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è vero che non c'è più l'effetto sorpresa, ma ho trovato questo manderley superiore a dogville, secondo me infatti il racconto è più diretto questa volta, e la critica di von trier all'umanità, alla stupidità dell'umanita è più feroce che mai, inoltre la nuova grace la trovo molto meglio della sopravalutata kidman.
Dopo lo sconvolgente Dogville, ritroviamo una Grace in cerca di redenzione alle prese con l'educazione alla libertà in un villaggio in cui la schiavitù è ancora legge, a settant'anni dalla sua abolizione. Grace (gli USA) cerca di redimersi dai guai combinati a Dogville e lo fa con uno zelo invidiabile, sorretta da grande forza di volontà e idealismo... e supportata da un bel manipolo di uomini armati, che fanno diventare il piccolo paesello una sorta di protettorato. E, nonostante trovi abominevole la legge scritta dall'anziana "padrona" del villaggio, ne viene influenzata e la sua opinione sulle persone non è scerva dai pregiudizi provocati dai suoi predecessori. Manderlay è un film più politico di Dogville; i temi trattati sono molti, ma il fondamentale si risolve in un quesito molto attuale: è giusto "esportare" la libertà e la democrazia, in nome di un millantato senso di responsabilità? E' giusto imporre il proprio modello di comportamento come se fosse il migliore? A che risultati porta tutto ciò? La risposta che ci dà Von Trier è quanto di più pessimista si possa immaginare... e di sicuro il film fa riflettere.
Tuttavia, manca il carisma di Nicole Kidman, manca l'effetto sorpresa che colpì nel primo film della trilogia, il modello narrativo è assolutamente identico. Aspetto il terzo capitolo.
Il film mi è piaciuto molto fino al finale, quando sento una scioccante frase:
«l'America era un luogo dai molteplici volti, senza ombra di dubbio, ma... veramente non era pronta ad accettare i neri? Sinceramente non si poteva dire: l'America la mano l'aveva tesa, forse timidamente... ma se uno non vuole vedere chi gli tende la mano, deve prendersela solo con se stesso!»
Facile dare la colpa ai neri, in fin dei conti... ma che razza di film è?!
Voto 9 per il film senza la frase, 1 per la frase, media 5
Ho scritto un commento riguardo a Dogville e mi sono beccato un sacco di idioti che mi hanno aggredito. Allora mi son detto: guardiamoci anche questo visto che tutti ne parlano estasiati... Sinceramente non mi è assolutamente piaciuto, il 5 è solo perchè non è un film come tutti gli altri, ma questo non lo solleva da una insufficienza che sarebbe molto più pesante
Non mi è piaciuto, l'ho trovato molto lento in certe parti e un po ripetitivo, il voto sarebbe stato 4 ma poi ci ho ripensato meglio e ho deciso per il 5, non è poi un cosi brutto film, ma non è il mio genere. Classica serata con gli amici e scelta di film a caso :)
io ho visto questo film è come dire stupendo fa capire con precisione come va l''adolescenza io mi sono emozzionato tantissimo alla fine è stata grandiosa!
