Un giurato in un processo per omicidio si rende conto che potrebbe aver causato la morte della vittima e deve lottare con il dilemma se manipolare la giuria per salvare se stesso o rivelare la verità e consegnarsi.
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Classico: se si dovesse scegliere una sola parola per definire e inquadrare il cinema di Eastwood, soprattutto quello degli ultimi 20 anni, classico sarebbe la parola più adatta. Con "Giurato numero 2" Eastwood si muove nell'ambito di un legal thriller che scandaglia la psiche di un neo-papà dilaniato tra senso di colpa e di giustizia da un lato e istinto umano alla libertà (in questo caso rifiutando la prospettiva carceraria proprio quando c'è una famiglia da godersi). Sono i temi cari al Clint di sempre e qui il nostro grande vecchio riesce a trovare un giusto equilibrio che piano piano perde di compattezza e finisce per essere un po' ripetitivo (la regia, classicamente mostrativa e di primi piani e piani americani non può in tal senso aiutare). Evitabile il richiamo alle motivazioni razziali presenti nella giuria (in questo caso "ribaltate", l'afroamericano che non sente ragioni e vuole condannare il bianco) perché finisce per dover inserire quasi forzatamente un aspetto che in questo caso non dona nulla all'opera.