la zona d'interesse regia di Jonathan Glazer Gran Bretagna, Polonia, USA 2023
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la zona d'interesse (2023)

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locandina del film LA ZONA D'INTERESSE

Titolo Originale: THE ZONE OF INTEREST

RegiaJonathan Glazer

InterpretiChristian Friedel, Sandra Hüller, Medusa Knopf, Daniel Holzberg, Ralph Herforth, Maximilian Beck, Sascha Maaz, Wolfgang Lampl, Johann Karthaus, Freya Kreutzkam, Lilli Falk, Nele Ahrensmeier, Stephanie Petrowitz, Marie Rosa Tietjen, Ralf Zillmann, Imogen Kogge, Zuzanna Kobiela, Julia Polaczek, Luis Noah Witte, Christopher Manavi, Kalman Wilson, Martyna Poznanski, Anastazja Drobniak, Cecylia Pekala, Andrey Isaev

Durata: h 1.45
NazionalitàGran Bretagna, Polonia, USA 2023
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2024

•  Altri film di Jonathan Glazer

Trama del film La zona d'interesse

Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Martin Amis, "La Zona d’interesse" è la storia di una famiglia tedesca apparentemente normale che vive - in una bucolica casetta con piscina - una quotidianità fatta di gite in barca, il lavoro d’ufficio del padre, i tè della moglie con le amiche, le domeniche passate a pescare al fiume. Peccato che l’uomo in questione sia Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, e la deliziosa villetta con giardino in cui vive con la sua famiglia in una surreale serenità è situata proprio al confine con il campo di concentramento, a due passi dall’orrore, così vicino e così lontano.

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Voto Visitatori:   7,61 / 10 (35 voti)7,61Grafico
Miglior film internazionaleMiglior sonoro (Tarn Willers, Johnnie Burn)
VINCITORE DI 2 PREMI OSCAR:
Miglior film internazionale, Miglior sonoro (Tarn Willers, Johnnie Burn)
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Voti e commenti su La zona d'interesse, 35 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

TheLegend  @  23/04/2024 13:52:28
   6 / 10
Idea interessante sotto alcuni aspetti ma il film mi è risultato troppo noioso.

Kyo_Kusanagi  @  22/04/2024 16:54:14
   6½ / 10
La banalità del male rappresentata in questo film che ci mostra uno dei grandi responsabili/carnefici dei campi di sterminio alle prese con la quotidianità della sua vita domestica. Uno slice of life insomma...nessuna trama, niente da spiegare, solo una finestra sul loro banale quotidiano. Spaventosi certi ragionamenti e dialoghi che mostrano il disprezzo, il razzismo e l'ideologia assurda di quegli anni. La genialità del farci percepire l'orrore dell'olocausto senza farcelo vedere mai , se non per piccoli dettagli inquietanti, strazianti urla di sottofondo che da lontano si sentono ininterrottamente accompagnare le faccende domestiche della famiglia che indisturbata e indifferente vive aldilà dei recinti del campo. Disturbante senza dubbio, lento ma interessante.

Tempest78  @  20/04/2024 17:02:57
   8½ / 10
semplicemente disturbante in maniera impeccabile.

maxi82  @  14/04/2024 22:30:45
   5½ / 10
Andrò contro al film,ma e veramente troppo noioso apatico, ovviamente immaginavo che la zona d'interesse era questa ,la parte più diciamo bella e appunto il vedo non vedo delle cose brutte,per il resto ci vuole una bella dose di caffè

stratoZ  @  06/04/2024 18:58:06
   9 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Film splendido, e ammetto, non me l'aspettavo da Glazer che fino a prima della visione del suddetto lo ritenevo un autore abile tecnicamente ma fondamentalmente vuoto, invece qui con "The zone of interest", realizza il suo miglior film e di gran lunga, fino ad ora, dieci anni dopo lo straniante "Under the Skin", che per carità non mi è dispiaciuto neanche troppo, ma non ha un pelo della forza impattante di quest'ultimo, "The zone of interest" è una profonda riflessione sulla natura umana vista sotto una prospettiva egoistica e totalmente nichilista, ma soprattutto è un film che travolge con la forza delle immagini, senza raccontare nulla, un'esperienza cinematografica basata sulle suggestioni che lascia spazio di manovra alla coscienza dello spettatore per l'interpretazione degli eventi, film enorme.

Con una narrazione ridotta quasi a zero, mostra le scene di vita quotidiana della famiglia del comandante nazista Rudolf Hoss, in questa splendida villa accanto al campo di concentramento di Auschwitz, introducendo più personaggi, oltre al comandante stesso, anche la moglie e i figlioli in una rappresentazione che potrebbe sembrare quasi paradisiaca da famigliola felice con quel bianco preponderante e i paesaggi di campagna in un'apparente natura incontaminata, con quest'ambientazione che sembra agire per contrasto con gli orrori del confintante campo di concentramento, colpisce soprattutto l'apatia e l'assenza di senso di colpa da parte di colui che sta contribuendo ad un genocidio che avviene accanto alla villa in cui dimora la sua famiglia, ma non è il solo, tutti i membri sembrano vivere in una bolla di indifferenza nei confronti degli eventi che stanno avvenendo, pensando principalmente alle quisquilie borghesi riguardanti i fiori, il giardinaggio, la piscina e via dicendo, mi è sembrata una rappresentazione estremizzata che prende buoni spunti da due autori in particolare, uno Renoir, complici anche le ambientazioni bucoliche che possono ricordare alcune pellicole come "Partie de campagne" e "La regle de jeu" ma soprattutto questa descrizione dei personaggi disinteressanti a tutto ciò che non riguarda loro personalmente, come si sentissero al di sopra di tutto.
L'altro autore verso il quale Glazer ha discreti debiti stilistici è Kubrick, come si nota dallo stile registico così preciso e simmetrico, in realtà Kubrick aveva più voglia di sporcarsi, qui Glazer invece rimane nella sua simmetria in maniera totalmente rigida, non uscendo mai dallo schema, concedendosi saltuariamente qualche carrellata, il tutto oltre che creare un'immagine splendida, punta a tratteggiare gli avvenimenti da un punto di vista totalmente esterno, Glazer non vuole che lo spettatore empatizzi con i personaggi, vuole lasciarlo distante, vuole una visione esterna della coscienza e dell'egoismo che ne risiede.

