Durata: h 2.27 Nazionalità:
Germania, USA2022 Genere: guerra
Tratto dal libro "Niente di nuovo sul fronte occidentale" di Erich Maria Remarque
Al cinema nell'Ottobre 2022
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Solo i tedeschi realizzano film del genere. Il film parte bene ma da subito si intravede la firma "nazionale", per paradosso, ultrarealista, niente musica, personaggi inquietanti che vorrebbero venderci come persone comuni ed invece sono veri e propri psicotici privi di volontà. In un solo caso, durante una diserzione per "amore" di tre donne, si staglia una personalità degna di nota, in tutti gli altri, parliamo di replicanti. La presenza di un superiore fanatico nemmeno perdona loro una violenza congenita ed irreggimentata che fa pensare molto: soprattutto a quanto pericolosi siano questi popoli inclini ad un inquadramento di massa, totalmente disconnessi di cervello e senso critico, e cosa possano diventare quando gli estremismi filosofici e ideologici prendono il sopravvento. Si è visto, a distanza di poco più di vent'anni, che i loro figli furono identici ai padri, e ancora più spietati. Non so quanto di loro viva nelle nuove generazioni, che mi auguro un po' più capaci di riflessione individuale anche in un clima militare. Ma se il cinema da un'idea generazionale, così cupo e tetro anche in pellicole dove non ce ne sarebbe bisogno (ricordo un film su un giovane pianista prodigio, dalle atmosfere *analoghe* a quelle di questo film, ma anche un altro orribile da me tempo fa recensito) direi che non ci sia molto da scherzare. Le uniche apparizioni che trasformano il film sono le scene con Daniel Brühl, nei panni di un personaggio storicamente esistito, ed in quelle occasioni, forse anche per la superiore qualità della sua recitazione, si respira vera aria cinematografica.
Niente di nuovo sul fronte cinematografico. Purtroppo non è un film d'autore, uno di quelli che, dopo aver metabolizzato pacifismo e antimilitarismo, prova ad approfondire l'argomento in cerca delle origini (anche metafisiche) del male, dell'odio, dell'orrore. Già Kubrick fece trascorrere circa 3 decenni per passare dal 1° al 2° livello, cioè da "Paths of Glory" (1957) e "Dr. Strangelove" (1960) a "FMJ" (1987). Pure Spielberg impiegò un minimo di tempo per il transito da "Saving Private Ryan" (1998) a "Band of Brothers" (2001). I registi migliori hanno colpito nel segno al primo tentativo: Coppola con "Apocalypse Now" (1979), Klimov con "Idi i smotri" (1985), Nolan con "Dunkirk" (2017). Nel 2019 il "1917" di Mendes aveva poche scene funzionali a scavare nell'oscurità, mentre "Platoon" (1986) va considerato com'una delle opere di Stone dedicate ad affrontare drammi e miti della sua generazione, i 4 lungometraggi d'Eastwood (il Gunny d'"Heartbreak Ridge" [1986], il dittico del 2006 "Letters from Iwo Jima" & "Flags of Our Fathers", e "American Sniper" [2014]) si pongono altri obiettivi, idem "La vita è bella" (1997) e "La tigre e la neve" (2005) di Benigni, "M*A*S*H" (1970) d'Altman e persino "The Thin Red Line" (1998), dove Malick applica il suo tipico flusso di coscienza a questo genere di film. Forse i 147 minuti di Berger servono giusto a sensibilizzare la clientela di Netflix all'odierne vicende belliche, ma non sanno andare oltre: l'immediatamente successiva influenza spagnola causò molti più morti e in un arco cronologico minore.