Dopo essere stato rapito da un assassino di bambini e rinchiuso in un seminterrato insonorizzato, un ragazzo di 13 anni inizia a ricevere chiamate su un telefono disconnesso dalle precedenti vittime dell'assassino
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Per ricordarmi d'oggetti inanimati che si trasformano, relazioni telepatiche, presenze fantasmatiche, chiaroveggenza (la "luccicanza"), dovrei scomodare autor'illustri, quell'interessati non a impaurire con horror cruenti e brutali ma a inquietare col perturbante, la destabilizzazione psichica dinanzi all'incomprensibile. Il film di Derrickson va in questa direzione, un universo soprannaturale di soprusi senz'un'origine definita: reietti, bulli, reduci dal Vietnam, psichiatrizzati, suicidi, famiglie disfunzionali, genitori incapaci, preadolescenti violenti, evitando il versante nostalgia e vintage praticato invece da "Stranger Things". Comunque lo script è minato d'alcune pecche:
non tutt'i suggerimenti ricevuti al black phone si dimostrano infine utili, alla vendetta omicida sarebbe stata preferibile la consegna alla polizia di "The Grabber" reso inerme, il legame tra Finney e sua sorella Gwen è meno rilevante di quanto avrebbe potuto e dovuto essere.