Interessante anche come Hoss sfugga molto bene alla rappresentazione che spesso viene affibbiata ai nazisti al cinema, che per romanzare i racconti spesso vengono visti come costantemente alterati, arteriosi, frustrati, lui invece qui non si scompone mai, è sempre tranquillissimo, gli scabrosi avvenimenti sembrano non tangerlo minimamente, nonostante alcune sequenze denuncino la sua consapevolezza nei confronti della tragedia - come nel momento in cui trova una mascella nel fiume- fatta eccezione per un finale in cui traspare un briciolo di umanità rimasta latente e che ha somatizzato tutti gli orrori di cui si è reso colpevole.

Film splendido, intenso emotivamente e invasivo nella coscienza dello spettatore, la goduria causata della bellezza delle immagini va in contrasto con l'orrore che non viene mostrato, un incubo dai colori radianti, luminoso e alla luce del giorno, dopotutto, la tenebra è nel cuore.

antoeboli  @  03/04/2024 21:42:14
   7½ / 10
Dopo circa 10 anni da Under the skin, Jonathan Glazer torna col suo ultimo lavoro, facendo parlare tantissimo critica e pubblico.

La zona d'interesse, nominato a tantissimi premi internazionali e vincitore di ben due oscar nella kermesse Losangelina, è un nuovo punto di riferimento per le pellicole con tema della shoah?

Cos'è questa zona d'interesse per qui pochi che non hanno visto il trailer o non si sono informati riguardo? Il film segue le vicende della famiglia di Rudolph Hoss, con moglie e figlioletti. Questi abitano all' interno di una villetta con piscina e giardino molto curato.
Peccato solamente che l'abitazione sia vicino al campo di concentramento di Auschwitz, con solo mura dicinta che dividono i protagonisti dall'orrore che si sta consumando in quella 'fabbrica di morte'.Hoss, ispirato ad un personaggio realmente esistito, è anche il comandante del campo, dove è lui a decidere in pratica quasi ogni cosa e massimo responsabile di quel che accade nel campo.
Glazer mette in campo tutto il suo talento, e tira fuori una messa in scena di grandissimo effetto, con tocchi di classe e momenti da voler esclamare WTF?
Il film ha inquadrature per la maggior parte fisse, ma in campo largo, come se per tutta la casa, negli interni ci siano delle camere nascoste che seguono la vita quotidiana della famiglia in stile reality. Particolarità è che quasi per tutta la durata i protagonisti vengono sempre ripresi da dietro o di lato, mai in primo piano, mai un esaltazione dei loro visi, dei loro contorni. Il regista tratta la feccia come dovrebbe essere trattata, dando loro un'indifferenza generale.
i dialoghi partono in maniera lenta, dando l'impressione che il regista spinga di piu per abituare lo spettatore al sonoro naturale, dove per buona durata verrete 'disturbati' psicologicamente da rumori del campo, come forni in funzione, colpi di pistola, urla di dolore, urla dei soldati, e cani che abbaiano.
Friedel e la Huller nei loro rispettivi ruoli di marito e moglie sono magistrali, con la seconda che trova la sua annata della vita tra questo ruolo e Anatomia di una caduta.
Il loro menefreghismo verso ciò che accade nelle vicinanze, con uno lavoratoree instancabile, che parla di cose orrende con una naturalezza, la seconda che pensa solo alla famiglia, al proprio giardino e a come tenerlo pulito.Dove il suo massimo sogno è vivere in una casa così circondata da urla e fumo dei comignoli delle fornaci.
Film che parte con un drama con una ost di sottofondo che potrebbe starci benissimo in un film horror, ma che a tratti trova momenti di biopic, o come verso il finale tende anche al documentaristico, effetto che mi diede anche Under the skin in diversi momenti.
Se proprio devo trovare un difetto, è che non mi ha dato quelle vibes di capolavoro come fu con Schidler list, anche perchè il film non ha chissà che trama incredibile, seguendo per l'appunto uno stralcio della vita da gerarca di Hoss.



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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento emans  @  02/04/2024 13:36:30
   9 / 10
Leggere la storia di Rudolf Höss è sconcertante, ci sono aneddoti sulla sua vita che fanno accapponare la pelle per quanto è stato spietato al servizio di Hitler. Ci si potrebbe girare tranquillamente un film, si poteva riempire questo stesso film di avvenimenti e curiosita' eppure nemmeno una delle classiche scritte riassuntorie prima dei titoli di coda. Il regista lascia fuori dal film tutto questo e parla di Rudolf come un ottimo "lavoratore" capace di raggiungere tutti gli obbiettivi che si era prefissato. Del resto lui direttamente non parla mai di "Ebrei" ma solo su come gestire il suo lavoro.

Il lavoro invece del regista Jonathan Glazer non è tanto parlare dell'olocausto direttamente ma solo per vie traverse come a dimostrare non tanto che Rudolf sia un mostro unico e raro ma che tutti noi possiamo diventarlo se ignoriamo gli orrori che ci sono dietro l'angolo di casa nostra.

