Frank Sheeran è un sicario della mafia e veterano della seconda guerra mondiale che sviluppa le sue abilità da esecutore criminale durante il suo servizio in Italia. Diventato vecchio, Sheeran riflette sugli eventi che hanno definito la sua carriera di sicario, in particolare il ruolo che ha avuto nella scomparsa del leader sindacale Jimmy Hoffa, suo amico di vecchia data, e del suo coinvolgimento con la famiglia criminale Bufalino.
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In mezzo al mare dei sequel, prequel, reboot ecc... di tanto in tanto vediamo IL film d'autore; questo targato Scorsese è di genere gangster movie dalla narrazione classica cara a lui e che ripercorre un pezzo di storia americana tra politica e faide mafiose anni 50-70 richiamando mostri sacri di questo genere quali Al Pacino, De Niro, Joe Pesci ecc..in un esperimento che li riporta digitalmente a ringiovanire e invecchiare per necessità narrativa.Un epopea lunga più di 3 ore raccontata in modo eccellente dall'assassinio di Kennedy fino alla scomparsa di Jimmy Hoffa, senza stancare mai. Molto bello, sopratutto se un pò conosci la storia e riesci a cogliare riferimenti e particolari.
Cinquant'anni di storia americana legata in maniera indissolubile ai gangster del cinema di Scorsese, un'epopea in cui alla fine rimane solo l'oblio, l'isolamento e la vecchiaia. Io credo che nella visione complessiva di uno dei temi che stanno più a cuore a questo mostro sacro che è oggi Martin Scorsese, mancava solo un film del genere. L'atto finale di una parabola cinematografica iniziata con Mean Streets, girato da un signore di 80 anni a cui per quanto mi riguarda non si poteva chiedere di più.
Complesso per la durata e il ritmo compassato (è una precisa scelta stilistica, evitatelo un film del genere se non siete in vena), privo (ovviamente) della spettacolarità di un Godfellas o un Casinò, The Irishman è un'opera monumentale, che descrive in maniera chiara fatti e personaggi senza mai perdere la bussola, con gente come Pacino (da oscar) e De Niro finalmente ai livelli di una volta, più un Joe Pesci che da anni sognavo di rivedere in scena.
Scorsese con me tocca sempre le corde giuste (come lui solo Eastwood), in più è immancabile quella sorta di ossessione che provo per gli anni raccontati nella pellicola (Kennedy, mafia, sindacati, Jimmy Hoffa, Nixon, Watergate etc), fatto sta che certe recensioni lette sti dieci giorni fatico a comprenderle (al di lá del gusto personale o l'attitudine al tema trattato)
Nota a margine: sui titoli di coda mi è venuto in mente uno dei momenti più emotivamente devastanti nell'ultima puntata dei Soprano (chi ha visto farà un rapido collegamento), una roba che credevo nessuno potesse eguagliare e invece c'è chi ci ha girato un film.
Dalla definizione artistica del gangster movie come parodia del sogno americano o come tragedia cinematografica dell'America stessa si capisce cosa vuole essere THE IRISHMAN: un tetro inno funebre che ha come tema la tristezza e la sofferenza. Anziani sono i protagonisti e anziano è il regista. E il film, proprio come un anziano, riecheggia di memorie intense e fulminee ma vive di lentezze e tentoni fino all'immobilismo, costretto dal peso della vita trascorsa. Martin Scorsese non fa un film sull'evoluzione del genere attraverso lo scorrere degli anni perché era già stato fatto e non ritorna sui suoi passi con un racconto danzante e festoso, perché un'altra fase della sua vita è cominciata. Sembra quasi liberatorio potersi lasciar andare al silenzio e alla malinconia che incorpora questo capolavoro, riuscendo a parlare dei suoi personaggi non più come maschere carnevalesche che si agitano fino a rincorrere loro stessi ma come strazianti figure umane disperate e ormai arrese a pagare il pegno terreno con la solitudine che si sono costruite attorno. I fuochi che circondano i personaggi e le loro scelte creano legami di fratellanza e rapporti familiari degni di una tragedia teatrale classica, che ben rende l'idea della maestosità di questo film.
Il film racconta la turbolenta vita di un sicario al soldo della mafia, Frank Sheeran, che incredibilmente morira' di vecchiaia. E rischiano di farlo anche gli spettatori che hanno il "coraggio" di avventurarsi nella visione di questo film tutto d'un fiato, per piu' di tre ore... Malgrado questa esagerata dilatazione temporale il film si lascia seguire perche c'è un cast di prime stelle, perfino con il ritorno dell'ormai sparito Joe Pesci. Mi aspettavo di piu'...
