a tempo pieno regia di Laurent Cantet Francia 2001
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a tempo pieno (2001)

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locandina del film A TEMPO PIENO

Titolo Originale: L'EMPLOI DU TEMPS

RegiaLaurent Cantet

InterpretiAurélien Recoing, Karin Viard, Serge Livrozet, Jean-Pierre Mangeot, Monique Mangeot, Nicolas Kalsch, Marie Cantet, Félix Cantet, Maxime Sassier, Elizabeth Joinet, Nigel Palmer, Christophe Charles, Didier Perez, Olivier Lejoubioux, Paulin De Laubie, Jamila

Durata: h 2.12
NazionalitàFrancia 2001
Generedrammatico
Al cinema nel Luglio 2001

•  Altri film di Laurent Cantet

Trama del film A tempo pieno

Vincent ha perso da un paio di settimane il suo lavoro di consulenza. E non ha il coraggio di dirlo ai suoi familiari. Per non far capire alla moglie come stanno veramente le cose si inventa un lavoro in Svizzera, presso l'ONU, e per tirar su i soldi necessari a sopravvivere (e, anzi, ad alzare il proprio tenore di vita) mentire diventa un'occupazione a tempo pieno.

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Voto Visitatori:   7,86 / 10 (7 voti)7,86Grafico
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Voti e commenti su A tempo pieno, 7 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

KitaVerde  @  07/04/2021 17:12:46
   7 / 10
Per quanto sia molto macchinoso e lento in alcuni punti, il film si muove all'interno del suo schema di racconto in modo preciso e non perde mai di vista la narrazione e il suo spinoso protagonista Vincent. Molto azzeccato il cast e le ambientazioni fredde franco-svizzere. Regia di Cantet quadrata. Ottimo film.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR pier91  @  08/11/2012 22:57:10
   8 / 10
Padri, questi sconosciuti. Ancora oggi emotività negate, figure legate a funzioni familiari troppo pragmatiche e fredde. Eppure le carezze ai figli non sono più considerate volubilità, portare i soldi a casa non è più una prerogativa maschile. I tabù legati alla paternità sono stati infranti. E adesso? Ogni libertà nel momento in cui viene concessa genera vertigine. Spesso ho l'impressione che i padri emancipati siano tanti funamboli, che cerchino disperatamente un nuovo punto di equilibrio. Il protagonista di "A tempo pieno" suscita in tal senso profonda compassione. Quel che più mi ha colpito è la sua ossessione per il benessere della superficie. Un' ossessione che paradossalmente non è affatto superficiale. Nasconde il terrore del giudizio e insieme della commiserazione , la volontà che tutto resti uguale, almeno per i cari. "Ma per te non è cambiato niente, e se l'ho fatto è perché la tua vita potesse continuare come prima." dice Vincent a Julien, il maggiore dei figli. L'assurda speranza che le vibrazioni di una grande bugia siano impercettibili.
La scena della cena, su tutte, sottolinea la sensibilità di Laurent Cantet. Il venditore di merce contraffatta, nuovo "collega" d Vincent, affronta con Julien una discussione futile ma altamente simbolica: se sia più o meno sostanziale la differenza fra una scarpa di marca autentica e la sua copia perfetta. Mentre il dibattito continua, lo sguardo si sposta sulla moglie di Vincent. Muriel ha scoperto tutto e il suo volto è sconvolto dalla nausea. Nessun disgusto, solo rassegnazione per la lontananza infinita che divide le persone, per l'utopia della reciproca condivisione che crolla davanti agli occhi. L' amore c'è ma è terribilmente impotente.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR foxycleo  @  16/12/2011 06:49:20
   7½ / 10
Film piuttosto interessante che merita di essere visto.
Un film con un protagonista molto vicino allo spettatore. Un uomo normale che si ritrova in una situazione fin troppo conosciuta al giorno d'oggi.
Molto bravi gli attori e ottima regia che analizza in maniera sottile e non crudele la realtà sociale che ci circonda e le scelte non sempre condivisibili del protagonista senza giudicarle.

sandrone65  @  25/12/2010 11:00:46
   6½ / 10
La vicenda di un uomo in crisi con tutto ciò che lo circonda, l'esaperazione dello scollamento tra la realtà della persona ed il sofisticato ed abbrutente marchingegno economico che muove la società. Bravi gli attori. D'accordo che si tratta di un "dramma quieto", però il film è eccessivamente lento e piuttosto soporifero, molte parti che andavano decisamente snellite...

