Recensione american pie regia di Paul Weitz USA 1999
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Recensione american pie (1999)

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locandina del film AMERICAN PIE

Immagine tratta dal film AMERICAN PIE

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Immagine tratta dal film AMERICAN PIE
 

Jim, Paul, Kevin e Oz sono quattro inseparabili amici in procinto di prendere il diploma ed andare al college. Tuttavia, nonostante siano assidui frequentatori di feste colme di ragazze, non sono ancora riusciti a perdere la verginità. Decidono così di fare una scommessa: dovranno riuscire a fare sesso prima della fine della scuola.

Sono passati poco più di dieci anni da quando il giovane sceneggiatore Adam Herz riuscì a vendere alla Universal il copione di "American Pie", nel quale si trattava appunto la vicenda di quattro adolescenti in procinto di terminare il liceo non essendo però ancora riusciti a perdere la verginità.
Quella che si preannunciava come una semplice commedia adolescenziale con un po' di brio in più rispetto a molte altre, diventò inaspettatamente un indiscusso cult generazionale, venerato oggi da diverse generazioni di giovani che hanno fatto di questo film la propria Bibbia nonché un autentico stile di vita in attesa di abbracciare la maggiore età.
Diretto da Paul Weitz, "American Pie" si propone come una sorta di surrogato di pellicole che hanno contribuito a scrivere la storia del genere, quali "Animal House", "Hair", "Porky's", arrivando fino all'ormai leggendario "American Graffiti", portando in scena quelli che sono stati, pressappoco, i medesimi argomenti che hanno fatto la fortuna delle opere sopraccitate. Il film è difatti un tripudio di slang giovanilistici, vergognosamente storpiati da un inascoltabile doppiaggio, e ancor più di goliardie adolescenziali e bagordi d'ogni genere, facenti parte della vera e propria cornice che racchiude l'aspetto predominante del film, che è ovviamente il sesso.

Seppur non del tutto originale ed entusiasmante, bisogna riconoscere allo script di aver dato vita a situazioni tanto stravaganti quanto coinvolgenti ed oltremodo realistiche, divenute in brevissimo tempo oggetto di culto tra i giovanissimi e che sono state, negli anni a seguire, emulate da gran parte delle teen-comedy hollywoodiane con risultati tutt'altro che memorabili.

Chiunque abbia avuto modo di vedere "American Pie" – specialmente i 'verginelli' più imbranati – avrà sicuramente provato e riprovato a sperimentare le più disparate tecniche di masturbazione in attesa della fatidica prima volta, e se non è stato infilando il proprio membro in un calzino puzzolente tentando invani di vedere un porno alla tv, si può certamente aver provato a "congiungersi" con una torta di mele calda, che, come abbiamo modo di ascoltare dai dialoghi del film, corrisponde più o meno alla sensazione che provoca la 'cosa' delle donne ai maschietti arrapati.
Ma il film di Paul Weitz, pur essendo ricordato oggi come l'emblema della comicità volgarotta e sporcacciona esplosa sul finire degli anni '90, non è solo un'accozzaglia di scenette frivole e scontate, ma si concede, soprattutto nella parte finale, i giusti sentimentalismi che però riescono a non sfociare mai nel melenso mantenendo una certa tonalità brillante e il marchio tipicamente 'nerd' che contraddistingue non solo i quattro irresistibili protagonisti ma, molto probabilmente, anche la moltitudine di spettatori che hanno amato questa pellicola.
A tal proposito, è d'obbligo inoltre evidenziare la ben tratteggiata psicologia e personalità di tutti gli interpreti, con una menzione speciale non solo ai protagonisti assoluti - l'imbranatissimo Jim (Jason Biggs), il raffinato Paul Finch (Eddie Kaye Thomas), il romanticone Oz (Chris Klein) e il carismatico Kevin (Thomas Ian Nicholas) - ma anche al mitico ed ineguagliabile Steve Stifler (Seann W. Scott), probabilmente la figura comica di maggior impatto esplosa negli ultimi decenni. E una sentita nota di merito va anche al buffissimo padre di Jim (Eugene Levy), artefice di alcune tra le più riuscite gag del film.

Un'efficace colonna sonora composta prevalentemente da pezzi di genere rock adolescenziale, rappresenta un ulteriore punto a favore di una pellicola dallo stampo quasi 'indie', che ci ha accompagnato e ci accompagna tuttora durante la nostra giovinezza.

Più che il simbolo della volgarità su celluloide, è opportuno considerare "American Pie" come il tipico film registrato sulla classica ed immortale VHS consumata e sgranata che ogni tanto ci piace andare a togliere dalla polvere e gustarci in tranquillità, esattamente come un balocco della nostra gioventù in grado di farci divertire nei momenti più cupi ed apatici e di farci risorgere alla memoria i nostri ricordi più spassosi che hanno popolato il periodo tanto amato/odiato dell'adolescenza, quando il sesso era ancora considerato una questione di vitale importanza.

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Recensione a cura di FrancescoManca - aggiornata al 06/09/2010 14.43.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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