Stupendo. Lungo, si. Un buon bicchiere di sorseggia, non si butta giù. Anche le lungaggini che alcuni criticano, sono momenti di riflessione. Ad esempio 1-Il senso del farsi dare occhiali da sole, per poi restituirli. Avete compreso motivo? 2- la questione del pesce in auto? Ha un riferimento. Queste sono cose da capire. Non è marvel 😁
Ho molto gradito l'interpretazione di Joe Pesci.
Certo. Bisogna essere allenati ai film lunghi, colmi di riferimenti, recitati a parole e non a colpi di raggi laser e martelli del tuono.
Si gode anche della ottima scelta musicale. I vestiti e oggetti del passato. E poi vedere le cose più moderne sul fine storia.
Comunque vada la storia, puoi essere imperatore o contadino. Nessuno col tempo si ricorderà di te. A che serve allora tutto questo? Mi riferisco all'infermiera... Che non sapeva chi fosse Hoffa.
Gangster movie scolastico con una narrazione lineare, le vicende si susseguono senza sussulti e a volte con un po' di ripetitività. Film molto sopravvalutato e di una durata assolutamente non necessaria, si arriva al termine con una certa stanchezza.
Film prolisso, a tratti vuoto che gioca abilmente sullo Scorsesismo.... vengono riuniti i mostri sacri italo-americani e imbalsamati, con un deprorevole tocco di azzurro lucente per gli occhi di De Niro. Il film è confezionato e politicamnte corretto, privo di quell'adrenalina che ti fa accendere una sigaretta.... Ricordiamoci di Mean Street... tanto per intenderci.... non fatevi offuscare dai nomi altisonanti del cast e del regista..... ok, ci sono dei buoni momenti... ma troppo poco per una pellicola di 3 ore e mezza, film che verrà fisiologicamente sopravvalutato, questo è sicuro..... ma è poca roba... davvero...
Un film sul nesso fra storie e Storia dalla prospettiva dell'ultimo Hegel: "Geschichte als Schlachtbank" ("la storia come banco del macellaio": http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaH/Hegel_01.htm), un tritacarne qui reso con un trita alberi per cadaveri e un'ininterrotta mattanza qui resa dal letto del fiume Schuylkill ricoperto con le armi usate per gl'omicidi; "Die Weltgeschichte ist nicht der Boden des Glücks. Die Perioden des Glücks sind leere Blätter in ihr" ("La storia non è il terreno della felicità. I periodi di felicità sono in essa pagine vuote": frase divulgata da Taricone nel confessionale del GF1), pagine vuote qui rese dalle pareti imbrattate di sangue dai c.d. "imbianchini". Non è un "Gangs of New York" (2002) esteso a tutt'il 2° '900 statunitense, ma viceversa un effetto farfalla in cui le criminali, efferate, luttuose macrovicende emergono dall'affastellata combinazione d'una moltitudine d'episodi in sé minimi o pressoché insignificanti: un affresco puntinista. Lo spartito scorsesiano ha le sue (canoniche) dolenti note: dopo poco più di 2 minuti sono già stati piazzat'in scena una *******, un Cristo e un Crocifisso, non è necessario attendere l'ultima mezz'ora affinché "The Irishman" sfoci nel cristocentrismo. Fors'al seminario e in seguito non gl'hanno fatto studiar'il Rudolf Otto che nel 1917 ha dimostrato come l'idea del "ganz Andere", il Dio "totalmente Altro" della teologia apofatico-negativa, l'agostiniano "aliud, aliud valde" delle "Confessioni" 7.10.16, sia costitutiva dell'"homo sacer" d'ogni spiritualità e religione. Inoltr'il suo antropocentrismo invadent'e invasivo gli preclude la più ampia prospettiva paolina di Romani 8, 19ss: pur'il cosmo è stato sottomesso alla caducità e alla schiavitù della corruzione, attendendo con impazienza d'essere anch'esso redento. Infine in cotanta "epopea della fralezza" l'affabulatoria logorrea di Scorsese/Zaillian/De Niro/Frank Sheeran è più d'arzillo vecchietto che da moribondo: una geriatria pimpante e ancora vitalistica o survivalistica ch'ostacola "pathos" & "pietas" che (forse?) vorrebb'esprimere. La nonlinearità narrativa esacerba tal'aspetto.
E' riuscito pure a strapparmi qualche sorriso per almeno un oretta, poi il gioco stanca, il ridicolo trasforma quella risata in una smorfia (tipo quella di che De Niro ha ormai in tutti i film da almeno 15 anni ). Forse con attori più giovani poteva essere pure un buon film, invece si vede solo il rin********mento di regista e attori