Justine e Michael stanno per sposarsi, il ricevimento si terrà nella casa della sorella di Justine, ma proprio in quei giorni un evento catastrofico minaccia la terra ed i suoi abitanti...
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Premessa: il finale e'ben svelato subito, ma chi non l'avesse visto e volesse mantenere la chiamiamola sorpresa, e'invitato a non proseguire la lettura. Visivamente (specie nel magnifico prologo) un'esperienza unica, lontana anni luce da qualsiasi cosa vista nel mainstream ultimamente, una sconvolgente sequenza di immagini e musica che difficilmente lascia indifferente. Dal punto di vista emotivo, una rappresenzatazione allegorica di una seduta psicoanalitica di un caso borderline di depressione cronica. Un processo di autodistruzione personale e totale, privo di catarsi, in cui, cosi'l'ho vista io, una donna, al momento cruciale della sua crescita personale (il matrimonio)si vede non all'altezza della situazione. Inizia cosi'a distruggere se stessa, chi quelle sicurezze le ha innate (la sorella) e chiunque abbia minato la sua vita, ovvere il grottesco universo che la circonda (i genitori, il datore di lavoro, il giovane collega) tutti volutamente disegnati sopra le righe. Lei soffre, in quanto a differenza degli altri, e'consapevole del proprio male (conosce il nr dei fagioli ma non lo dice) le cose belle della vita hanno perso gusto (il polpettone sa di cenere, ogni piacere della vita e'percio'bruciato, perso) ed riscopre la pace, solo nella consapevolezza della fine. Nessuna assoluzione dunque, nessuna via di salvezza, per un percorso nichilista, privo di vie di fuga. Responso discutibile, ma ineluttabile per una film che suona come un pesante pugno allo stomaco, dal quale non ci e'dato di astenersi.