Nel 2000 il sottomarino russo K-141 Kursk va incontro a un disastro senza precedenti che la negligenza del governo non è in grado di gestire. Mentre i marinai lottano per la loro sopravvivenza, i familiari sono costretti a fronteggiare disperatamente gli ostacoli politici e burocratici, tentando l'impossibile per salvare i propri cari.
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La tragedia del Kursk è una storia nota ed arcinota. Vinterberg è pienamente consapevole di questo, non puntando l'attenzione sull'aspetto puramente spettacolare, ma scandagliando i personaggi, uomini e donne, che separati a forza dall'incidente cercano da una parte di sopravvivere e dall'altra ottenere (inutilmente) spiegazioni alle autorità. Probablmente con qualche licenza, viene evidenziato un lato più politico della vicenda. Una Russia trasformata dalla frantumazione dell'Unione Sovietica, ma dotata ancora di apparati burocratici vecchi ed ottusi ancora figli della Guerra Fredda. Il salvare uno o più individui bloccati all'interno del sommergibile rimane vittima della ragion di stato. La Marina russa che per difendere il suo (scarso) prestigio divora i propri figli. Non il Vintenberg del Sospetto, pur rimanendo un lavoro di discreta qualità.