Ambientato durante la seconda guerra mondiale, la storia riguarda un gruppo di soldati ebrei prossimi all'esecuzione comandati dal tenente Aldo Raine (Brad Pitt), quando ottengono invece una chance per salvarsi: riportare con sè cento scalpi nazisti. Il gruppo sarà impegnato anche nell’operazione Kino, durante la quale dovranno attaccare il nemico mentre viene presentato, a Parigi, un film di propaganda, alla presenza di Joseph Goebbels, uno dei principali gerarchi nazisti.
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Gli americani devono vedere i sorci verdi, poco ma sicuro... a un certo punto una parte scissa di me stava pensando "ma che vaccata... prodigiosa però" ma il guaio è l'abitudine che coltiviamo da spettatori a pretendere il rigore morale e stilistico ad ogni costo, anche davanti a uno dei topoi più abusati del cinema mondiale, la raffigurazione ora inquietante ora grottesca dei nazisti. La verità è che "Bastardi senza gloria", sorta di "scandaloso" remake (da un filmetto di Castellari) spiazza proprio perchè Tarantino si diverte a mescolare le "due anime" del suo cinema: è un cinema talvolta grezzo e burino, altre volte un miracolo di stile che farebbe la gioia dei Cahiers du Cinema dei tempi d'oro. La contraddizione sta tutta qui: anche in certe lungaggini che, alla fine, non tolgono mai il respiro all'intera operazione, tutt'altro. Brad Pitt, ingiustamente tacciato dai magazine Usa di aver fornìto la sua peggiore interpretazione, si "gusta" il suo personaggio come se fosse uscito dai casinò di Las Vegas come nei film di Siodelbergh. Christoph Waltz, nei panni del colonnello tedesco, è assolutamente "inebriante" (sì è il termine adatto), cacciatore di ebrei e argutissimo doppiogiochista a cui non sfugge la minima puzza di bruciato (ehm): un oscar meritatissimo a Cannes. L'attrice tedesca Diane Kruger, nei panni di una fantomatica attrice di regime collaborazionista (Bridget Von Hammerstark) sciorina una serie di attraenti mise in scene (caratterizzazioni) divistiche degli anni trenta, ma alla lunga cede un pò al glamour (un po' pretestuoso) del suo personaggio. Ma sono rimasto letteralmente incantato da un corpo e soprattutto due occhi come quelli di Melanie Laurent, nei panni impegnativi dell'ebrea Shosanna Dreyfus, unica sopravvissuta a un'eccidio familiare. Mr. Tarantino dove hai scovato quegli occhi??? Una splendida ipotesi di attrice tra la giovane Charlotte Rampling, Uma Thurman e Miou Miou. Se qualcuno avanza ancora perplessità (senza contare la vecchia accusa di misoginia) sulla direzione delle attrici di Tarantino, è meglio che si riveda la scena dove Shosanna deve affrontare un dessert in compagnia dell'uomo che ha sterminato la sua famiglia: un'emozione talmente intensa da strapparti il cuore con la sola forza delle immagini. E' sicuramente il film più ambizioso di Tarantino quello che si conclude (posso?) con una frase eloquente come "questo è il mio capolavoro", e che D.io sia d...... se non ci è andato tremendamente vicino. I primi venti minuti, quelli che consegnano un western à la Leone nelle mani di un film protobellico, sono stratosferici. L'episodio dedicato all'occupazione di Parigi, semplicemente perfetta: non ricordo alcun momento di cinema degli ultimi anni degno di tanta efficacia stilistica (cosa avrei dato per dire lo stesso del film di Spike Lee sul Miracolo di Sant'Anna, purtroppo uno dei pochi passi falsi del regista newyorkese). L'omaggio a "Duello al sole" di King Vidor (cfr. morte amore odio vendetta rivalsa tradimento inganno desiderio condensa tutte queste cose in pochissimi minuti) è strabiliante. Senza contare la grande grandissima sequenza, piena d'amore per il cinema (l'espressionismo di Murnau, o il volto glaciale di Conrad Veidt) e omaggio a un'Arte che fa male (i riferimenti all'incendio di Parigi degli inizi del XX Secolo) del cinematografo, dove è perfino evidente citare Quella sporca dozzina di Aldrich, ma che dovrebbe lasciare a bocca aperta tutti coloro che credono a un Tarantino perso tra i b-movies di culto e gli eccessi grandguignoleschi del più alto e recente artigianato autorale. Dovrebbe, e invece sono costretto a leggere frasi come quelle scritte da tal David Denby dal New Yorker: "E' difficile dire se i "bastardi" siano l'idealizzazione di un commando di killer o la sua parodia" (francamente non mi interessa, aggiungo io)"sicuramente molto poco del film va preso sul serio" (e qui ti sbagli, ripeto) "intrappolato in una scomoda terra di nessuno tra una distorta fantasia pop e un'esagerazione trash" (non è Schindler's list, ripeto, e per fortuna), "un film ridicolo e incredibilmente insensato, troppo stupìdo per divertire fino in fondo" (sic). Ovviamente il suddetto critico neanche non prova a soffermarsi sul grande e libero fluire di sperimentazioni tecniche e stilistiche affrontate nel corso del film, perchè non ne sarebbe in grado, forse. Mi sorprende sapere che gli americani odiano tanto Tarantino, ma forse non possono accettare la sua profonda radice europea, nel cinema.
Quanto al film da "non prendere sul serio", obiettivamente le cose sono andate in modo diverso, ma non sappiamo esattamente neanche "come". Hitler è una macchietta al livello del capolavoro di Chaplin o di quello di Lubitsch, ma quello che sorprende è la capacità di esorcizzare i nostri dèmoni consegnando al mondo e alla storia una giustizia feroce (e per quanto faccia male dirlo, liberatoria) che non ha avuto esattamente un epilogo tanto radicale e infinito nel tempo. Imperfetto, o semplicemente Tarantino: lasciamo stare gli americani con i loro giocattoli fatti in casa e assistiamo alla commemorazione più letale e devastante di un cinema che agisce come detonatore alla sua storia plasmata e in certi casi incompresa: in fin dei conti universale se c'è del sangue "indiano" nelle rivincite anche fantasiose dei popoli oppressi