medea regia di Pier Paolo Pasolini Francia, Italia, Germania 1969
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medea (1969)

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locandina del film MEDEA

Titolo Originale: MEDEA

RegiaPier Paolo Pasolini

InterpretiMaria Callas, Giuseppe Gentile, Massimo Girotti, Laurent Terzieff, Margaret Clementi, Paul Jabara, Gerard Weiss, Sergio Tramonti

Durata: h 1.49
NazionalitàFrancia, Italia, Germania 1969
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1969

•  Altri film di Pier Paolo Pasolini

Trama del film Medea

Il giovane Giasone, con i suoi Argonauti muove alla volta del Colchide per recuperare il vello d'oro, che sarebbe in grado di rendere più forte e fertile chi la possiede; la maga Medea, affascinata da Giasone lo aiuta a rubare l'amuleto, e fugge con lui. Giasone sposa Medea ed hanno due figli, tuttavia poco dopo ripudia sua moglie per sposare la giovane Glauce, figlia del re di Corinto. La vendetta di Medea, folle di gelosia, sarà atroce.

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Voto Visitatori:   7,29 / 10 (19 voti)7,29Grafico
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Voti e commenti su Medea, 19 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  22/12/2011 23:10:44
   8 / 10
Questo è senz'altro il film più difficile ed ermetico di Pasolini; allo stesso tempo è anche quello più suggestivo ed espressivo.
Qui si portano alle estreme conseguenze le due caratteristiche estetiche già enunciate in "Edipo Re" e "Teorema", cioè la comunicazione affidata alla semplice immagine suggestiva e/o archetipica e l'uso della figura umana principalmente come simbolo e/o metafora dell'universale.
Si arriva così all'estremo di "Medea", dove si quasi completamente a meno della parola (è in pratica un film muto, quelle poche parole pesano come macigni da come sono piene di significati – solo nel finale il film diventa più "parlato"), la successione temporale e narrativa è condensata e quasi annullata (occorre conoscere già in partenza lo svolgimento dei fatti e dei personaggi coinvolti – questa conoscenza è essenziale e indispensabile, perché il film la presuppone come conosciuta), si elimina qualsiasi accidente personale (è semplicemente un succedersi di espressioni, di singoli momenti pregnanti per lo più statici e contemplativi) e drammatico dall'azione dei personaggi (alle uccisioni, alle brutalità e alle morti viene tolto qualsiasi pathos fisico, accentuando quello psicologico e simbolico).
"Medea" diventa così una rappresentazione archetipica del contrasto civiltà-barbarie, razionale-irrazionale, materiale-spirituale. Pasolini quindi deliberatamente decide di non essere fedele alla lettera del mito per esserne fedele nello spirito, estraendone il significato archetipico e universale e tralasciando le sottigliezze psicologiche e sentimentali.
La prima parte del film è tutta dedicata alla rappresentazione del lato barbarico – irrazionale. L'ambiente è quello del paesaggio selvaggio e "primitivo" della Colchide (in realtà la bellissima Cappadocia). Si inscenano sacrifici umani, antropofagia, riti atavici di ordine scamanico e animista in cui il popolo crede. Questa prima parte sembra un "mondo movie", anzi è forse il "mondo movie" più bello e perfetto mai realizzato. A differenza dei mondo movie generici, quello di Pasolini non punta a illustrare con dovizia tutte le truculenze e le stranezze per colpire lo spettatore, Pasolini trascura la superficie e punta al cuore del rito, rappresentandone lo spirito, il significato, l'essenza. Non di meno la rappresentazione è affascinante e impressionante, grazie soprattutto alla musica (un po' inquietante), alla scenografia (natura bellissima ed essenziale, luce naturale, vento, riprese in controsole) e ai costumi molto azzeccati e suggestivi nella loro fantasia.
La seconda parte si svolge nel microcosmo murato e chiuso della "civilizzata" Corinto (in realtà le mura di Aleppo e le splendide geometrie di Piazza dei Miracoli a Pisa). Un mondo che ha tolto ogni magia e spiritualità agli oggetti e alle azioni (a Corinto il Vello d'oro non ha più lo stesso "significato" che aveva nella Colchide) ma che tuttavia si sente debole e sulla difensiva nei confronti del potere del barbarico e dell'irrazionale.
Sul ruolo del divino-spirituale e sulla sua scomparsa e inutilità nel mondo "civile", verte poi tutta la parte che coinvolge il Centauro (che simboleggia un po' la Chiesa e/o l'intellettualità in genere).
Infine Medea che simboleggia la parte istintuale e irrazionale dell'animo umano, quella che "sente" e che alla fine prevale e vince sulla parte razione, calcolatrice e materiale simboleggiata da Giasone. Il finale ci dice che l'irrazionale ha comunque l'ultima parola nelle vicende umane; lo si può nascondere, reprimere, ma basta poco per farlo tornare fuori e farlo prevalere.
Tutte le sfumature psicologiche, le spiegazioni delle azioni, vengono tralasciate, rinunciando a una parte essenziale e importantissima del mito di Medea. Ma tant'è; a Pasolini questo lato non interessava.
Nonostante la difficoltà, l'ermetismo, la lentezza e la staticità (con il loro effetto soporifero in chi non entra nello spirito di ciò che vede), il film è bellissimo, sublime. Ha delle immagini che lasciano senza fiato dalla purezza ed espressività, inquadrature, espressioni, interazioni ambiente-persone perfette ed esemplari; insomma una fusione immagine-significato che ha la stessa potenza, lo stesso fascino, la stessa emozionante emotività di una poesia.
Ecco, Pasolini è forse uno dei più grandi poeti del cinema.

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