Durata: h 2.40 Nazionalità:
Gran Bretagna1968 Genere: fantascienza
Tratto dal libro "2001: Odissea nello spazio" di Arthur Charles Clarke
Al cinema nel Dicembre 1968
Un'astronave, guidata dal computer Hal 9000, parte in direzione di Giove con a bordo due astronauti e tre scienziati ibernati. Ma durante il viaggio il computer prende coscienza di sé e si ribella, provocando la morte di tutti i passeggeri tranne uno...
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Quest'opera di Kubrick è stata riconosciuta da molti critici come il più grande capolavoro fantascientifico degli anni 60' e 70'. Sono passati 37 anni dall'uscita di questo film, a parte il piacere del suo valore estetico che non teme il tempo viene da chiedersi quanto delle problematiche che la pellicola poneva alla sua uscita hanno relazioni etiche e scientifiche con il mondo di oggi. L'arco di tempo che va dal 1968 al 2004 è stato indubbiamente un trascorso di anni ricco di evoluzioni scientifiche e tecnologiche straordinarie in particolare nel campo dell'informatica e della robotica. Basti pensare che non siamo molto distanti dalla realizzazione del robot con fibre composte da neuroni informatizzati. Queste nuove possibilità di assemblaggi potrebbero dare alle macchine emozioni e perché no una primitiva coscienza, se non altro come effetti di errori umani nella programmazione degli automi. Il calcolatore Hal 9000 uno dei protagonisti del film non si comportava come se avesse delle emozioni, cioè non aveva un'attività emozionale programmata, bensì esprimeva tracce di un sentire umano vero. Il risentimento incontrollato che Hal prova all'esclusione delle sue funzioni decisa dai due astronauti dopo il suo grave errore, è tipicamente umano. Umane sono anche le reazioni pratiche che ne conseguono che portano ad aggravare la sua situazione. Infatti dopo l'esclusione il comportamento di Hal non è più logico e coerente con le finalità della missione. L'elaboratore cercando in seguito di uccidere gli astronauti antepone un proprio sentimento di odio agli interessi del viaggio. Fino ad arrivare ad una vera passione omicida. Perché Hal si emoziona? Perché è divenuto simile agli uomini, ha interiorizzato nelle sue fibre nervose, frutto di una probabile clonazione, aspetti del comportamento relazionale degli esseri umani fino al punto di provare piaceri trasgressivi, variante quest'ultima non prevista da chi lo ha realizzato o ha investito nella sua realizzazione. Hal rappresenta il tonfo filosofico di una scienza, quella occidentale troppo legata a concezioni scientiste dell'universo. La missione su Giove fallisce ma l'astronauta Bowman raggiungerà il monolito in un appartamento stile rococò, in un'altra dimensione spaziale e temporale, non prevista da chi ha investito nella missione. Altra dimensione perché frutto dell'es. Una temporalità edipica in cui soggiacere piacevolmente e con stupore al mito di un'intelligenza superiore. Bowman morendo nel letto stile rococò e rinascendo vicino al pianeta terra diviene metafora dell'essenza dell'itinerario umano dell'esistenza. Itinerario che appare sempre più legato alla tragicità dell'edipo. L'assenza quasi totale della donna nel film conferma le infinite varianti che la triangolazione edipica può assumere nel suo gioco con il rimosso. Tragica gerarchia edipica quella del film. Hal figlio trasgressivo di Bowman, Bowman figliol prodigo dell'ignoto intelligente e soprannaturale espresso dal monolito, gerarchia che dà senso ai paradossi dell'evoluzione umana e lega l'edipo alla tradizione maschilista. Evoluzione umana a volte priva della madre. Madre sottratta al rapporto più vero e appagante con il figlio, per questo fonte di inquietudine e mobilità pulsionale che il film utilizza per la sua macchina narrativa. Il parricidio di Hal è simbolico, interiorizzato dalla conoscenza degli umani con cui ha a che fare. Lo sguardo di donna è già soppresso o rimosso, non può esistere nel film, questa è la condizione per avvertire la musica del silenzio che Kubrick avvalora esteticamente con gli insoliti rumori prodotti dall'uomo nello spazio. In un contesto di figure multimediali liberate su uno sfondo nero che evoca la castrazione come metafora della scomparsa della donna. Rivedendo questo film si rimane sorpresi dalla sua attualità e modernità estetica. L'architettura stessa delle macchine spaziali e delle loro sale operative protagoniste delle scene sembra resistere al tempo, solo la forma delle tute e dei caschi mostra le crepe del tempo. Il saggio indugiare della macchina da presa in innumerevoli inquadrature ricche di geometrie convergenti dà tempo all'occhio di apprezzare i particolari. Oggi alle soglie di grandi e importanti applicazioni dell'intelligenza artificiale abbinata ai prodotti della clonazione vien da chiedersi se l'"Odissea" umana può trovare nello spazio interplanetario un motivo di creatività che dia alle passioni edipiche un campo di articolazione. Forse il sapere racchiuso nello spazio interplanetario è più enigmatico e misterioso di quanto la scienza possa immaginare. Ecco allora saltare regolarmente qualcosa dell'impianto scientista. Filosofia ideologica quest'ultima che è costretta a fare i conti con uno stato naturalmente artistico della coscienza umana.