Recensione motel woodstock regia di Ang Lee USA 2009
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Recensione motel woodstock (2009)

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locandina del film MOTEL WOODSTOCK

Immagine tratta dal film MOTEL WOODSTOCK

Immagine tratta dal film MOTEL WOODSTOCK

Immagine tratta dal film MOTEL WOODSTOCK

Immagine tratta dal film MOTEL WOODSTOCK

Immagine tratta dal film MOTEL WOODSTOCK
 

Nel 1969 l'America ospita, senza che potesse prevederlo o fermarlo, il più grande concerto rock della storia della Musica. Nei campi di Bethel, piccola cittadina dello stato di New York, viene allestito il festival di Woodstock, che in tre giorni di musica rock libera l'espressione pacifista di una generazione che voleva cambiare il mondo con l'amore.

A quarant'anni dall'anniversario dello storico evento esce un film che ne ricorda la gestazione, basandosi sulla biografia di Elliot Tiber, Taking Woodstock (da cui è tratto anche il titolo originale del film), il ragazzo che permise agli organizzatori del concerto di avere un luogo dove realizzarlo.
Elliot Tiber è un giovane artista che s'impegna per far rimanere a galla la pensione dei genitori, El Monaco Hotel, oberata di debiti. Quando viene a sapere che il Festival di Woodstock non ha trovato una sede dove essere allestito, si fa avanti offrendo la sua proprietà e il permesso che aveva ottenuto per il White Lake Music and Arts Festival, diventando colui che permise di far diventare il concerto leggendario.

Il nuovo film di Ang Lee è una commedia dai toni leggeri, fresca e spensierata, che punta principalmente a dare un'idea dell'atmosfera del making of, una ricostruzione della preparazione ad un evento che non ci si aspettava potesse assumere simili dimensioni d'importanza. È tutto uno scoprire qualcosa di inaspettato e gioiosamente libero. In un'escalation di disinvoltura e coscienza di cosa sta diventando per l'America quel concerto, Elliot e i suoi genitori si trovano di fronte ad una moltitudine umana che riporterà energia ed entusiasmo nella loro cittadina e ancora di più nelle loro vite.
La scelta è quella di non mostrare alcuna immagine del concerto in sé, ed è da considerarsi sensata.

Cosa e come è stato quel concerto lo sanno tutti, chi (fortunato) direttamente, chi indirettamente, e sarebbe ripetitivo nonché poco originale rifarsi su qualcosa che è già di per sé spettacolare e sensazionale per la sua unicità. Sarebbe una mossa parassitaria appoggiarsi alle immagini di quel palco e di quei musicisti ormai entrati nell'Olimpo del Rock. Si opta dunque sul focalizzare l'attenzione e la curiosità dello spettatore su quello che c'è stato immediatamente prima e dopo, il prezioso vissuto che non avremo mai potuto conoscere, anche se abbiamo perso il treno per poterlo vivere.
Sulla base di questa scelta, infatti, la colonna sonora è ridotta al minimo; non sono presenti accompagnamenti musicali memorabili che accompagnino le scene, perché si lascia intendere che la vera musica ci sarà nella conca di quei campi da pascolo vestiti a festa, ma è "un'altra storia". In qualche modo non si vuole sciupare quell'atmosfera di grande attesa con melodie che non reggerebbero il confronto e non riuscirebbero neanche a far sembrare realistica la ricostruzione storica.

Ma c'è comunque chi non ha apprezzato questa scelta, lasciandosi distrarre, nel giudizio complessivo sul film, da questa volontà del regista e prestando meno attenzione invece alla resa bellezza della circostanza.
Ci sarebbero effettivamente altre modalità e molti altri registri per poter raccontare l'evento e questa è solo una delle tante prospettive, leggera e soft, ma anche abbastanza sincera da sembrare possibile, specchio dell'ingenuità e dell'innocenza di un'utopia di amore e libertà.

Ciò che indubbiamente traspare dalle sequenze di questo film è la serenità di un clima creato dagli hippies, nel più grande raduno che li abbia mai potuti raccogliere. Testimonia un evento che voleva essere da loro considerato come l'inizio di nuova era di pace e amore, ma forse fu la capitolazione di quella magnifica dimensione di ribellione pacifica che terminò proprio con gli anni Sessanta. Quei ragazzi, spesso denigrati e insultati per il loro stile di vita negativamente etichettato e mai compreso dall'America conservatrice, si impossessarono dell'evento con estrema civiltà e con una favolistica armonia che finì veramente per contagiare tutti. Nella realtà dei fatti i giornalisti americani, pronti a screditare la manifestazione con paurose e immotivate avvisaglie di disordini, dovettero infine ammettere che la magnifica amalgama di giovani fu capace di trasmettere un clima di gioia mai visto.

