Una sceneggiatrice televisiva dal carattere alquanto schivo e riservato, vive solo per il suo lavoro e per la sua grande ossessione: l'opera del celebre compositore Ludwig Van Beethoven.
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Se l'esordio in regia di Battiato, seppur pessimo, era una sorta di autobiografia trasposta vagamente digeribile, la sua seconda prova nel mondo del cinema è probabilmente uno dei film più imbarazzanti mai concepiti.
L'intento del cantautore siciliano era lodevole, una sperimentazione filmica in cui inserirci tematiche importanti. Pretenzioso? Elitario? No, nulla di tutto ciò, semplicemente un film malfatto e malriuscito.
Battiato ha creduto che per fare cinema d'autore sperimentale bastasse mettere musica classica di sottofondo, qualche fuori fuoco, effetti flou, e dissolvenze a casaccio. Il montaggio sembra fatto da uno studente al primo anno di Dams,, i costumi paiono raccattati al Balon di Torino, e stendiamo poi un velo pietoso su scenografia e fotografia. Il tutto è stato poi immortalato da riprese in digitale giusto per rendere la sperimentazione più moderna ed esclusiva.
Il risultato è decisamente increscioso, qui davvero la sperimentazione non c'entra più nulla, tutto è affidato al caso e non a scelte stilistiche precise. Gli attori recitano peggio che nelle fiction più bieche di canale 5, vagano per il set ripetendo sofismi ed aforismi con un senso di straniamento involontario. Vergognosi Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni, mentre incolpevole il grande Alejandro Jodorowsky nei panni di un improbabile Beethoven. Siparietto anche per Antonio Rezza , buttato in mezzo al marasma così tanto per aumentare la pretesa autoriale dell'opera. La sceneggiatura è stata messa in piedi assieme a Manlio Sgalambro, ma evito volutamente di parlare di contenuti , non perché si blateri di boiate, ma perché non c'è un motivo valido per dargli attenzione. Insomma una pseudobiografia del Beethoven che non sai mai se si prenda davvero sul serio, girata in maniera amatoriale e sgangherata.