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento Zazzauser  @  14/10/2010 19:43:54
   8 / 10
Davvero bello questo film di Cantet. Liberamente Ispirato alla vera storia di Jean Claude Romand (anche se senza la componente del crimine), "A tempo pieno" è un dramma "quieto", se così si può dire, che mette a fuoco la vita di un uomo di mezz'età stanco e demotivato, consulente in una società finanziaria, e la sua inappagabile sete di libertà, il suo bisogno disperato di fuggire dagli schemi e dalle gabbie imposti dalla società, come il lavoro e la famiglia, Molto "novecentesco" su quest'ultimo punto (l'uomo moderno prigioniero degli schemi ed incastrato in una "forma"), la storia di Vincent ricorda molto certi personaggi della novellistica pirandelliana (Belluca di Il Treno ha fischiato e l'avvocato de La Carriola su tutti) che, esattamente come lui, subiscono una crisi d'identità nel momento in cui, per usare la giusta espressione, si "vedono vivere".
Il protagonista è al centro della scena e Cantet ne descrive un profondo disagio, un disorientamento, una rottura interiore, che lo attira da una parte a cercare l'amore e l'affetto della famiglia, dall'altra a crearsi una vera e propria maschera. Vincent è un "attore dentro un attore", che recita una parte ai suoi familiari ed ai suoi amici, ma sopratutto a se stesso, e che si crea una vita fittizia come impiegato a Ginevra per costruire l'apparenza di un lavoro "a tempo pieno" che invece non ha. Mentire, ingannare i propri amici facendosi dare del denaro per degli investimenti fasulli, vivere nascosto ed anonimo, apparire senza essere (vestirsi in giacca e cravatta girando con la ventiquattrore e poi dormire nel parcheggio di un albergo) e soprattutto vagare attraverso la Francia del nord, sono diventate le sue attività a tempo pieno, e Vincent sembra intraprendere una brutta strada finché un misterioso "salvatore" (interpretato da un ottimo Livrozet), quasi una "proiezione" del protagonista negli anni (mi ha ricordato il Tyler Durden di Fincher, o Ivan de L'uomo senza sonno) costituisce il punto di svolta per il suo ritorno alla "normalità". Un salvatore che è l'emblema perfetto dell'uomo schiacciato dal meccanismo capitalistico e che crea un business illegale per poter alzare - non solo finanziariamente ma soprattutto psicologicamente - il proprio tenore di vita squallidamente medio-borghese.
Meraviglioso il finale, che esprime tutta la fragilità di un uomo che si rende conto dell'impossibilità di continuare a vivere un'apparenza e che infine, per non diventare il "folle" pirandelliano, non può far altro che arrendersi alla stessa prigione dalla quale era riuscito a fuggire.
La linea registica di Cantet è quieta, calma, malinconica; niente pianti, niente litigi, nessuna teatralità drammatica: la potente drammaticità del tutto riesce a venir espressa con un tratto quasi distaccato senza perdere un minimo la propria forza. Lo stesso si può dire dell'interpretazione degli attori, Aurelien Recoing fornisce una prova straordinaria, molto bravo anche Livrozet, ed una menzione va anche agli altri (la moglie Karin Viard e gli ex-colleghi del protagonista).

Rand  @  19/12/2008 15:18:10
   9 / 10
Di questi tempi l'attualità di questo film risalta agli occhi,un uomo che non vuole scendere a patti con la sua disperazione,qui risalta la spietatezza del sistema capitalistico che non lascia spazio al protagonista.Un film realista e duro,perfino il finale lieto?mostra in realtà che non c'è scampo al fagocitamento del sistema,almeno la disoccupazione è una condizione ambigua e non scontata,che permette di riflettere,la finzione del non avere un lavoro da un alibi che aiuta il protagonista nella sua sciarada,bella l'ambientazione,buone musiche,sembra di vedere un film dei fratelli Dardenne.

Sabata  @  06/08/2008 18:06:54
   9 / 10
Un film che mi ha profondamento colpito. Il dramma interiore di un uomo che non riesce a trovare nè se stesso, nè il suo posto in questo mondo. Una disperazione quieta, celata prima a se stesso che agli altri. Menzogne alle quali egli è il primo a voler credere, e nel contempo il desiderio/bisogno di fuga, nella vaga e vana ricerca di un qualcosa di cui nemmeno lui conosce la natura.

Magistrale l'interpretazione di Aurélien Recoing.

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