smarrito l'effetto sorpresa della scenografia,che tanto ci colpì in dogville,ci si concentra immediatamente sulla trama e sullo svolgimento,in attesa degli eventi.manderlay,comincia dove dogville finisce e il cambio di sembianze dei protagonisti non è esattamente un aspetto positivo.grande era stato il cameo di james caan e stupefacente la prova della sottomessa e umiliata kidman,in un gioco al massacro della bella che ci ha visti partecipare con grande trasporto.in un percorso inverso a dogville,grace inizia da dominatrice illuminata agnelloforme,spiegando e imponendo le regole della democrazia,senza se e senza ma,con pugno di ferro e ansia manipolatrice,con fervore giustizialista e totale mancanza di collegialità,nonostante l'iinvenzione di una specie di parlamento.l'ipocrisia insita nella democrazia,e la speranza di creare un mondo migliore a qualunque costo,nella ottusa sicurezza di essere benedetti nel giusto,è un fortissimo parallelo con l'america di oggi.manderlay,è in effetti,un film molto piu' politicamente attuale del suo predecessore,con una sorta di scadimento finale nell'esplicitazione del nocciolo del film.in un percorso ad ostacoli verso una società piu' giusta,le constatazioni della miserrima natura degli umani sono molteplici,siano essi buoni o cattivi...è una questione di "materiale",cioè di cio' che ci compone..e non è un materiale nobile,anzi!si cerca di incanalarlo dolcemente in direzione produttiva,con sacrificio e magari anche in presunta buona fede,ma niente fà girare bene il mondo quanto il pugno di ferro!al quale grace deve ricorrere suo malgrado per continuare il cammino verso la verità.nella sua invasata ricerca del giusto,dimentica le istanze degli inferiori che instrada,ne mortifica le aspettative servendogliene una dotazione precotta,e talvolta ne esalta(fraintendendo enormemente)gli aspetti positivi.che delusione per la povera grace,incarnare la legge e vendicare la comunità dalle malefatte della terribile vecchietta.che tristezza,accorgersi della brutalità della comunità,e doverla assecondare per ragione di stato nel perseguire l'obiettivo ultimo.e quanto è triste il ritratto della donna,quella che da molti è intesa come la speranza per l'umanita,che sfoga in un crescendo sadico fisico e mentale,tutta la sua rabbia per la delusione d'amore(nonostante l'appagamento del prurito),causatale dall'inferiore al quale si era concessa..dal tradimento personale,nasce la sete di vendetta e la presa di coscienza dell'ineluttabile natura dell'umanità..dove non arrivo'il cervello,potè il cuore.il finale,sconvolgente,pone l'interrogativo:siamo o diventiamo?
Manderlay è meno incisivo e forte di Dogville, ma sa descrivere bene (con la consueta crudeltà di LVT) la storia fondante della nazione americana, nata - nella sua grandezza e come potenza economica mondiale - dallo sfruttamento della schiavitù e con la protervia bianca, protestante, capitalistica. Manderlay è uno spaccato di America piena di contraddizioni, un microcosmo "campione" nel quale la schizofrenia della sopraffazione ha già contagiato le classi più povere e oppresse (qui, i neri). Schizofrenia e contraddizione che raggiungono l'apice nel finale crudo, idealmente rimandante a quello di Dogville.
film la cui visione è impossibile. x vari motivi. è troppo lungo, è 1 mattone clamoroso, è scontato, il colore è spento, la regia troppo statica....1 vera pizza. ditela come volete, osannate qnt volete qst scarso regista, x me è 1 fallito. 1 dei piu pesanti film mai visti
They pulled in just behind the bridge He lays her down, he frowns "Gee my life's a funny thing, am I still too young?" He kissed her then and there She took his ring, took his babies It took him minutes, took her nowhere Heaven knows, she'd have taken anything, but
All night She wants the young American Young American, young American, she wants the young American All right She wants the young American
Scanning life through the picture windows She finds the slinky vagabond He coughs as he passes her Ford Mustang, but Heaven forbid, she'll take anything But the freak, and his type, all for nothing He misses a step and cuts his hand, but Showing nothing, he swoops like a song She cries "Where have all Papa's heroes gone?"
All night She wants the young American Young American, young American, she wants the young American All right She wants the young American
All the way from Washington Her bread-winner begs off the bathroom floor "We live for just these twenty years Do we have to die for the fifty more?"
All night He wants the young American Young American, young American, he wants the young American All right He wants the young American
Do you remember, your President Nixon? Do you remember, the bills you have to pay Or even yesterday?