Ang Lee riporta questo tipo di incredulità e felice constatazione in alcune scene (da episodi realmente accaduti), tra le quali la più significativa e simpatica è sicuramente quella in cui Elliot incontra, in mezzo al caos del leggendario ingorgo che si formò nei dintorni del concerto, un poliziotto con un fiore sul casco da motociclista e gli confessa di dover essersi ricreduto; arrivato infatti per sedare presunti sicuri scompigli, si troverà invece a scortare e gioire di quell'onda di giovani pacifici. Lee riprende anche la difesa che Yasgur (Eugene Levy, l'ironico padre di "American Pie") , il proprietario dei terreni su cui poi venne allestito il concerto, fece in difesa dei ragazzi di Woodstock per la loro cooperazione e gentilezza, dimostrando un senso civico sconosciuto alle cosiddette persone perbene.

Altre scene memorabili rimangono fedeli ai fatti di quei giorni. La pioggia, nonostante i disguidi e le difficoltà che causò, non cambiò l'umore della manifestazione: il fango, che ricoprì i campi, fu un nuovo motivo di allegria, con scivolate liberatorie nelle pendenze.

Apparirà dolcemente catartica la scena in cui Elliot sarà sorpreso da una commozione psichedelica di fronte all'oceano umano che brilla nella notte attorno al palco. Il palco nella realtà era effettivamente collocato nella parte bassa della conca naturale dei campi, e dalle foto si può immaginare che l'effetto fosse più o meno quello visto dall'Elliot cinematografico.
Quest'ultimo è forse l'unico neo in un giudizio positivo. Demetri Martin appare perennemente perso in se stesso, non completamente conscio di ciò che sta accadendo. Sicuramente in parte esprimerà la sensazione di Elliot Tiber, letteralmente travolto dall'evento senza capire come ci fosse finito dentro, ma questa non-personalità straborda eccessivamente, arrivando a trasmettere più un'incapacità d'interpretazione che un suo entrare troppo nel ruolo. Attorno al protagonista si potrà apprezzare un cast vario ed efficace: Emile Hirsch, nei panni di un reduce paranoide del Vietnam, al contempo comico e triste, un improbabile ma azzeccato Liev Schreiber che interpreta il travestito Vilma, ex-Marine, che si propone volontariamente come vigilante di sicurezza del Motel El Monaco. Nel ruolo della madre di Elliot troveremo un'arcigna Imelda Staunton, efficace icona di avarizia e arroganza. Da notare anche Michael Lang, uno degli organizzatori del Festival, interpretato da Jonathan Groff, che colpisce per l'incredibile somiglianza.

"Motel Woodstock" si può definire un buon prodotto, Lee ha colto l'atmosfera di quell'avvenimento: un episodio storico irripetibile per il suo spessore culturale e sociale, un'istantanea su una generazione che credeva veramente nella possibilità di cambiare il mondo e voleva realmente opporsi con l'amore e gli ideali a quell'America passiva e cieca che sosteneva la guerra in Vietnam e le bugie dei politici. Woodstock è propriamente una favola storica in cui la realtà si è fermata per tre giorni ad ascoltare la musica e a fare spazio a una risposta alternativa alla guerra e alla paura di cambiare. Con un apprezzabile impegno a riportare fedelmente alcuni elementi storici e un equilibrata mescolanza di libertà autoriali, Ang Lee si cimenta in un genere da lui poco esplorato; si serve abilmente degli effetti della commedia, senza esagerazioni.

La fotografia mostra sensibilità ai colori più vivaci ed è volutamente portata ad omaggiare il periodo storico. Il motivo degli split-screen, presente ma con misura, ossequia palesemente anche il docu-film del 1970 "Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica" di Michael Wadleigh, ormai un'opera enciclopedica sul concerto.

In conclusione, si può promuovere la commedia di Ang Lee a efficace prospettiva della preparazione di un evento storico per la musica.

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Recensione a cura di ele*noir - aggiornata al 23/12/2009

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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