io sono ancora qui regia di Walter Salles Brasile 2024
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io sono ancora qui (2024)

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locandina del film IO SONO ANCORA QUI

Titolo Originale: AINDA ESTOU AQUI

RegiaWalter Salles

InterpretiFernanda Torres, Selton Mello, Fernanda Montenegro, Valentina Herszage, Luiza Kosovski, Guilherme Silveira, Bárbara Luz, Pri Helena, Cora Mora, Dan Stulbach, Carla Ribas, Maeve Jinkings, Humberto Carrão, Maitê Padilha, Luiz Bertazzo, Camila Márdila, Thelmo Fernandes, Augusto Trainotti, Olívia Torres, Antonio Saboia, Maria Manoella, Marjorie Estiano, Gabriela Carneiro da Cunha, Helena Albergaria, Daniel Dantas, Charles Fricks, Lourinelson Vladmir, Caio Horowicz, Bernardo Bibancos

Durata: h 2.15
NazionalitàBrasile 2024
Generestorico
Al cinema nel Gennaio 2025

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Trama del film Io sono ancora qui

Nonostante i tumulti che scuotono Rio de Janeiro negli anni 70, la madre e casalinga Eunice Paiva si tiene ben lontana dalla politica. Ma quando il marito viene rapito dalle forze della dittatura militare, la donna subisce una metamorfosi e diventa la più feroce oppositrice del regime totalitario che governa il paese.

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Voto Visitatori:   7,25 / 10 (6 voti)7,25Grafico
Miglior film internazionale
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior film internazionale
Miglior attrice in un film drammatico (Fernanda Torres)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attrice in un film drammatico (Fernanda Torres)
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Voti e commenti su Io sono ancora qui, 6 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento cinemaincompagn  @  12/12/2025 11:53:13
   9 / 10
Il tema che io personalmente individuo nel film è il sorriso come metodo di lotta nei confronti della bruttezza, della violenza, di tutto quello che può essere il frutto di meccanismi contorti delle varie società.
L'altro è il mantenere un'unità che facilmente, probabilmente in altre narrazioni di storia del genere, si sfalda, mentre questa famiglia che sin dall'inizio viene vista proprio completamente unita è, come dire, probabilmente il valore che resiste di fronte a qualunque attacco che una brutale società possa fare alle persone.

Mi ha molto colpito all'inizio del film l'apparente normalità della situazione anche se a tratti si comprende che la situazione normale non è affatto. Questa cosa mi ha ricordato molto quando mio figlio faceva la seconda o la terza elementare in classe sua arrivò un bambino che veniva dalla Serbia, noi conoscemmo i genitori, ci parlavamo, ci frequentavamo per un po' poi loro andarono via e la cosa che mi colpì allora è che la madre di questo bambino si chiamava Darien, la madre era un'interpreta parlamentare e disse che praticamente si era resa conto di quello che stava succedendo a Belgrado quando era stata chiamata ad andare a Bruxelles a tradurre un parlamentare belga e solo allora si era resa conto di che cosa succedeva perché la vita a Bruxelles aveva una normalità diversa da quella che era la normalità di Belgrado: per esempio uscire camminando in una certa maniera per evitare di essere feriti dai cecchini, cercare di evitare situazioni di pericolo eccetera. E l'altra cosa che mi colpì nel racconto fu che quando loro se ne scapparono, lasciando la casa il marito non pensò a cose pratiche ma alla sua collezione di dischi jazz che ho trovato quando ho visto nel film i dischi; mi hanno un po' ricordato questo episodio qua è un aneddoto.

Un'altra cosa che si coglie è appunto la vita che continua quasi apparentemente normale, non viene rappresentata la violenza tranne per qualche piccolo accenno però si percepisce attraverso questa vita di famiglia che lei si sforza di far continuare per non creare traumi. Però è bello il fatto che sia riuscito a trasmettere emozione di condivisione contro la violenza senza ed è una tendenza nel linguaggio cinematografico di far intuire piuttosto che splatterare; e questo è molto più potente perché non è una cosa staccata che chi vede e quindi molto più percepibile.

