di lotta libera, le maschere si muovono in maniera nervosa nell'atrio e perfino le due tranquille dipendenti della libreria accennano a qualche sprazzo di vita. Arrivano; ragazzi universitari, liceali e non che hanno prenotato da giorni per vedere il tanto atteso Twilight Saga: Breaking Dawn-Parte2. Il rumore di voci indistinte copre la musica di sottofondo, i biglietti sono stampati alla velocita' della luce, qualche panino, qualche bibita, molti pop corn e tante caramelle e arrivano le 17:40 tutti in sala, silenzio nel cinema. Ore 18:00 un'ondata ancor piu' nutrita sempre di ragazzi piuttosto giovani e di donne di diversa eta' piomba all'interno delle porte scorrevoli e come un virus si propaga per tutti i piani della struttura. Il ritmo di lavoro si velocizza e le prime gocce di sudore imperlano le fronti di alcuni dipendenti. Finalmente le 18:30 tutti in sala. Ore 20:00 la stanchezza inizia a farsi sentire e si rende palese sui volti, ma non e' il momento di desistere. Tre sale, tre proiezioni ore 20:30 tutte esaurite. La gente si e' impossessata del cinema, sembra un gruppo di lupi affamati che si scaglia su buffet, aperitivi, pizze, patatine e caramelle come se non ci fosse un domani. Una volta entrati in sala i segni della devastazione sono evidenti: bicchieri, bottiglie, cartacce, cibo di ogni tipo, chiavi di automobili, sciarpe, giacche, libri sparsi su ogni pavimento e tavolino. Si inizia la ricostruzione, prima a ritmo lento a causa dell'appena giunta stanchezza poi sempre piu' sostenuto, perche' le 22 si avvicinano. Ore 22:00 la voglia di sedersi e' incontenibile, quella di scappare maggiore, ma i nostri eroi resistono ancora e cercano di arginare il nuovo fiume di persone che si riversa per lo spettacolo delle 22:30. Ci saranno vittime ma anche queste sale entreranno a vedere il tanto atteso epilogo del fantasy vampiresco piu' noto nel mondo. Ore 23, si pensava ormai a una giustificabile calma, e' mercoledi' mica sabato sera e invece no, a causa dei numerosi fan e delle loro richieste di vedere il film proprio il giorno di uscita arriva il tanto temuto spettacolo di mezzanotte. Parole poco gentili e spesso pittoresche escono dalla bocca dei dipendenti costretti a turni piu' lunghi. Anche i sorrisi di cortesia si spengono sui loro volti, sui visi di quelli che si erano ricordati di sorridere o che lavorano da veramente poco tempo per potersi permettere di non sorridere. Ore 2:00 fine delle proiezioni, uscita dalle sale e finalmente a casa. Cosa succedera' sabato? Ci saranno vittime? Chi avra' la meglio? E il Natale e' ancora lontano...

Valerio Mastandrea, eroe dei nostri tempi

Pubblicato il 06/11/2012 16:00:41 da peucezia


Allampanato, dall'espressione a metà tra il preoccupato e il malinconico, Valerio Mastandrea, attore romano della generazione dei quarantenni (e quaranta sono i suoi anni giusto nel 2012), si contraddistingue sin dalla sua apparizione sul grande schermo nell'ormai lontano 1994 per interpretazioni di giovane sfigato, magari simpatico ma sempre poco fortunato.
Gli tocca in sorte filmica una famiglia sui generis e lui, che pure non è il massimo della stabilità, si deve fare in quattro per tenere in piedi la baracca e, poiché la fortuna arride agli audaci, ci riesce quasi sempre!
Se la fidanzata di turno lo ha mollato per un giovane belloccio magari di colore, perché comunque è una progressista, alla fine lui, grazie alla sua espressione mogia, si ritrova nuovamente insieme alla sua bella, quasi a sottolineare quello stellone italico che aiuta chi risica.
Gli anni passano in fretta e da giovane precario o studente o fidanzato incerto Mastandrea, dopo una parentesi in costume alle prese con Napoleone in esilio, è un uomo in crisi, magari docente che non ci crede più, con madre terminale o, ancora, separato con moglie crudelissima che non esita a buttarlo sul lastrico, o serio lavoratore che fatica a tirar su due figli in sostituzione di moglie persa nelle sue cogitazioni. E sempre tocca a lui rimediare ai guai che hanno combinato gli altri pure se lui non se la passa mai troppo bene. E non a caso in teatro è stato un perfetto Rugantino, giovane sbruffone, nullafacente che però si autoaccusa di un delitto mai commesso solo per amore... che romanticone!
Povero Valerio, eroe dei nostri giorni, simbolo di chi arranca ma pure va avanti e riesce a stento a ingranare. Se un giorno lo ritroveremo in un ruolo di uomo ricco, felice e perfetto forse sarà finita anche la sempiterna crisi che attanaglia il povero Stivale italico?

I grandi autori sono tutti sfigati

Pubblicato il 05/11/2012 20:56:56 da cash


Problemi esistenziali di cui nessuno parla: creatori impossibilitati a fruire le loro opere. Pensateci. Siete al cospetto di un'opera, una vera opera. Cinema, musica, pittura, quello che volete. Per coerenza di paradigma, prendiamo il cinema. 2001, Quarto potere, Quei bravi ragazzi. La lista è ovviamente lunghina, il che rende ancora più tragicomica la vicenda. Popola il mondo di un capolavoro, e l'unico che non può gustarselo sei tu che ce ne hai fatto dono. Kubrick ha elargito a questo povero pianeta alcuni dei film più incredibilmente unici che ci possano essere, ma non ne può, essendo l'autore, tranne beneficio alcuno, nè estetico nè estatico. Quello che provo io, lo smarrirmi in miasmi audiovisivi che citare la sindrome di Stendhal è riduttivo, a lui è negato. E povero Scorsese; niente Casinò, niente Quei bravi ragazzi, niente Taxi driver, per lui. Forse il più misero del lotto è Lynch; non può comprendere quanto il suo talento sia così realmente tangibile da concretizzare un incubo su schermo. Ma non può scoprire Inland empire, non può angosciarsi con Eraserhead. Non può nemmeno tentare di dare una chiave di lettura a Strade perdute o Mulholland drive. A Roger Waters e David Gilmour è fatto divieto assoluto di abbandonarsi nella definitività di The Wall. Io lo posso fare, tiè. Ma non perchè gli artisti possano, per innata contraddizione, decidere di non rilasciare giudizi sulle loro opere; è perchè non lo possono ontologicamente fare. E basta. Che è poi, quasi, il megacomplesso di Dio; crea un mondo, e osservalo crescere e fiorire. Sbircia nell'intima quotidianità dei tuoi figli, ma da una certa distanza. Per la storia del libero arbitrio, e lì ti sei fregato da solo, non puoi intervenire. E allora forse sei lì che osservi me, e a vedermi fare certe minchiate t'è financo scappata una risata. Forse ti sei addirittura intenerito per alcune mie vicende sgradevoli, e hai pure versato una lacrima. Per un istante che ti è parso eterno -il senso del tempo di Dio fa schifo- , volevi essere lì a partecipare. Volevi essere lì, al pub con me e i miei amici. E forse c'eri, eri al tavolino dietro, tutto solo, a sorridere sotto i baffi finti. Dio che mi invidia. Sempre detto io, l'ateismo ti allontana dagli sfigati, e ti rende una persona migliore.

Categorie: Cinema riflessioni sparse

Commenti: 3, ultimo il 05/12/2012 alle 19.36.13 - Inserisci un commento

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