l'ora del lupo regia di Ingmar Bergman Svezia 1968
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l'ora del lupo (1968)

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locandina del film L'ORA DEL LUPO

Titolo Originale: VARGTIMMEN

RegiaIngmar Bergman

InterpretiMax von Sydow, Liv Ullmann, Gertrud Fridh, Georg Rydeberg, Erland Josephson, Naima Wifstrand, Ulf Johansson, Gudrun Brost, Bertil Anderberg, Ingrid Thulin, Agda Helin, Lenn Hjortzberg, Mikael Rundquist, Mona Seilitz, Folke Sundquist

Durata: h 1.30
NazionalitàSvezia 1968
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1968

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Trama del film L'ora del lupo

Il pittore Johan Borg e sua moglie Alma vivono su un'isola. L'uomo è tormentato da incubi che dipinge su un quaderno. Invitati a cena nel castello del barone Von Merkens, padrone dell'isola, Alma scopre che i commensali sono gli stessi mostruosi soggetti ritratti dal marito.

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Voto Visitatori:   8,12 / 10 (41 voti)8,12Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su L'ora del lupo, 41 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

hghgg  @  25/08/2013 12:24:44
   9½ / 10
"Il popolo la chiama l'ora del lupo; è l'ora in cui molta gente muore e molti bambini nascono, è quando gli incubi ci assalgono e se restiamo svegli... abbiamo paura"
Potrei limitarmi a citare questa frase pronunciata da Johan Borg/Max Von Sydow per descrivere al meglio questo film e l'atmosfera che in esso si respira.
Il film del genio svedese che più è accostabile all'horror pur andando ben oltre questa semplice definizione, non dimentico infatti dei temi classici di Bergman, filosofia, indagine sui rapporti umani e la follia stessa che qui è punto focale dell'opera. Tuttavia, potendo a mio avviso essere inserito nel genere "horror psicologico" (si, è una mera catalogazione) ne rappresenta la vetta più alta in assoluto, in sintesi è il più grande film horror della storia del cinema, per quanto possa essere ovviamente un'opinione strettamente soggettiva e personale. Incredibile come fin dalla prima visione mi abbia conquistato, scombussolato, inquietato e perfino spaventato, un'ora e mezza appena di discesa nell'abisso, un congruo numero di personaggi spaventosi e indimenticabili, forse allucinazioni frutto di una mente malata forse reali creature delle tenebre, questo non ci sarà mai dato di sapere. Ed è proprio questo alone di dubbio nel tenere intatto quel sottile filo che divide realtà e follia allucinatoria uno dei massimi punti di forza del film, insieme ovviamente a tutto ciò che ha reso immensi molti altri film di Bergman: la sua regia, che inquadra e sorregge il tutto come se fosse uno scenario teatrale e non un film, regalando momenti sublimi, stacchi e inquadrature perfetti, in questo caso donandoci momenti per me di puro terrore e sequenze registiche memorabili che si susseguono senza sosta (


Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER). Poi quei primi piani tipici del suo stile, che inquadrano e incastrano nella memoria ogni sguardo, ogni espressione, tutta l'intensità dei volti degli attori. Immenso.

La sceneggiatura, i dialoghi, anche in questo film (che non è, per dire, "Persona") profondi, ragionati, pregni di spunti di riflessione su più fronti, per quanto a volte prendano la strada del grottesco nei momenti più deliranti del film. Bergman ha tratto la storia de "L'Ora del lupo" da un manoscritto da lui già precedentemente scritto "Gli Antropofagi" o "I mangiatori di uomini" appunto.

La fotografia che nei film del maestro è sempre divina e tiene incollati allo schermo. La fotografia di questo film è probabilmente la più oscura e opprimente mai vista in un film di Bergman per ovvi motivi. Buio e oscurità predominano, ma ad esempio è straordinaria la sequenza più chiara e illuminata, in quanto ricordo o flashback di un 'altra allucinazione chissà, della scogliera, quella con il bambino (una delle scene più disturbanti che io ricordi di aver mai visto) oppure ancora quella già citata del volto di Von Sydow immerso nel buio con la sola luce del fiammifero, compendio di regia e fotografia straordinarie. E poi il bianco e nero, quel meraviglioso bianco e nero dei film di Bergman, il più bello che si sia mai potuto vedere ("Sussurri e grida" film che amo come me stesso, all'inizio mi diede quasi fastidio per via della presenza del colore). Un plauso quindi al maestro Sven Nykvist, fedele e storico direttore della fotografia di Ingmar Bergman con cui ha creato per anni opere immortali, maestro del bianco e nero, della luce e delle ombre che in pochi (anche con il colore aggiungo io) hanno saputo usare bene come lui. Non esito a definirlo uno dei più grandi direttori della fotografia della storia del cinema, probabilmente tra i primi 5.