Io ho visto una similitudine con la situazione che ho avuto con i miei genitori che sono stati in Venezuela e c'è stata nel 1962 un colpo di stato; io nonostante avessi sei anni ricordo. Ed l'ho trovato nel film quando la madre dice "dobbiamo andare a trovare i nonni e lasciamo la casa"; è successa quella cosa perché nel giro di tre, quattro giorni i miei genitori misero nelle casse quello che potevano mettere, piatti, martello, cacciavite, ed era quasi uno strappare da quella situazione per tornare in Italia. Mi ricordo anche il cambiamento di iniziare a parlare un'altra lingua. A Genova scappò insieme a noi anche il barbiere e diceva mia madre è che nonostante sei stato sei anni in Venezuela e poi il resto d'Italia non hai mai cambiato barbiere.

A me ha fatto pensare invece il fatto che la vita da un giorno all'altro può cambiare; quello che noi diamo per scontato di libertà, di democrazia non si sa mai cosa può succedere, da un giorno all'altro: ti trovi i militare fuori da casa tua e la tua vita cambia. Fa molto riflettere che nulla è scontato perché per questa famiglia felice, serena d'improvviso tutto viene messo in crisi perché qualche pazzo decide che così deve essere, questa è una cosa che mi terrorizza.

Il tappeto musicale è stato giudicato molto significativo, è uno dei simboli della nuova cultura di cui si accennava prima, Caetano Veloso che compare nelle copertine, due o tre canzoni ne erano sue.

Le fotografie che in qualche maniera affermano i vari istanti della vita e in realtà e rappresentano un film nel film come i filmini Kodak.

Non si fanno più le foto, cioè scattiamo tante foto ma non le stampiamo più, questa è una diversità. Anche la memoria … che uno prende le foto di quando eravamo piccoli e le vede, adesso non le vediamo più le foto.

Nel film fa molto male perché non è una violenza splatterata, ma è più psicologica. Dietro quel sorriso che anch'io ho rilevato come filo conduttore dall'inizio alla fine, è amaro, è un segno di potenza, è la forza di questa famiglia, della madre che trasmette anche al pubblico; anche i figli si ritrovano a fare la foto sorridendo.

Ci stavamo chiedendo, non è molto chiaro il motivo per il quale hanno preso solo se faceva parte comunque di un'organizzazione, di qualcosa.

Era un ex-deputato. Viene nominata esplicitamente la radice ideologica contro la quale il regime si accaniva: i comunisti. Era un ex deputato laborista che continuava ad aiutare attraverso la distribuzione delle lettere.

Era un regime che proteggeva la vita di tutti e, come viene detto, comunque andava un po' alla cieca, senza nemmeno un motivo... Non c'è una logica.

A me viene sempre di fronte a queste narrazioni la domanda su come sia possibile che riaccada oggi? Perché non è molto diverso dalle cose che si stanno verificando giorno per giorno. Dove stiamo andando? Come siamo fatti per cui un giorno sembra che questo atteggiamento, non dico sia normale e condivisibile, ma che possa riaccadere. Una affermazione della protagonista nel suo periodo di impegno civile è sintetizzata nella frase «Se qualcuno sa qualcosa, ha il dovere di fare qualcosa». Per cui è come un dovere morale fare opposizione quando non tornano i conti.

Fa pensare al film "Here" nella scena finale quando è inquadrato il luogo che conserva la memoria e la storia.

Una risposta a perché succedono queste cose viene dall'analisi marxista della società; laddove il proletariato si organizza e comincia a combattere la borghesia capitalista, la borghesia capitalista reagisce in maniera contro-rivoluzionaria. Questa è una risposta da marxista, che non sono. Però probabilmente c'è un fondo di verità. Queste cose succedono perché bisogna difendere gli interessi che non sono gli interessi del popolo. La dittatura di Pinochet, la dittatura in Argentina, tutte quelle che ci sono state sono state per difendere degli interessi particolari; è quello che succede in Russia oggi e che è successo in Cina. Anche se non la chiamano dittatura. Bisogna dire che queste cose non sono né di destra né di sinistra ma sono eventi che nascono dal fatto che si dà preferenza a interessi privati e non agli interessi collettivi.