De resto noi cosa stiamo facendo per aiutare i popoli in guerra? Non siamo comodi nelle nostre case mentre c'è gente che muore di fame cosi vicino casa nostra? L'orrore non è solo Auschwitz.
Non ci deve quindi sorprendere nemmeno il comportamento della moglie che ha costruito li' la sua cova familiare e tanto si adira alla possibilita' di un trasferimento tanto di voler rimanere li anche senza il marito.
Solo due personaggi sembrano cozzare con i piani idilliaci della casa, la serva Polacca che compie atti di bonta' non a caso senza "colore" e la Madre della protagonista che sparisce lasciando un messaggio meritevole di essere bruciato.

Il film poi rasenta la perfezione dal punto di vista tecnico, la scelta di "mostrare" tutto solo attraverso il suono è un colpo di genio assoluto. Con tutti i film che hanno mostrato gli orrori del campo di concentramento ormai ci basta un urlo lontano per sapere gia' che qualcuno sta per essere torturato e ucciso, il rumore di un treno per sapere come gli ebrei siano stipati in cantinaia dentro un vagone, o vedere il fume di una ciminiera per immaginare le camere a gas. Perche mostrarlo direttamente quindi?

Non a caso entriamo ad Auschwitz solo quando questo diventa un museo per i visitarori, che siamo noi, che possiamo finalmente visitarlo per come è adesso, solo un ricordo necessario da non dimenticare mai.

Devo ammettere che dal regista di "Io sono Sean" (inutile) e "Under the Skin" (incompleto e poco chiaro) non mi sarei mai aspettato un film del genere.

Un film che verra' ricordato negli anni come uno dei migliori sul tema dell...incompatibilita' sociale.

Oskarsson88  @  31/03/2024 22:29:18
   7 / 10
Sicuramente agghiacciante nell'ambito introspettivo dell'animo umano e del male che può fare mettendo avanti i propri d'interessi. Detto questo, avrei preferito più trama e movimento, rispetto al puro e lento orrore indirettamente mostrato, più tramite il suono che il visivo.

7219415  @  26/03/2024 09:19:13
   6 / 10
76mm  @  18/03/2024 15:27:46
   8 / 10
Penso che ormai tutti sappiano che Glazer viene dal videoclip e che pertanto è facile attendersi dalle sue pellicole una preponderanza dell'aspetto visivo e sonoro su quello della scrittura e dei contenuti.
Questo risultava già piuttosto evidente nel suo precedente film con Scarlett Johansson (in Birth non me lo ricordo anche perché l'avevo trovato bruttissimo e l'ho rimosso).
Anche nel caso in questione, se è pur vero che a livello contenutistico si potrebbe facilmente e frettolosamente liquidare l'opera come l'ennesima riflessione sulla vexata quaestio della banalità del male (nemmeno particolarmente originale fra l'altro, basti pensare a quel capolavoro di Moloch di Aleksandr Sokurov, che pochi hanno citato ma che rappresenta senza dubbio l'antesignano, volendo ancora più potente e provocatorio, della pellicola di Glazer), bisogna dare atto che è stato fatto un lavoro sbalorditivo sia sul suono (soprattutto), che sull'immagine (in maniera minore e forse più "di maniera", mi si perdoni il gioco di parole).
Un film da ascoltare (non solo con le orecchie) e lasciar penetrare, poco a poco…fa male, ve l'assicuro.
Non ho trovato invece particolari affinità con il Nastro Bianco, che ho visto più volte citato, se non che Hoss potrebbe facilmente essere uno dei figli del pastore protestante che nella pellicola di Haneke si preparava a diventare colonna portante della futura Germania nazionalsocialista.
Oscar a mio avviso meritatissimi, in particolare quello per il suono ovviamente ma direi anche quello come film internazionale, a scapito purtroppo del nostro Garrone il cui film però, a mio parere, era di gran lunga il più debole della cinquina (con l'esclusione dello spagnolo, che non ho ancora visto).

Gruppo COLLABORATORI Harpo  @  18/03/2024 12:15:30
   8½ / 10
Che bello questo sequel (apocrifo?) de "Il nastro bianco" di Haneke. Sinceramente mi sorprende che nessuno nei commenti l'abbia notato e a mia volta non avrei mai detto che il buon maestro (l'unico personaggio positivo del capolavoro di MH) potesse diventare uno dei peggiori criminali della storia. Però ci sta, si vede che i suoi bambini li ama eccome.
Altre considerazioni sparse con flusso di coscienza senza pietà: l'A24 non ne sbaglia davvero mezza. In meno di 10 anni hanno già fatto incetta di Oscar con una serie di titoli che spesso sfondano al botteghino (o cmq diventano istantaneamente oggetto di culto) e, cmq vada, fanno tirare fuori il pisello a critici e addetti ai lavori. Insomma, abbiamo tutti bisogno di meno Disney e più A24.
Oltretutto, oltre al plauso di vederci giusto, diamole atto del fatto che lascia carta bianca alla vena creativa degli autori (o almeno così pare, perché obv mica ero lì a controllare): se tutti sono capaci di uscire la grana per un film sulla Shoah, non so in quanti avrebbero il coraggio di uscirla per un film dove non succede assolutamente nulla. Altra cosa fondamentale: l'assoluta mancanza di eventi significativi nel racconto non dev'essere confusa con una sceneggiatura assente. La sceneggiatura c'è eccome ed è davvero moooolto studiata (mi piacerebbe pure leggerla per capire quanto sia stato scritto nel dettaglio), considerando che riesce a farti empatizzare con Hoess. Semplicemente è volutamente molto statica.
Come statica è la fotografia: io ho contato due carrelli, nessun pan e nessun tilt, per il resto sono solamente delle diapo che scorrono (peccato non sia in 4:3). Il DOP è uno spettatore, esattamente come lo siamo noi, come lo erano loro e come lo è stato tutto il popolo tedesco. Spettatori di un orrore che non può essere mostrato, né che si vuole vedere (uno dei commenti qua sotto va perfettamente a segno quando parla di dichiarazione d'intenti nella scena iniziale, con quei due fastidiosissimi minuti di nero). Obbligo di menzione per il primo carrello (dopo quasi un'ora!) che fa da preludio all'arrivo di un treno nel campo, una delle scene più agghiaccianti e meglio montate che abbia visto in vita mia.
A questo punto, è evidente che tutto il film sia basato sulla staticità: statico è anche il montaggio e soprattutto statico è il tanto osannato montaggio sonoro, con i forni crematori che creano un costante tappeto sonoro che ti accompagna sempre e a cui dopo un po' non dai più importanza.
Così, a primo impatto, più "boh" la scene con la ragazzina che porta il cibo (agli ebrei?): non so, mi sembra una concessione spielberghiana che stona un po' con il resto del film. "Bellissimo" e senza pietà, invece, il parallelismo tra nazisti/Gretel ed ebrei/strega cattiva da rinchiudere nel forno, una di quelle cose che ti fanno star male solo a pensarci. Decisamente un film da rivedere.