E poi gli attori, gli interpreti di questa tragica discesa nella follia, come sempre in Bergman lo stampo delle interpretazioni è fortemente teatrale, sono volti che recitano su un palcoscenico più che da uno schermo di cinema, e sono sempre i soliti volti e le solite interpretazioni straordinarie. A partire da lui, l'attore per eccellenza dei film del maestro svedese, l'immenso Max Von Sydow (lanciato proprio con "Il settimo sigillo" e da lì per anni inseparabile compare davanti alla macchina da presa di Bergman). Anche qui la sua prova è ottima, disturbato, silenzioso, inquietante, rende al massimo la discesa del suo personaggio verso una follia o una mostruosa realtà che lo porterà via. Uno dei più grandi attori di tutti i tempi.
Poi c'è Liv Ullman che in "Persona", suo primo film con il genio di Uppsala, c'aveva impressionato con un'interpretazione immensa e che qui non è poi molto da meno, una prova recitativa impeccabile. Anche lei destinata a diventare un volto ricorrente nelle opere di Bergman (anche suo compagno di vita per un periodo) anzi il volto femminile centrale di molte sue opere (indimenticabile il suo faccia a faccia, teatralissimo ancora una volta, con Ingrid Bergman in "Sinfonia d'autunno" nel 1978). Sono Von Sydow e Liv Ullman i due attori centrali del film, loro i protagonisti che duettano su questo ipotetico palcoscenico e reggono come meglio non si potrebbe immaginare l'intero film sulle loro spalle. I loro dialoghi, i loro botta e risposta e i loro duetti sono da scuola di recitazione a livello superiore; ci tengo a ribadirlo a costo di diventare ripetitivo, teatro puro, più che cinema.
Ma sono tanti i caratteristi (interpretanti quelle inquietanti figure persecutrici che dominano il povero protagonista e consorte) che offrono una perfetta interpretazione dei loro personaggi, tanti impeccabili ricorrenti volti bergmaniani, c'è Erland Josephson, ottimo attore presente in tanti film del maestro e in alcuni, successivi a questo, anche co-protagonista ("Scene da un matrimonio" e "L'immagine allo specchio"). Ma lo troviamo in innumerevoli altri titoli, quasi tutti di Bergman ("Sussurri e Grida" "Fanny & Alexander" per dirne due), ne "L'infedele" per la regia di Liv Ullman e sceneggiatura di Bergman dove interpreta nientemeno che Ingmar stesso. Ha lavorato anche con Andreij Tarkovskij negli ultimi due film dell'"IMMENSO" ossia "Nostalghia" e "Sacrificio". Un attore di altissimo livello che anche qui interpreta senza sbavature la sua parte. C'è anche Ingrid Thulin, altro volto classico di Bergman ("Il posto delle fragole" "Il silenzio" "Luci d'inverno") ma anche del cinema italiano ("La caduta degli dei" di Visconti). Ottima e inquietante anche la presenza di Georg Rydeberg, forse il miglior caratterista di questo film, di sicuro il personaggio che più resta impresso, insieme alla vecchia del cappello, protagonista quest'ultima della scena più palesemente grottesca e orrorifica del film. Un cast di attori eccellente quindi, caratteristi perfetti e due protagonisti straordinari atti a mettere in scena uno dei tanti drammi della mente umana.
Bellissima anche la citazione de "Il Flauto Magico" di Mozart (l'opera favorita di Bergman, e anche la mia, bella soddisfazione direi) chiodo fisso del maestro che la trasporrà a metà anni '70 anche in un vero e proprio film omonimo.
Sicuramente "L'Ora del Lupo" è uno dei film meno conosciuti e più sottovalutati di questo artista straordinario, e riconosco che è oggettivamente inferiore ad altre sublimi opere come "Il Settimo sigillo" o "Persona" eppure, personalmente, mi ha tanto colpito e affascinato che non posso fare a meno di metterlo sullo stesso piano e considerarlo uno dei suoi lavori migliori. Disturbante e inquietante, terrificante quando scivola nel grottesco e nel surreale, ma anche raffinato, sottile, con più di una chiave di lettura e più di un dubbio instillato nello spettatore con un finale che certo non migliora le cose. Con dialoghi perfetti, sempre affascinanti che non mi permettono, mai, di scollare gli occhi dallo schermo pur non raggiungendo il lirismo e la perfezione di quelli dei già citati "Persona" e "Sussurri e Grida", sempre più e interessanti temi affrontati. Geniale poi l'idea di narrare la storia attraverso i ricordi di lei, che narra quello che ha visto o letto sul diario del marito ad una qualche troupe televisiva, un flashback a mo' di intervista quindi.
Film per me straordinario, di quelli che più mi hanno torto lo stomaco per l'inquietudine che ha saputo trasmettermi. David Lynch per i suoi film più non-sense, inquietanti e fuori dagli schemi (soprattutto "Eraserhead" e "Lost Highways" ma ci metto anche "Mulholland Drive") ha preso diversi appunti da questo film (e li ha sfruttati divinamente c'è da dirlo). Film quindi anche più importante di quanto non si creda. Ripeto, per me, il più grande "horror" di tutti i tempi.
Capolavoro assoluto.

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