Ispirato al romanzo di Gaston Leroux, in questa versione di Dario Argento, il "fantasma" non è sfigurato, ma è un orfano abbandonato nei sotterranei dell'Opera di Parigi e varrà salvato e allevato dai ratti. Una volta cresciuto, ucciderà tutti coloro che cercano di fare del male ai suoi amati ratti.
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Dario solo a sprazzi. Ma non è sufficiente. Ogni tanto sembra Toilet, ogni tanto sembra Moccia. Qualche buon omicidio c'è, ma nulla di lodevole come ad esempio il successivo "Non ho sonno". Le musiche sono buone, ma peccato che il film non sia altrettanto. Insomma, Dario fa per la prima volta cilecca, e la seconda sarà con "La terza madre" (n.b. mi manca "Ti piace Hitchcock?"). La bruttezza di "Il fantasma dell‘opera" si nota anche per quanto riguarda alcune scene, come quella al casino o quella erotica fra la protagonista e il fantasma. Poi quando la protagonista stessa, Asia Argento, prima canta con la "voce da usignolo", poi parla con la sua, non è per niente credibile. Alcuni doppiaggi e scene comiche mal riuscite contribuiscono a mettere ancora più a nudo i difetti e le sfaccettature del film, che è poco più che un'immane catastrofe.