2 risposte al commento
Ultima risposta 18/03/2024 14.09.08
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR rain  @  17/03/2024 20:51:38
   9½ / 10
Glazer rinuncia a qualsiasi intento di "intrattenimento" (perdonatemi il termine, data la tematica) per redigere un agghiacciante documento sulla mente umana. A fare da sfondo ci sono l'Olocausto e il campo di Auschwitz, ma il vero focus più che la tragedia in sé è sull'essere umano e su come esso sia in grado di accantonare (con facilità) la propria moralità e umanità a favore di una vita agiata per sé stesso e la propria famiglia (emblematica è la reazione del comandante nazista alla notizia di dover abbandonare la loro "area di interesse"). La bravura di Glazer si dimostra soprattutto nel farci percepire l'orrore senza mai mostrarlo, mai in maniera diretta, ma con i soli suoni di sottofondo e con qualche dialogo snocciolato con la stessa disinvoltura di una chiacchierata a proposito delle previsioni meteorologiche.

Nonostante la pressoché totale assenza di trama "La Zona d'Interesse" ha ben poco da invidiare alle più celebri pellicole sull'Olocausto. Premio Oscar al miglior film internazionale a mio avviso assolutamente meritato (nonostante sperassi un po' anche per "Io Capitano" di Garrone).

Invia una mail all'autore del commento luca986  @  16/03/2024 13:50:04
   8 / 10
Manca qualcosa per il capolavoro assoluto, ma tiene incollati allo schermo. Lungo al punto giusto.

matt_995  @  15/03/2024 09:02:05
   9 / 10
Una moglie, con in braccio un neonato, saluta sul cancello di casa il maritino che sta andando al lavoro. Sono innamoratissimi. Poi l'uomo monta a cavallo e entra ad Auschwitz. Diventa "Morte", per citare Oppenheimer.
Già questa piccola, semplicissima scena a inizio film mi ha provocato un disgusto inimmaginabile, un torcimento alla bocca dello stomaco.
Poi il film prosegue e il tutto diventa sempre più normale (e quindi, in ultima analisi, agghiacciante). Facciamo l'abitudine a quei rumori e quelle grida inquietanti e lontane, fuori scena. Facciamo l'abitudine a questa allegra famigliola e pensiamo: Ma sì, in fondo questo Rudolf Hoss è un padre amorevole. Ma sì, in fondo questa donna è solo innamorata e orgogliosa della sua villa. Perché in questo è racchiusa la grandezza di questo film: raccontare i gerarchi nazisti come persone normali, non i cattivoni da fumetto, ma persone sostanzialmente dedite al loro ruolo e, cosa assai peggiore della cattiveria, imbambolate dall'indifferenza e, a poco a poco, guardarli muoversi nella casa, rende anche noi indifferenti, preda della banalità del male. Finché non siamo colpiti da un senso di disgusto, un malessere fisico, esattamente come tutti i personaggi del film (tutti tranne la meravigliosa Sandra Huller, davvero il male rincarnato lei): come se lo stesso corpo rifiutasse lo schifo che è in grado di fare la nostra anima.

Cinder  @  12/03/2024 00:17:59
   10 / 10
Il mio film preferito del 2023.

JOKER1926  @  11/03/2024 16:48:17
   3 / 10
"La zona di interesse" è un nuovo esempio radicato nel bazar ipocrita dell' apprezzamento a "tutti i costi" di arte non pura.

Andersen con i vestiti dell'imperatore dimostrò l'essenza della manipolazione delle masse. Glazer, ed è anche da stimare, continua su questa strada di pellegrinaggio cieco e di giudizio critico infetto.

La notte degli Oscar loda un prodotto che funge da sineddoche circa le atrocità delle guerre, messaggio che cinematograficamente, al di là di tutto, poggia su canovacci già esistenti. I fiori del giardino (fotografati con sapienza) che si alimentano dal concime di vite umane é un messaggio artistico brutale, ma resta una individuale esposizione dell'immagine, non è espressione corale di mero Cinema.

"La zona di interesse" non ha sperimentalismo, né stigmate del Cinema d'autore. Prodotto privo di trama e personaggi che di logica non può non abortire la medesima logica fondante del Cinema.

Glazer non indaga, lascia aperte porte senza stanze e infarcisce la scena a colpi di effetti sonori devastanti come cattedrali nel deserto: potenza disperata senza corrispondenza.

Appurata la fisiologica capacità tecnica nella creazione del film : fotografia, montaggio e inquadrature medio/lunghe e mai centrali e qualche mezzo piano sequenza, "La zona di interesse" collassa senza punti di discussione su un contenuto artistico non pervenuto poiché inesistente, ove é l'esercizio stilistico a diventare ossessivo e patologico.

