Allo scopo di realizzare il loro sogno di aprire una loro casa discografica, due amici si iscrivono ad un contest di hip hop con in palio una grossa somma di denaro.
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Street Dance Fighters: l'hip hop visto da Mtv. Questo film non è altro che 90 minuti di Mtv senza pubblicità e con coreografie migliori. Talmente disarmante, talmente stupido, talmente superficiale da risultare irritante. L'hip hop per più di vent'anni è stato l'espressione dell'America del ghetto negro, una giungla da cui l'odiato bianco, simbolo della middle class benestante che la disprezzava, doveva tenersi alla larga; un ambiente pieno di droga e violenza, di cui parlavano i loro pezzi, in cui i writers, i break-dancers, i rappers erano con le loro crew spesso e volentieri membri della piccola criminalità organizzata, e dove la rivalsa la faceva da padrona. Basti pensare a due tra i grandissimi del panorama hip hop, Notorius B.I.G. e 2pac, assassinati entrambi nell'arco di poche settimane per regolamenti di conti tra bande (di cui loro erano a capo), e che cantavano delle loro macchine nuove, dei loro nuovi orologi, del fatto che loro ce l'avessero fatta, dopo un infanzia vissuta nella povertà più totale. Molto parvenuistico, indubbio, ma anche molto sintomatico della loro fame di successo e di denaro. Ed ora, questo Street Dance Fighters: un film superficiale pregno di buonismo, perbenismo e politically correct all'inverosimile. Non ci si faccia ingannare: il mondo hip hop, nel bene e nel male, è decisamente molto di più.