Bohemian Rhapsody, il film diretto da Bryan Singer e Dexter Fletcher, è una coinvolgente celebrazione dei Queen, della loro musica e del loro leggendario frontman Freddie Mercury (Rami Malek), che sfidò gli stereotipi e infranse le convenzioni, diventando uno degli artisti più amati al mondo. Il film ricostruisce la meteorica ascesa della band attraverso le sue iconiche canzoni e il suo sound rivoluzionario, la sua crisi quasi fatale, man mano che lo stile di vita vita di Mercury andava fuori controllo, e la sua trionfante reunion alla vigilia del Live Aid, quando Mercury, afflitto da una gravissima malattia, condusse la band in una delle performance più grandiose della storia del rock. Facendo questo, il film cementa l'eredità di una band che è sempre stata più di una famiglia e che continua ancora oggi a ispirare gli outsider, i sognatori e gli appassionati di musica.
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Bohemians Rhapsody ha degli alti e bassi paurosi, alterna momenti sublimi come il concerto Live Aid, chiave di volta fondamentale della loro carriera e personalmente l'unica cosa che ricordo di quell'evento. Ha una bella confezione, molto curata nulla dire, ma sotto la patina dice veramente poco che non si discosti dal classico biopic, anzi cadendo rovinosamente in svariati clichè, specialmente nella parte centrale del film. Inoltre, ed è più di un'impressione, Singer e sceneggiatori abbia tenuto molto in considerazione The Doors di Stone, citato apertamente un paio di volte (la performance televisiva al Top of the pops e la drammatica conferenza stampa) e il concetto di band come una famiglia dove i solisti e frontman volano in qualche modo più alto degli altri componenti. Morrison nella sua visionarietà estrema, Mercury nei suoi eccessi kitsch e decadenti. Concentrato su Malek/Mercury, ma trascurando gli altri personaggi che appaiono e scompaiono a piacimento. Un film che mi ha convinto poco, aldilà di qualche pregio che comunque possiede.