C'è anche da dire che l'approccio ideologico delle rivoluzioni, sintetizzo, per la difesa del popolo, non hanno mai finora ottenuto il successo che potevano ottenere. Probabilmente non c'è soluzione perché è un carattere dell'uomo desiderare il bene ma non poterlo realizzare. Questo può essere un giudizio. E la semplice organizzazione del popolo contro i poteri non basta. Non ha portato a risolvere un problema che probabilmente attraversa il cuore dell'uomo. Ciascuno potrebbe dire "io non c'entro", di fronte a queste descrizioni della violenza, io non sarò mai così. Abbiamo imparato a essere diversi. Per esempio il metodo dell'opposizione non violenta probabilmente esprime una diversità.

"Io sono ancora qui". Chi è? Lui vive attraverso lei.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  20/10/2025 19:56:00
   7 / 10
Periodo storico della dittatura Brasiliana che come quella Argentina ha i suoi Desaparesidos e i familiari che ancora oggi cercano risposte.

La protagonista del film è una bravissima Fernanda Torres che diventa la voce di queste persone che si sono viste sparire un proprio caro.

Una tensione sempre crescente ci porta dentro la numerosa famiglia della protagonista che nell'arco del tempo si ingrandisce ma mai si dimentichera' di quel brutto periodo.

Il film non ha grandi guizzi narrativi ma segue in maniera lineare i fatti. Forse sorprende il premio oscar ricevuto visto che la cosa migliore della pellicola direi sia la prova attoriale della protagonista.

Buon film comunque, quantomeno a livello di informazione.

stratoZ  @  21/06/2025 15:18:56
   6½ / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Walter Salles porta in scena un'opera molto sentita e personale, che lo ha toccato da vicino essendo venuto a contatto con la famiglia di cui viene narrata la storia nel film, una pellicola in linea con i suoi ideali e con quanto mostrato fin adesso dalla sua filmografia, tuttavia, per quanto a livello ideologico sia un film altamente condivisibile, l'ho trovato fin troppo di compromesso, per intenderci, c'è uno stile vagamente patinato e retorico che mi ha fatto storcere il naso in diversi punti, la classica operazione di avvicinamento ad un grande pubblico, ma anche all'Academy, con discreto successo dato che il film è riuscito ad ottenere qualche nomination all'oscar e gode di una buona popolarità, che però lo rende troppo vicino ad altre opere simili.

Il film racconta la storia della famiglia Paiva durante gli anni della dittatura militare in Brasile, introducendo un corposo background dei personaggi e degli avvenimenti, con Rubens, ex deputato poi destituito dall'arrivo della dittatura e sua moglie Eunice, assieme ai loro cinque figli, l'atmosfera che si respira fin da subito è quella del classico finto paradiso, per intenderci, la famigliola è estremamente conviviale, Rubens ha uno splendido rapporto coi figli, con la moglie, con i vicini e altri amici, organizzano spesso festicciole, si divertono, si godono una bella giornata di sole tra le spiagge del Brasile - questi elementi che sto elencando sono quelli che contribuiscono a creare quella patina di cui parlavo prima, diciamo vi è una rappresentazione tipica della famiglia del Mulino Bianco, talmente tanto positiva da rischiare di diventare nauseante - allo stesso tempo vi è la costante sensazione dell'incombenza di qualche problema, con le riunioni a cui ogni tanto partecipa Rubens, qualche segretuccio di troppo e qualche scena sintomatica della situazione politica del paese - il posto di blocco iniziale, con i militari che perquisiscono con metodi violenti i giovani che stavano rientrando a casa -

Ovviamente le sensazioni diventeranno presto realtà e un bel giorno dei militari incaricati dal governo verranno a portare via Rubens col pretesto di una breve deposizione, rimanendo in casa anche durante la notte col resto della famiglia, generando sia una sgradevole sensazione di invadenza che una certa tensione di stampo paranoico, con la conseguente permanenza di Eunice e la figlia in carcere per qualche giorno, mostrando una situazione particolarmente tesa, con metodi dispotici e un orrore invisibile per i personaggi, spesso denunciato da qualche urlo straziante.