Have you been an un-American? Just you and your idol singing falsetto 'bout Leather, leather everywhere, and Not a myth left from the ghetto Well, well, well, would you carry a razor In case, just in case of depression Sit on your hands on a bus of survivors Blushing at all the Afro-Sheeners Ain't that close to love? Well, ain't that poster love? Well, it ain't that Barbie doll Her heart's been broken just like you have
All night You want the young American Young American, young American, you want the young American All right You want the young American
You ain't a pimp and you ain't a hustler A pimp's got a Cadi and a lady’s got a Chrysler Black's got respect, and white's got his soul train Mama's got cramps, and look at your hands shake I heard the news today, oh boy I got a suite and you got defeat Ain't there a man you can say no more? And, ain't there a woman I can sock on the jaw? And, ain't there a child I can hold without judging? Ain't there a pen that will write before they die? Ain't you proud that you've still got faces? Ain't there one damn song that can make me break down and cry?
All night I want the young American Young American, young American, I want the young American All right I want the young American Young American Young American, young American, I want the young American (I want with you, I want with you want) All right (You want it, I want you you, you want I, I want you want) Young American, young American, I want the young American (I want to want, to want, to want , to want I, I want you) All right (Lord I wanted the young American) (young American) Young American, Young American I want the young American
La canzone emblematica di David Bowie è, insieme alla scenografia e naturalmente agli Stati Uniti, il filo conduttore dell'annunciata trilogia americana di Lars Von Trier. Era presente nei titoli di coda di Dogville ed è presente anche ora (con qualche fotogrammaa fare da sottosfondo cambiato).
Abbandonato il "dogma 95" (in questo caso si hanno dei, seppur invisibili, movimenti di macchina; la mdp a volte è fissa, forse perchè il mitico Dod Mantle oltre a direttore della fotografia è in questo secondo capitolo anche operatore, naturalmente insieme a Von Trier; si hanno finalmente dei controcampi; gli attori sono leggermente truccati; il digitale è usato anche per creare qualche effetto....) il regista danese firma un'opera che, seppur meno ad impatto, ha un ritmo più sostenuto ed un finale più scioccante e ancora più sorprendente del precedente "Dogville": la figura del giocatore d'azzardo è più indovinata che mai, e il rifiuto del libero arbitrio o della capacità di auto-organizzarsi sono cose che fanno riflettere.
In attesa del terzo conclusivo capitolo (che completerà così l'esalogia dell'Occidente, dopo che gli iniziali "Europa", "Epidemic" e "L'elemento del crimine" erano una sorta di trilogia dedicata al Vecchio Continente) , Lars Von Trier si conferma uno dei registi più cinici ma allo stesso tempo coerenti dell'ultimo ventennio.
condivido quanto detto da viagem... neanche l'avessimo visto insieme! non fondamentale, i capolavori del folle Lars son altri...un'ultima cosa...VOTATE MISSION !!!!!!!!!!!!!!!!!
Da un genio come Von Trier non mi aspettavo che questo secondo episodio della trilogia sull'America fosse così simile al primo. Stessa suddivisione in capitoli, stessa voce fuoricampo, stessa ambientazione "teatrale", sostituendo alla lavagna e il gesso una cartina disegnata. Anche la figura di Grace è tratteggiata allo stesso modo: agisce sempre all'interno di una piccola comunità, nel tentativo di migliorarla, di fare del bene, fondamentalmente non riuscendovi.Forse è proprio l'ambientazione in uno spazio così ristretto e con poche persone, che permette al regista di sviluppare facilmente dinamiche relazionali perverse, contrappassi, quasi tipici di un universo dantesco. Di diverso vi è l'aspetto trattato, i neri e la loro presenza nella società americana: un tema che lega il film ad una realtà storica e nota, molto più che in Dogville. La vicenda sembra quanto meno plausibile in questo caso. E il finale, con Grace diretta, lungo la mappa, verso la costa est, la canzone di Bowie in sottofondo e le immagini "storiche" dei neri in America sembrano quasi preludere ad un terzo film molto più reale e inserito nel contesto americano. Per concludere un film discreto, che non aggiunge nulla di più a quanto di bello (c'è sempre da sottolinearlo) si è visto nei precedenti lavori di Lars.