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Un inizio secco, scabro come la roccia, un impennata di musica classica elettronica e poi solo una figura rischiarata da un fascio di luce verticale (primo riferimento mistico) e solo tre cose, il buio di un pozzo, il picconare secco sulla roccia e le scintille che schizzano ad ogni colpo. Incomincia così il capolavoro di Paul Thomas Anderson. Un film dall'epica misurata, che esplode quando meno te lo aspetti, come l'improvviso gettito del gas. Un universo duro, abbietto, dannato, dove le donne fanno appena capolino, dove la placenta è quel sottile strato untuoso sulla surpeficie dell'oro nero, in cui scorre prima il petrolio, poi l'acqua e poi il sangue, tutti adatti all'occorrenza a benedire i frutti e i flagelli di un dio che è solo (?) superstizione (Dreyer mai così vicino nel cinema moderno). Splendido il confronto non tra due semplici bene e male contrapposti ma tra due (e più) complesse ambiguità in cui forse il petroliere daniel è quello che riesce maggiormente a fare i conti con la sua ipocrisia...
Grande daniel day lewis, ma la più grande sorpresa è Paul Dano, nel ruolo di Eli/Paul davvero splendido. Chicca per gli amanti di Lynch, lo scenografo è Jack Fisk suo grande amico e collaboratore di sempre e si vede...