La seconda parte del film è una continua ricerca della verità, con la totale scomparsa di Rubens e la determinazione di Eunice di far luce su una vicenda torbida e costantemente oscurata dalle istituzioni di un paese senza il minimo rispetto per i diritti umani, è qui che Salles affonda la sua critica tagliente verso la dittatura militare, il film prende una piaga da dramma familiare, mostrando la tragedia della scomparsa del marito e padre sotto un punto di vista intimista, cosa che ho gradito a metà, per quanto la realizzazione riesca a mantenere ottimi livelli, senza mai strafare nella melensità come nei tipici drammi americani - per intenderci, non è un film di Ron Howard o del tardo Spielberg e per fortuna non c'è Tom Hanks - rimane un archetipo che chi è un minimo abituato ad un certo cinema ha visto, rivisto e stravisto in fin troppi film.

Alla fine ritengo "I'm Still Here" riuscito a metà, di per sé la rappresentazione della dittatura militare in Brasile è un soggetto interessante, che difficilmente si trova nella filmografia che ha avuto un minimo di successo nel contesto internazionale, ma è trattato come fin troppi altri film a sfondo storico-biografico del genere, grandiosa la perfomance di Fernanda Torres che trasuda una certa vitalità, determinazione e un dramma vissuto costantemente con quegli occhioni lucidi di chi deve trovare la forza nell'angolo più remoto del cuore.

TheLegend  @  11/06/2025 10:20:57
   6½ / 10
Tema importante ma mi aspettavo qualcosa in più.

matt_995  @  30/01/2025 23:43:05
   6½ / 10
Cinema politico abbastanza convenzionale, potrei elencare altri 40 film identici provenienti da altrettanti Paesi. Confezione, sceneggiatura e recitazione senza guizzi, per rendere la visione più standardizzata e di più facile accesso per gli americani, che di fatti sono subito corsi a nominarlo agli Oscar.
Parte benissimo con un incipit che restituisce tutto il calore della famiglia, si prosegue più stancamente e si finisce con un buon finale in cui la veterana Fernanda Montenegro ruba la scena alla figlia Fernanda Torres (brava sì ma non particolarmente memorabile).

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  11/09/2024 18:07:20
   8 / 10
Al contrario delle dittature cilena ed argentina, quella brasiliana a livello cinematografico è certamente meno prolifica e Salles riesce ad adottare come nucleo portante non un gruppo di oppositori al regime, ma una famiglia che più borghese non si può. Vero che il capofamiglia è un ex deputato laburista destituito illegittimamente dal regime militare, tenendo i contatti tra i dissidenti della giunta e le proprie famiglie, ma gli altri membri della famiglia non ne sono coinvolti rimanendo in apparenza piuttosto neutri dal punto di vista politico. L'arresto e la successiva scomparsa di Ruben Paiva è l'inizio del calvario di una donna che cerca di mantenere l'unità familiare senza l'importante riferimento del marito. Anch'essa, insieme ad una delle figlie viene imprigionata e tenuta per giorni in un luogo segreto ed interrogata per giorni ininterrottamente. Non è uno sguardo ampio quello di Salles, perché pur facendo percepire in maniera tangibile la dittatura, sceglie come punto di osservazione una dimensione domestica in cui il personaggio della Torres, moglie del deputato acquisisce consapevolezza e tenacia nel chiedere la sorte del marito. Ed è proprio Fernanda Torres, vero valore aggiunto e vincitrice morale della Coppa Volpi femminile di Venezia 81. Oltre alla Torres c'è anche una buona sceneggiatura che rende la narrazione scorrevole malgrado la sontuosa durata, arricchita da ottimi dialoghi. Uno dei migliori film del concorso veneziano.

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