Michael Corleone, il padrino della cupola mafiosa italo-americana, ormai anziano, decide di ripulire la sua vita ed i suoi affari cercando di instaurare un regime di convivenza pacifica con le altre famiglie di New York. Ma a malincuore è costretto a rivedere la su posizione quando una delle altre famiglie rivendica dei diritti sui Corleone.
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Brutta chiusura della saga, girata da un Coppola poco ispirato che si fatica a credere sia stato l'autore dei primi due capitoli. Davanti agli occhi abbiamo una storia così monumentale da diventare ridicola. Si tirano in ballo personaggi ispirati a figure reali come Paul Marcinkus, Roberto Calvi e Papa Luciani, inseriti in un mare di pressapochismo e trattati come elementi di contorno di una telenovela qualsiasi. Neppure le dinamiche familiari riescono a sollevare il film dalla polvere, con scene d'amore tra cugini mentre impastano gli gnocchi e dialoghi da soap opera. Al Pacino (inguardabile con quella acconciatura) e Diane Keaton (sempre bravissima) pare facciano a gara a chi sembra più vecchio, come se la mestizia generale non fosse già sufficiente. Al contrario di altri, considerando il cast male assortito con un Andy Garcia pesce fuor d'acqua, non getto la croce addosso a Sofia Coppola, che fa quel che può e che certamente non può pagare il prezzo di questo debole e trito melodramma, poverina.