3 risposte al commento
Ultima risposta 18/03/2024 12.24.50
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andrea9002  @  11/03/2024 11:39:49
   9 / 10
Regìa rigorosa, quasi teutonica se non fosse per gli intermezzi avulsi che accentuano la dicotomia della trana.
Molto curato, a tratti sembra un documentario, il dolore c'è ma non si vede ma nonostante l'asetticità e l'indifferenza dei personaggi si percepisce chiaramente e dà i brividi.
Rispetto al Bambino con il pigiama a righe, pellicola con delle somiglianze, è molto meno poetico, più asciutto e formale.
Se appassionato del genere, un film da vedere obbligatoriamente.

Phenomeno  @  11/03/2024 10:32:32
   7 / 10
Un film freddo, gelido quasi alla lanthimos vecchia maniera, certo non quello di oggi così edulcorato e amato dal grande pubblico, un film, si diceva, che può ricordare una pellicola della new wave cinematografica greca o di un haneke, senza però averne la potenza. Al regista preme evidenziare la situazione assurda, paradossale che si viene a creare per l'adiacenza della villetta di Rudolf Hoss con il campo di concentramento. Lo spettatore così riflette sui fatti accaduti durante l'olocausto di modo che un orrore simile non si ripeta più, ma più o meno inconsciamente si rende conto che tale orrore potrebbe ripetersi o forse già si sta ripetendo in altre forme, più difficili da decifrare, nei nostri giorni, pieni di ingiustizie, guerre, paradossi difficili da giustificare, basta dare un'occhiata magari non troppo distante dalle nostre case. Questo è quindi anche un film contemporaneo sulla nostra ignoranza, indifferenza, apatia, mancanza di valori ed educazione.
La mostruosità dell'Olocausto certo è il peggio del peggio, ma quanto male c'è anche nel nostro quotidiano fatto di gesti normali, ripetitivi, regolari senza accorgerci, anzi spesso facendo finta di non vedere il male, la sofferenza del più o meno nostro vicino, male causato anche dalla nostra immobilità, indifferenza, assuefazione, la nostra rimozione più o meno inconscia di tutte le ingiustizie intorno a noi che spesso ne siamo indirettamente, se non addirittura direttamente, responsabili.

Wilding  @  10/03/2024 16:07:07
   7 / 10
Un film "originale", importante e istruttivo, ma in fondo senza una vera trama, se non quella nascosta tra le righe e oltre le mura. Come un documento storico.

federicoM  @  09/03/2024 20:33:49
   7½ / 10
E' un film senza una vera trama che racconta della famiglia del responsabile (Rudolph Hoess) del campo di sterminio di Auschwitz. La famiglia sembra uscita dal mulino bianco senonchè il giardino è circondato dalle mura del campo di concentramento e non si sentono cinguettare gli uccelli, ma il rombo constante dei forni, le urla e i cani abbaiare. La regia è fredda e distaccata e non aiuta il coinvolgimento, nonostante le sinistre per noi abitudini del nucleo familiare. Per loro è tutto normale, la madre pensa ad avere la casa dei sogni, il padre a fare carriera e i figli a giocare. Per noi no, è evidente e logica per noi la loro follia. Non c'è però connessione fra le nostre prospettive e realtà, fino al cazzotto finale.
In un momento di rigetto fisico del protagonista la nostra realtà si affaccia o forse lui per un attimo può spiare il nostro mondo. Ed ecco che tutto il carico emotivo degli eventi descritti fino a quel momento esplode in un brivido lunghissimo ed invade la pellicola dallo stesso spioncino.
Un'esperienza unica.

VincVega  @  07/03/2024 12:53:04
   7 / 10
Non è per nulla facile dare una valutazione alla pellicola di Glazer. Non c'è il minimo dubbio che sia un film importante, girato benissimo, con tante cose che rimangono fuori campo, ma potenti. Appunto, l'orrore fuori campo, la quotidianità di fianco ai campi di concentramento di Auschwitz, la violenza lasciata volutamente sullo sfondo, il suono devastante.

Però alla fine mi è sembrato un film incompiuto, personaggi senza spessore, vicenda senza una vera trama (non sarebbe neanche un problema). Per me c'è un errore di fondo nella magnifica idea inziale, ovvero perchè non incentrare la vicenda prevalentemente sulla moglie e i figli del comandante, dato che sono loro quelli che non vedono (e non vogliono vedere) la realtà del campo? A mio parere, sarebbe stato meglio lasciare il comandante come personaggio secondario e non seguirlo quando viene mandato via. Un'occasione mancata con tante immagini splendide e altre che si ricordano (la contrapposizione finale tra passato/presente), però manca qualcosa e non ci voleva molto, perchè Glazer non approfondisce e lascia un po' tutto li.

A mio avviso, un capolavoro mancato. Per fare un paragone, ho preferito "Il Nastro Bianco" di Haneke.

