Recensione pranzo di ferragosto regia di Gianni Di Gregorio Italia 2008
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Recensione pranzo di ferragosto (2008)

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locandina del film PRANZO DI FERRAGOSTO

Immagine tratta dal film PRANZO DI FERRAGOSTO

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Ferragosto, giorno da sempre consacrato al nulla o meglio al "vorrei essere altrove", viene sdoganato nel cinema italiano nei primi anni Sessanta, gli anni del boom economico: gli italiani erano più ricchi, più desiderosi di divertirsi ed ecco che anche registi e sceneggiatori si accorgono di questa nuova tendenza. "Il sorpasso" di Risi simboleggia il vuoto ferragostano, anzi è il Ferragosto, ma in quegli stessi anni vennero prodotti dozzine di filmetti estivi ammiccanti al sacro giorno; uno su tutti "Ferragosto in bikini", stanca passerella di caratteristi noti e poco noti che tentano di divertirsi nel giorno dell'Assunzione.

"Pranzo di Ferragosto" ripropone al cinema questa giornata per parlare delle categorie che dal Ferragosto meno si aspettano: gli anziani, la gente che lavora, chi il lavoro non lo ha mai avuto.
Siamo a Roma, in una zona centrale difficilmente individuabile: la città è deserta ed accaldata, sembra che ci sia solo Gianni, il protagonista, uomo di mezz'età dedito al vino bianco, alla cucina e all'anzianissima e capricciosa madre, e l'amico barbone, uno strano personaggio che trascorre il suo tempo seduto accanto all'enoteca.
L'idea di festa scompare per far posto alla malinconica routine di chi non si aspetta molto dall'esistenza. Gianni si occupa di sua madre, non vede la cupa decadenza che avvolge la sua casa; sembra tutto sommato tranquillo, se non fosse per la cronica mancanza di denaro che lo spinge spesso a cedere ai compromessi. Frutto di un compromesso è l'arrivo di tre anziane signore destinate a scuotere la sua pigra esistenza ed a far uscire dal dorato isolamento l'aristocratica genitrice.

La storia si snoda tutta intorno al mitico pranzo, che come da tradizione va consumato in compagnia.
Le età dei commensali sono elevate, ma non per questo non si manca di aspettative: curiosamente le più vitali sono proprio le vecchie signore che, pur ritrovandosi in casa d'estranei perché abbandonate dai rispettivi figli o per dovere (come l'amico dottore di turno proprio il 15 agosto) o per piacere (come il cinico e furbo amministratore di condominio disposto a pagare per godersi la vacanza senza l'anziana madre tra i piedi), sanno adattarsi, fanno comunella e alla fine si coalizzano.
Gianni, è stanco, spento, rassegnato; il pranzo è un odioso rito da sbrigare in fretta, l'ospizio improvvisato a casa sua un fastidio ben retribuito, ma comunque pur sempre un impiccio.
Se la giornata risulta lieta lo si deve alle quattro donne ben decise a godersi la vita sia pure a modo loro, a trasgredire ingenuamente: la mamma del dottore mangia la pasta al forno che le è proibita, la madre dell'amministratore "fugge" di casa per godersi la serata al fresco.

Chi non dovrebbe aspettarsi più nulla dalla vita, riesce a coglierne gli aspetti più lievi; chi invece potrebbe essere più leggero coglie solo i fastidi e le amarezze di un'esistenza avara di soddisfazioni.
La storia ha un duplice significato: pur presentando situazioni di marginalità, apre a sorpresa uno spiraglio positivo anche se i figli, a parte il dottore, sono tutti personaggi negativi, egoisti e corruttibili, ancora troppo poco cresciuti e sui quali incombono le nubi minacciose del futuro.

Girato in presa diretta con attori e attrici alle prime armi (lo stesso regista e protagonista Gianni Di Gregorio è alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa), per certi aspetti il film ricorda le regole del "Dogma": camera a spalla, inquadrature che cambiano velocemente, maniacale attenzione verso i più piccoli dettagli (la preparazione delle varie portate e in particolare la pasta al forno di zia Maria).
La recitazione delle attrici, tutte alla prima esperienza, lascia un po' a desiderare e fa sembrare il film una docufiction, ma va premiata comunque per la freschezza e spontaneità (un plauso alla nobile decaduta madre di Gianni, assolutamente perfetta, all'ingenua "zia Maria" e alla fin troppo arzilla madre dell'amministratore). Storia atipica, decisamente poco commerciale e contrapposta ai blockbuster: solo per intenditori, ma è sicuramente una perla.
Per riflettere e per parlarne.

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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 12/01/2009

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