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My God!! Anche qui Avati ( uno dei registi che odio ) fa cilecca. Bruttissimo film, bambinesco e banalissimo. A nulla serve la bellezza delle attrici e del simpatico Abbatantuono ( che qui non fa una bella figura ).
adavvero non riuscito; poco ispirato, abbozzato e soprattutto di scarso interesse, quale che si ail punto di vista che si voglia adottare. NOtevole la solita sequenza tragica finale alla Avati, ma che un eccellente regista sia in grado di costruire tali momenti diluiti in un film francamente discutibile, beh...
"Ennesimo capolavoro di Pupi Avati ... speriamo che la prossima volta si decida a fare un buon film" diceva Giancarlo D'Angelo ai tempi del Drive In... e sono passati vent'anni. I "capolavori" si sono susseguiti, quanto ai buoni film, beh... questo lo è senz'altro. Il problema non è Avati, ma l'Italia (e il suo ambiente di cinematografari). Alcuni nei commenti che precedono hanno citato Almodovar ed anche Denys Arcand (Le invasioni barbariche) ma la vera differenza fra costoro ed Avati (o gli altri nostri registi d'oggi) sta nel clima culturale e sociale di Spagna e di Canada ben diverso da quello italiano. E' una questione tutta di atmosfera. I commenti piuttosto freddi che ho letto secondo me rispecchiano l'infimo livello nel quale si trova oggi l'Italia. Per carità, non fraintendetemi: non voglio assolutamente dire che chi ha stroncato questo film sia un becero o un ignorante. Succede invece, sempre più spesso, che, quando si va a vedere un qualunque film italiano, si esca dal cinema profondamente delusi e scocciati, per la incapacità dei registi di parlare oggi dell'Italia, di raccontarla, di anticipare, con la sintesi propria di un'opera d'arte, ciò che un sociologo ci può dire a posteriori in 600 pagine. In realtà il nostro paese è diventato difficile da descrivere, per il suo meschino livello culturale, ed è perciò quasi impossibile fare dei film come si deve. Quindi è del tutto naturale rimanere frustrati, dopo un Muccino, un Avati, un Ozpetek, un Moretti e così via. Se invece si fa una tara su questa indescrivibilità, la maggior parte dei film italiani, compreso questo, sono dei prodotti più che dignitosi. Per non fare solo un prodotto, ma quello che molti si aspettano, e cioè un'opera d'arte, "un capolavoro" come quelli che si pretendono da Pupi Avati, occorrerebbe però il coraggio di non limitarsi a ricopiare la cronaca. Siccome però il coraggio uno non se lo può dare, dobbiamo rassegnarci a vedere roba come questa Cena per farli conoscere, che non è certamente né mediocre né noioso, ma che si basa tutto su personaggi, vicende, ambienti etc... stranoti e ne riferisce al pubblico. Così ovviamente non si rischia, ma, altrettanto ovviamente, non si fa del grande, vero cinema. E' come raccontare una barzelletta vecchia: ha già fatto ridere e si è consumata: non si può sperare che diverta ancora perché la prima volta tutti hanno riso. La colpa non è di nessuno: il produttore non vuol perdere, il distributore compra solo il sicuro, il regista non può, non sa, non se la sente, il pubblico va (poco) al cinema e si difende evitando i film italiani; quando li vede li giudica per lo più male. Solo una catastrofe ci può salvare (come una guerra perduta ci diede il neorealismo), e nessuna persona sana di mente se la può augurare: perciò teniamoci questo cinema (ed io do due tre punti in più di tara ai film italiani, da valutare per il loro peso lordo...).