Boromir  @  05/03/2024 14:25:43
   8 / 10
Una coppia di nazisti si prende cura dell'orto, della casa e della prole all'ombra di Auschwitz. Un visore termico cattura i furtivi gesti d'umanità di chi non si rassegna all'orrore. Le immagini più indicibili dello sterminio si dissolvono nei colori della bandiera nazista. La "rassicurante" quotidianità del locus amoenus delimita gli spazi di una follia ideologica che ci viene fatta solo intuire attraverso il suono o il particolare rivelatore (il fumo dei forni, il rumore dei treni). Geometrico come il miglior Kubrick, rigoroso come un teorema (impietoso uso della macchina fissa), sfuggente come i racconti di Lovecraft.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  04/03/2024 20:52:01
   8 / 10
La zona d'interesse è un film molto concettuale a mio parere. Se ci si limita alla narrazione delle vicende descritte potremmo defnirlo anche un film noiosissimo dove non succede praticamente nulla di eclatante, se non che la collocazione della vicenda, i loro protagonisti e soprattutto ciò che succede oltre il muro confinante della casa, che la visione di questo film diventa straniante. Ciò che accade oltre il muro non viene mai mostrato, ma sappiamo cosa succede oltre quel muro. Lo sappiamo da foto e filmati d'epoca, lo sappiamo dai racconti dei sopravvissuti ed attingiamo a piene mani da quello stesso immaginario cinematografico sui film dell'Olocausto. Il comandante Hoss se non avesse quel ruolo nei suoi discorsi potrebbe essere scambiato per un normale imprenditore d'epoca, che ha l'obiettivo di migliorare i processi produttivi/(distruttivi) della sua impresa. Che vuole fare carriera come ogni individuo con le sue ambizioni, con una moglie che non vuole lasciare ciò che ha costruito con la sua famiglia. Si può sempre tirare fuori il sempre efficace concetto arendtiano sulla banalità del male, ma non è solo questo. Il Male viene eseguito da questi individui, ma non lo vediamo anche se siamo coscienti di quello che succede. Una normalità che offusca la vista ma che stimola altri sensi. Nella sua glacialità ricercata, il film di Glazer penetra più in profondità di quanto realmente percepiamo.

nicolipaolo  @  04/03/2024 12:45:38
   6 / 10
non mi è piaciuto moltissimo, poco coinvolgente, piatto, frenato. Il sottile il gioco tra l'indifferenza assurda di una tipica famiglia tedesca e il male perpetrato dietro di loro, che non si vede, a mio avviso non viene percepito come dovrebbe, il dramma immaginato non è sufficiente a dare quel tono di dolore, di assurdità, di incredulità che il contesto meriterebbe, nemmeno con i suoni angoscianti da horror che si intercalano di tanto in tanto, poco adatti e anche disturbanti.

BigHatLogan91  @  03/03/2024 18:29:05
   7½ / 10
Un film ben diretto, che fa delle accurate scelte registiche. Notevole la sceneggiatura.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  29/02/2024 23:02:10
   9 / 10
No, non avrei mai immaginato che Glazer, cineasta intrigante ma irrisolto, potesse ambire a un simile risultato, a un vertice tanto perfetto tecnicamente, a scelte stilistiche così antitetiche al Cinema tradizionale e al tempo stesso così capaci di essere feroci con il paravento della Poesia quotidiana, della Natura incontaminata pure dalla stessa Morte. E riuscisse ad essere quasi alla pari con il romanzo dell'immenso Martin Amis (rip da poco) senza mai tradirne la veridicità letteraria. È un film grandissimo, pieno di Amore per il Cinema, dove per fortuna (ma a molti v commenti sotto sembra uno sforzo sovrumano) vengono tradite le aspettative visive degli spettatori comuni, che volevano coprirsi la faccia per tanti corpi nudi emaciati e urlare spontaneamente il proprio sdegno. Non è così, ma oltre i prati coltivati e le serre, è un "sentire" sordo, terrificante, fatto di fumi e urla, di treni di deportati, di limpide acque contaminate dalla Morte cfr. Una delle sequenze più eloquenti e devastanti. In un film che sembra uno strano incrocio tra "Il Nastro bianco" di Haneke e "Il dottor Stranamore" di Kubrick (v. I congressi dei Nazisti) la mostruosa "normalità" domestica di una coppia viene raccontata con un'alienazione quotidiana che mostra un Eden confinato nel Male monolitico di una lussuosa dimora/area confinante. Tra la Regina di Auschwitz (da brividi solo una simile definizione) e un nazista talmente dedito alla sua "Promozione" diciamo così Ideologica da abbandonare la famiglia e non vedere altro in se stesso. Mi sembra peraltro che Rudolf sia un personaggio raccontato con molta profondità fino all'epilogo, che lo costringe o forse no a fare i conti con la sua orrenda realtà. La bellezza del film è anche la capacità di filtrare in una nitida fotografia un casting (tutto tedesco fra l'altro, altra scelta prodigiosa) che quasi NON SI VEDE. Come se guardassimo da lontano a distanza le loro vite. Il Maelstrom fiabesco aderisce sia a frammenti espressionisti sia al cinema di Val Lewton, sia quando si racconta della bambina che nascondeva il cibo che quando si narra della torbida vicenda opps favola dei Grimm "Hansel e Gretel". Ognuno trovi la spiegazione più metaforica ma ciò che ha operato il regista è l'immensa espletazione filosofica di un Dramma invisibile a chi lo perpetra. Diviso in schermi oscuri quanto la devastante musica (Noise elettronico avanguardia minimalismo e altro ancora) "La zona d'interesse" concede di "aprirsi" nella seconda parte, quando vediamo la discesa eloquente dell'orgia del Potere. Fino a poco prima, si poteva provare rabbia davanti a questa Normalità dove un assassino di ebrei abbraccia e saluta il suo cavallo, che è forse l'unica immagine che risuona pretenziosa agli occhi di chi vede il delirio l'onnipotenza rispecchiarsi per sempre in lui. Con qualche ombra oscura (la madre?!) e una Huller perfetta nella sua domestica, terribile, ambiguità. Un film che va Oltre tutte le aspettative e le tradisce, freddo ma incisivo, cronologico e disciplinato che rimarrà nella storia del cinema. Senza troppe notti e nebbie. Quelle che "sentiamo" proprio quando "vediamo" un libro mentre lo leggiamo

