primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera regia di Kim Ki-duk Corea del Sud, Germania 2003
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primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera (2003)

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locandina del film PRIMAVERA, ESTATE, AUTUNNO, INVERNO... E ANCORA PRIMAVERA

Titolo Originale: BOM YEOREUM GAEUL GYEOUL GEURIGO BOM

RegiaKim Ki-duk

InterpretiOh Yeong-su, Kim Ki-duk, Kim Young-min, Seo Jae-kyeong, Ha Yeo-jin, Kim Jong-ho, Kim Jung-young, Ji Dae-han, Choi Min, Park Ji-a, Song Min-Young

Durata: h 1.43
NazionalitàCorea del Sud, Germania 2003
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 2004

•  Altri film di Kim Ki-duk

•  Link al sito di PRIMAVERA, ESTATE, AUTUNNO, INVERNO... E ANCORA PRIMAVERA

Trama del film Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera

Nessuno è immune dal potere delle stagioni e dal loro ciclo annuale di nascita, crescita e declino. Nemmeno i due monaci che dividono l’eremo galleggiante su un laghetto circondato dalle montagne. A mano a mano che passano le stagioni, ogni aspetto delle loro vite si fonde con una intensità che porta entrambi ad una maggiore spiritualità – e alla tragedia.

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Voti e commenti su Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera, 134 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR echec_fou  @  05/09/2005 22:01:27
   8 / 10

Primavera, Estate, Autunno e Inverno sono le stagioni che compongono l'anno, l'arco temporale in cui la natura evolve in tutte le sue sembianze, maturando ogni volta in una fase che sembra nascere dalla morte della precedente. Tuttavia non si tratta mai di una morte totale, definitiva, ma ogni fase sembra trarre il suo significato nel gettamento dei presupposti per una fase successiva...E ancora primavera: neanche la fine di questo ciclo completo può presupporre la fine dell'essenza. E la natura si rinnova ancora, rincorrendosi continuamente verso mete ignote.
Suggestiva e fortemente evocativa la scelta di inquadrare ,nelle fasi iniziali del film, l'anziano maestro di spalle che percorre il sentiero, per poi cambiare inquadratura sul piccolo monaco che lo risale frontalmente.
E' la metafora del continuamento dell'esistenza, riferito non più ad un ambito ristretto come quello individuale, ma ad un ambito più ampio e completo: quello della natura, dell'insieme. Da quello che mostra l'esperienza umana, sembra naturale, quasi scontato, che dal ramo gelido ricoperto di neve nasca ,nel giro di qualche mese, una nuova foglia. Se si potesse entrare nell'anima di ogni foglia, come se avesse una coscienza, forse si vedrebbe nell'inverno solo la fine dell'esistenza, senza percepire il miracolo del proseguimento della vita.
Probabilmente è un processo molto simile a quello che accade alle vite umane. Si rimane intrappolati nella gabbia della soggettività, del proprio contesto e delle proprie esperienze, senza dare importanza all'enorme disegno di cui si fa parte, un disegno che trae forse la sua divinità dall'inconsapevolezza in cui evolve.
Da queste premesse trae origine il significato della vita che ci mostra l'autore: l'immagine di un uomo che trova il senso delle sue esperienze, delle sue sofferenze, che costituiscono la pietra che è costretto a portare, nella scalata faticosa verso una cima. Ma la fatica non è sterile, la ricompensa è grandissima, forse la più preziosa: dalla sommità gli è consentito rendersi conto che il mondo in cui è vissuto era soltanto una vallata con un lago e una palafitta, ovvero una piccola parte dell'immensità spaziale e temporale in cui era inserito.
Sulla cima rimane solo una statuetta del Buddha, l'emblema del Nirvana, dell'illuminazione, che siede sulla pietra che rappresenta il dolore e la sofferenza da cui si è ormai emancipato. E' questo il senso dell'esistenza proposto dall'autore: lo sforzo dell'emancipazione dal soggettivo come strumento per trovarne un significato, inquadrabile solo se inserito in un contesto molto più ampio.
Un altro aspetto molto importante risiede nel valore dell'esperienza. Soltanto attraverso la partecipazione diretta (e questa è una tematica molto affine a quelle trattate dal Siddharta di Hesse) è infatti possibile realizzare una maturazione, impossibile attraverso la sola imposizione di precetti, che assumerebbero altrimenti carattere dogmatico. Per far capire al suo allievo ancora bambino il significato del dolore, il maestro lo mette in condizione di provare sul suo corpo gli effetti dei suoi giochi sadici sugli animaletti. Solamente in questa maniera può trarre insegnamento. é quello che avviene anche nelle stagioni successive della sua vita: il maestro cerca di motivare le scelte del ragazzo, senza abbandonarsi ad inutili critiche, perché è l'unico modo in cui può maturare. Questo non presuppone però la svalutazione dell'insegnamento: la saggezza dell'età deve essere sempre un valido supporto per i giovani, affinché non commettano l'errore di rimanere incastrati nella trappola delle proprie emozioni, per quanto drammatiche possano essere, in quanto parte dell'universo soggettivo dal quale bisogna emanciparsi. La saggezza dell'età diventa così guida per i giovani, nel momento in cui si perdano nel loro cammino, come quando il ragazzo tenta il suicidio perché incapace di sopportare la sofferenza della scoperta di prospettive diverse da quelle che invece immaginava e desiderava. Da qui emerge anche una critica implicita dell'idealismo, visto come la presunzione di conoscere il senso delle cose prescindendo dall'esperienza soggettiva. Il dolore del ragazzo si fonda infatti nell'incapacità d'accettazione di una realtà sentimentale differente da quella che si prospettava. L'ultimo concetto su cui porrei l'accento, sebbene sia conseguenza di quelli espressi in precedenza, è la saggezza dell'astensione dal giudizio: non si può essere giudici degli errori altrui, semplicemente perché questi nascono da un contesto diverso dal proprio.
Gli errori sono inoltre sempre figli dell'inesperienza e si nutrono dell'inconsapevolezza o della cecità della passione. Si può essere solo un supporto o una guida nell'espiazione della colpa e solamente nel caso in cui c'è un riconoscimento dell'errore da parte di chi lo commette.
Anche in questo caso il concetto di errore viene caratterizzato da connotati diversi da quelli convenzionali. L'errore non è mai derivante da scelte che vengono demonizzate a priori, come avviene nella mentalità cristiana-occidentale, ma anche in quella ebraica ( si pensi che c'è proprio la lista dei comportamenti banditi, i dieci comandamenti),ma si fonda sull'analisi delle emozioni di cui le scelte sono portatrici. La scelta diventa errore nel momento in cui si fa portatrice di sofferenza spirituale.
In conclusione, posso affermare che a questo film Kim-Ki Duk tutta la sua potenza evocativa, che riesce con poesia sottile ad immergere gli spettatori in un oceano di immagini e ricercate suggestioni.
Pezzo di rara bellezza.


4 risposte al commento
Ultima risposta 13/09/2005 14.55.31
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