Recensione sostiene pereira regia di Roberto Faenza Italia 1995
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Recensione sostiene pereira (1995)

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Miglior attore protagonista (Marcello Mastroianni)
VINCITORE DI 1 PREMIO DAVID DI DONATELLO:
Miglior attore protagonista (Marcello Mastroianni)
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locandina del film SOSTIENE PEREIRA

Immagine tratta dal film SOSTIENE PEREIRA

Immagine tratta dal film SOSTIENE PEREIRA

Immagine tratta dal film SOSTIENE PEREIRA
 

Un giornalista anziano, grasso e con problemi di cuore cammina per una strada di Lisbona nell'Agosto del 1938 all'epoca della dittatura salazarista. Porta un bastone e quando passa dalla portineria non manca di avere un battibecco con la portinaia, moglie di un poiliziotto quindi spia del regime. Tutte le volte che torna a casa ascolta musica nazionale e parla col ritratto della moglie, morta di tisi qualche anno prima; è appena stato al lavoro, ovvero alla redazione del giornale, il Lisboa, del quale dirige, solo, la pagina culturale: per lui la letteratura è la cosa più importante che esista, quindi passa le giornate a tradurre racconti di Balzac e a interrogarsi e interrogare Padre Antonio riguardo alla resurrezione della carne (è un buon cattolico, ma non capisce perché la sua pinguedine debba accompagnarlo anche dopo il trapasso). Pereira è un giornalista, ma a lui non interessano né la cronaca, né la politica, né la libertà di pensiero e parola; di quando in quando si fa informare dal suo barista Manuel circa quelle "cose turche" che accadono per mano della polizia o di qualcun altro ai manifestanti repubblicani o agli ebrei.

Questo è il quadro che si presenta agli occhi dello spettatore che incomincia la visione di "Sostiene Pereira", tratto dall'omonimo romanzo di Antonio Tabucchi ("Notturno Indiano", "Piccoli Equivoci Senza Importanza"). Trasporre un libro di quest'autore il cui stile è essenziale, ma estremamente complesso, è faccenda assai ardua per un regista, soprattutto in questo caso dove ogni minimo elemento concorre a tratteggiare una figura articolata e pericolosamente oscillante fra realtà e invenzione. È appunto la verosimiglianza dei fatti narrati che rimandano a quell'"impegno romantico" di scrittori italiani come Manzoni e Berchet che creando la loro metafora storica cercavano di sollevare la coscienza nazionalistica del popolo contro gli occupanti stranieri. Sostiene Pereira dunque si pone come un romanzo civile in cui il personaggio antitetico del giornalista compie un viaggio di metamorfosi a esempio verso tutti i cittadini; l'elemento di stravaganza sta nell'anno in cui Tabucchi scrisse questo romanzo, ovvero il 1997 che non presentava alcun motivo per comporre un'opera di quel tipo. Fortunatamente nel film vengono riprese tutte quelle caratteristiche che ne fanno uno scritto civile (o romantico) a partire dal titolo e dalla forma in cui Tabucchi imposta il suo capolavoro: enfatizzando infatti quell'intercalare si vuole rendere l'idea che il personaggio sia esistito e abbia compiuto quelle azioni veramente e che la voce del regista stia riferendo le sue parole in tempo reale.

Siamo nel 1995; un anno dopo in un dicembre parigino sarebbe morto uno dei più grandi interpreti del cinema italiano: Marcello Mastroianni. Fa in tempo, seppur sformato dalla malattia, ad assicurare alla storia la sua ultima grande interpretazione che il caso volle di un personaggio amabile e indimenticabile come Pereira, a cui Marcello aggiunge quello sguardo rabbioso e vivace, quell'indolenza e quel fascino irresistibile che forse solo De Sica con "Ieri, Oggi e Domani", ma soprattutto Fellini aveva saputo valorizzare con i capolavori "8 ½" e "La Dolce Vita".

Pereira è un soggetto studiato al dettaglio nella sceneggiatura: ossimorico come giornalista poiché sordo alle brutalità della dittatura e ai suoi doveri di cittadino e cronista, egli ha bisogno per tutto il film di continui appigli e consigli in ogni forma possibile (da quella religiosa a quella psicoanalitica, fino a quella marxista) per capire il complesso di colpa a livello inconscio (iniziatosi con la pubblicazione del racconto "Honorine" di Balzac) che lo porterà allo sconvolgimento finale; il dottor Cardoso (un grande Daniel Auteuil) esplicita con la teoria freudiana dell'io-egemone e della confederazione delle anime ciò che Pereira sente dentro dopo l'incontro alla stazione con Marta (Nicoletta Braschi) e in treno con la signora Delgado in cui la sua alienazione raggiunge il culmine con l'affermazione ingenua dell'Inquisizione Spagnola (non sapendo dell'avanzata del nazismo). nella letteratura il fenomeno interiore del protagonista è quello del "fischio del treno" pirandelliano descritto nella celebre novella di Belluca. Se il dottor Cardoso non spiega totalmente perché Pereira parli col ritratto della moglie e soprattutto tratti in quel modo Monteiro Rossi (ovviamente il figlio mancato), è lo svilupparsi stesso degli eventi a consapevolizzarne lo spettatore nella misura in cui solo dopo la tragica morte del giovane Pereira attui il suo personale "attacco al potere" e di conseguenza torni, senza il bastone, ad essere il ragazzo che era e a sognare mondi diversi.

"Sostiene Pereira m'ha fatto soffrire: telefonavo a Faenza che stava in Portogallo e gli dicevo che non avevo nessuna idea. Poi casualmente è nata quella risolutiva. Dalla finestra di casa ho assistito a una manifestazione di scioperanti, ascoltando quel ritmo di protesta che battevano sui tamburi. Così questo ritmo binario ha generato la canzone che sentiva Pereira..." Sono le parole del maestro Morricone, autore della deliziosa colonna sonora del film che lo stesso musicista ha definito "protagonista" in quanto la combinazione fra essa e il soggetto è forte, assoluta.
Anche per questo la chimica fra il film e le meccaniche che lo compongono è perfetta, da manuale che molti registi dovrebbero seguire. Al di là di quanto detto infatti questo film è un gioiello di squisita fattura, anche per le lussureggianti e meravigliose atmosfere del Portogallo, per l'oculata scelta degli attori minori fra cui spicca il caratterista teatrale che impersona il direttore del Lisboa il quale in certe mimiche ricorda le parodie dei politici ne Il Grande Dittatore di Chaplin e forse anche il volto di Gabriele D'Annunzio, nominato diverse volte nel film.

Esempi di cinema così puro ed elevato sono sempre più difficili da trovare (viene in mente il notevole e recente "Nuovomondo" di Emanuele Crialese) poiché questo Cinema è ancora in grado di fare quello che dagli anni '30 cerca e riesce a comunicare (impegno a cui Woody Allen ha dedicato il meraviglioso "La Rosa Purpurea del Cairo"), ovvero emozioni e sogni.

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Recensione a cura di Terry Malloy - aggiornata al 12/07/2007

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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