Thorondir  @  28/02/2024 19:19:43
   9 / 10
Quei primi 3 minuti a schermo nero (ma con sonoro) sembrano fin da subito una dichiarazione d'intenti: l'Olocausto non può essere mostrato senza banalizzarlo (lunga discussione, anche filosofica, esiste sull'argomento). Si può invece mostrare la banalità del male, l'insensibilità della famiglia Hoss nel vivere tranquillamente la propria vita a fianco del più grande laboratorio umano pensato per toglierla, la vita. Glazer gira un intero film rifiutando quasi interamente il primo piano, osservando con campi medi e lunghi le azioni dei personaggi, scrutandoli nella loro vita quotidana senza andare mai oltre quel muro che segna il lager di Auschwitz Birkenau. L'orrore è fuori campo, non mostrato, non mostrabile. Eppure in realtà c'è praticamente sempre, perché si vede, si percepisce, si sente anche al di quà del muro: che sia il vapore del treno in arrivo, il fumo delle ciminiere, gli spari e le grida, l'orrore e là sempre e comunque. Glazer ci invita in modo asettico e programmatico a prestare attenzione a che cosa viene mostrato: si può vedere, se si vuole (e si può soprattutto sentire) purché si presti attenzione. Ecco quindi che il film di Glazer va molto oltre l'Olocausto e diventa film sull'orrore in quanto tale (peraltro lo stesso regista ha detto di non aver voluto girare un film sul passato): siamo noi spettatori che dobbiamo guardare (e vedere), prestare attenzione, andare oltre l'indifferenza. Andare anche oltre la musealizzazione dell'orrore, quasi che anche questa rischi di banalizzare e ingannare. Un film che parla dell'orrore di oggi e di quello di ieri, che invita a riflettere sul male che emana dagli esseri umani, capaci di vite da cartolina (fotografia sempre al naturale) a fianco dell'abominio.

Nel suo essere teorico ma anche sperimentale, nel lavoro sulla significazione che fa sulle immagini e sul suono "The Zone of Interest" segna un punto e a capo del cinema contemporaneo. I grandi film incentrati sui drammi storici non potranno non passare da qui. C'è un prima e un dopo perché "The Zone of Interest" lavora sul linguaggio del cinema e su come lo si può utilizzare per interrogare lo spettatore.

Goldust  @  26/02/2024 11:53:47
   6 / 10
Non un film per tutti e sicuramente divisivo negli intenti e nei risultati, in quanto ciascuno lo può recepire in modo diverso. Posso dire che non apprezzo molto le pellicole senza trama, e questa neanche la contempla: è più uno spaccato della vita quotidiana della famiglia di questo gerarca nazista, responsabile di Auschwitz, dove piccoli e grandi problemi di tutti i giorni hanno il sopravvento sul dramma vissuto dai deportati pochi metri più in là. E' innegabile comunque la potenza espressiva di alcuni passaggi ( il finale in falshforward ad esempio, anche se un pò strumentale ), l'importanza del suono e dei rumori in sottofondo per riportare lo spettatore alla cruda realtà raccontata, le immagini apparentemente banali anch'esse in sottofondo che trasmettono angoscia e commozione ( il fumo che esce da una ciminiera, le finestre della casa che di notte si colorano di rosso ). E non per ultimo, un punto di vista sicuramente insolito per riflettere su uno dei peggiori crimini dell'umanità, sfiorandolo solo con lo sguardo ed il pensiero. Vorrei dare di più ma avrei preferito assistere ad una visione più scorrevole.

2 risposte al commento
Ultima risposta 27/02/2024 15.19.57
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Febrisio  @  26/02/2024 11:29:13
   8 / 10
Un film colmo di sfumature, dettagli e di letture su più livelli. Certo la visione non è delle più semplici, richiede parecchia della nostra attenzione e il ritmo della pellicola non è dalla nostra parte. Iconica la scena del soldato fermo nelle scale e significativa l'intepretazione della moglie. C'era pure uno che recitava da cani, eppura ha dato del suo meglio ed è stato pure un valore aggiunto con la sua baldanzosità nel correre da una scena all'altra.
Una visione che fa della sottrazione d'immagine un'arte, evitando l'empatia più facile, senza nemmeno sentirsi in dovere di accapparrarsi il giudizio dello spettatore, senza nemmeno farci avvicinare troppo al protagonista, pur raccontando solo di lui e della sua famiglia, riuscendo anche a condannarlo dalla Storia, sempre senza dircelo direttamente. Suoni, immagini, colori, perfezione stilistica evidenziano la zona d'interesse, di cui anche noi, per i nostri obiettivi siamo disposti a tanto. Purtroppo questo film ci conferma una cosa, che questa zona è sempre attuale e certe cose, malgrado l'obiettivo cinematografico e libri abbiano scandagliato a fondo per farci capire come capitano, la zona d'interesse fa sì che si dia a vita all'incoscienza più bieca.

marimito  @  25/02/2024 22:16:42
   6½ / 10
Sicuramente interessante il modo in cui è stato affrontato il tema. La vita che scorre, indifferente rispetto alla morte e la violenza che si consuma a pochi passi, l'egoismo e l'attenzione solo al proprio giardino, affinché cresca rigoglioso se pur avvolto dal rumore del male, la banalità di quel male che troppe volte lascia indifferenti perché lo si sente solo in sottofondo e dunque lo si può tollerare. sicuramente un film da vedere, anche se manca di quel qualcosa per cui non si riesce a considerarlo un capolavoro.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento williamdollace  @  25/02/2024 12:11:45
   9 / 10
Fuori (dal) campo.
La sceneggiatura è costruita dal suono, mura come divisorie fra vita e morte, mura sonore a pieno schermo, con il sangue che esce dalle orecchie di un buio schiacciante. Assomiglia all'Orrore (È questo il modo in cui finisce il mondo / Non già con uno schianto, ma con un piagnisteo - Eliot). L'edilizia floreale di un angolo di paradiso all'inferno, extra luminoso. Mentre i camini bruciano senza sosta e la cenere impone un contrasto elevato il candore agghiacciante è nei luoghi, negli abiti di Rudolf Höss ("Non lasciate che io mi avvicini nel regno di sogno della morte / Lasciatemi indossare / Travestimenti ricercati" Eliot), nelle parole di un lavoro come se fosse qualsiasi, nella candeggina fittizia che ricopre le anime marcescenti al di qua dei forni.
Glazer mette in scena il film definitivo sull'Olocausto, omettendo tutto il possibile, puntando il dito senza la retorica del non sapevo o lo ignoravo, perché chi ha visitato e visto i campi ha sentito l'odore della carne, ha visto i luoghi e le fornaci, ma non ha mai udito il sonoro della morte. Un volume monolitico. E se per 2001 di Kubrick era l'inizio di un'odissea, per Glazer (con Mica Levi) è la testimonianza definitiva della soluzione finale a cui è giunto l'uomo nel suo viaggio conradiano.
E mentre l'anima marcisce il corpo espelle liquidi improvvisi, anch'esso impossibilitato a sopportare l'Orrore, perché divisa l'anima, possa almeno essa stessa essere evacuata, recisa, gassata, vomitata.

Cosimo70  @  25/02/2024 01:02:01
   8 / 10
Film che colpisce, merita di essere visto anche a costo di sopportare un po' la lentezza legata alla mancanza di una trama elaborata.

Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  @  24/02/2024 22:50:23
   6 / 10
Mi dispiace un po' andare controcorrente, ma a me questo film non è proprio arrivato. Glazer dal punto di vista tecnico è sempre stato un fenomeno e lo dimostra ancora una votla, ma a me è sempre sembrato fin troppo interessato all'aspetto estetico dei suoi film più che al contenuto, camminando sempre sul filo della supponenza fine a se stessa, ed a parere mio questo film non fa eccezione.

Sì perché La zona d'interesse da un punto di vista tecnico è perfetto: alcune scene sono molto potenti

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER, ma mi sono sembrate tutte scene splendide che però non erano inserite nel contesto di una storia funzionale.

In effetti la cosa che mi è pesata di più è la totale assenza di trama: una votla esaurita la sensazione di straniamento per la piatta vita borghese condotta dalla famiglia Hoss accanto al Campo di Auschwitz il film procede senza che accada granché e senza che i personaggi abbiano il minimo sviluppo: sarebbe stato interessante indagare un po' di più la figura di Hoss, le cui complessità si intuiscono solo con i conati sul finale, ma che per tutto il film è semplicemente un burocrate che discute con la moglie che non accetta il trasferimento in un'altra città. E sì, prima che me lo diciate, ho colto i riferimenti alla banalità del male, ma resta il fatto che io in un film cerco anche una sceneggiatura ed uno sviluppo, altrimenti mi guardo un documentario.

Però, oh, preciso che sono io ad essere particolarmente fissato con la sceneggiatura quando guardo un film, quindi se questo è piaciuto a tutti tranne che a me ammetto serenamente che il problema posso essere io - che in effetti non ho mai amato Glazer, a ben vedere.

1 risposta al commento
Ultima risposta 03/03/2024 23.18.09
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Invia una mail all'autore del commento cupido78  @  23/02/2024 17:02:17
   8 / 10
Questo grande film arriva in un momento storico particolare in cui tanti israeliani hanno completamente rimosso ciò che ha subito il loro popolo, i loro avi, e stanno perpetrando verso milgiaia di anime innocenti l'orrore di chi decenni prima ha avuto totale disprezzo e indifferenza verso di loro.

CI SONO SPOILER!

Il film è agghiacciante e vede come portagonisti una coppia di zotici: marito diventato esperto nella produzione ad Auschwitz (così definivano l'avvelenamento e la cremazione), freddo nella esecuzione degli ordini che derivavano dai piani alti; moglie mascolina, rozza, irascibile, ripulita da aristocratica con servitù, villa, giardino, piscina, nidiata di figli educati secondo i dettami del Reich.
La vita scorre ciclicaa pochi metri dall'orrore che scuote solo la piccola figlia che non riesce a dormire e terrorizza la umile madre di lei, in visita da Cracovia, che finirà per scapparsene all'alba dopo aver realizzato che l'esistenza ricca e agiata della figlia, del marito e dei suoi bambini è solamente un miraggio nelle profondità di un girone infernale.
Il marito viene promosso a capo generale dei campi di concentramento e dovrà trasferirsi mentre la moglie è ostinata a rimanere nel suo tanto agognato angolo di "paradiso" come a non voler rompere un incantesimo che, forse, lei stessa, sa essere labile, soggetto alle dinamiche geopolitiche e prossimo a scomparire come i milioni inceneriti dall'insensatezza di una glaciale catena di produzione.

Mentre il film si apre con una scena emblematica: l'acquisizione della matrona e delle sue serve di indumenti sottratti ai prigionieri, intimo, pellicce, scarpe; il finale regala un solitario momento di conato di vomito del marito Rudolf Höß che dimostra che sotto sotto, come poi si è verificato al processo, l'umanità di tanti ufficiali e sottoposti non era estinta. E questo rende loro doppiamente colpevoli.

Avrei preferito un finale con Höß anzichè la trovata del flash forward assolutamente inutile.

neverhood  @  23/02/2024 00:20:45
   9 / 10
Difficile dire qualcosa che non si sia già letto su questo film, tanto simmetrico e esteticamente meraviglioso visivamente quanto destrutturante e terrificante emotivamente. Lavoro superlavito anche sul sonoro, che costantemente sposta lo spettatore su ciò che "c'è ma non si vede, perchè fuori campo".

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