All’inizio del XX secolo, la scoperta del petrolio trasformò l’esistenza degli Osage che diventarono da un giorno all’altro immensamente ricchi. L’improvviso benessere di questi nativi americani attirò l’interesse dei bianchi che iniziarono a manipolare, estorcere e sottrarre con l’inganno i beni degli Osage fino a ricorrere all’omicidio. Una storia d’amore e tradimenti, delitti e misteri in un intrigo avvincente per la scoperta della verità.
Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
E' difficile che Scorsese sbagli un film ed in questa sua ultima uscita mescola i generi - dal western al gangster al drammatico - come mai prima d'ora. La sua capacità di raccontare si conferma su vette inesplorate per tanti suoi colleghi cineasti e per la prima volta mette di fronte Di Caprio a De Niro, suoi attori feticcio. Ne esce un lavoro - fiume con una grande prima parte e con una seconda che non ne mantiene appieno le aspettative, anche se la drammaticità delle situazioni viene acuita da passaggi fondamentali. Ed il fatto che la pellicola sia così lunga non rende certo la visione troppo confortevole. Piccole parti per John Lithgow e Brendan Fraser.
Scorsese ha perso il senso della misura, per una storia semplice come questa bastavano max un'ora e mezza di pellicola invece Scorsese allunga fino all'inverosimile il film che va avanti senza guizzi, colpi di scena o sussulti di sceneggiatura, poi parafrasando Paul Schrader, tre ore e e mezza con protagonista un idiota sono francamente troppe, pure Scemo e + Scemo fosse stato così lungo non avrebbe fatto ridere a nessuno
Per il suo ritorno in sala Scorsese sceglie una storia terribile e poco conosciuta (perlomeno, io la ignoravo completamente), che decide di raccontare con tempi dilatatissimi, quasi avesse in mente di fare un film esplicitamente anti-Marvel. E alla fine ci riesce, anche se in effetti per una storia simile un'oretta e mezza in meno non avrebbe guastato: si respirano molta epicità e molto cinema in questo film, ed in alcuni momenti anche un lirismo inaspettato (come quando gli antenati vengono a visitare la
Che poi è vero che il film ha un'ora e mezza di troppo, ma è un'ora e mezza di troppo di grande cinema, con un buon ritmo e nessun tempo morto: KOTFM non annoia, mai, e per un film di questa durata è veramente un miracolo.
Insomma bravo Scorsese, che a 80 anni suonati ancora dà le piste a tutti e riesce ancora a creare un senso di attesa e hype attorno a qualsiasi film giri, anche uno che sarebbe potuto sembrare respingente come questo.
Un pezzo di storia del primo dopoguerra americano intorno agli anni 20. Un inizio a dir poco straniante perchè mette in luce un certo grado di ribaltamento sociale. Una nazione indiana ricca e prospera che dopo aver scoperto il petrolio all'interno della riserva, grazie alle concessioni a peso d'oro diventano ricchi tanto che hanno alle dipendenze personale bianco. Una ricchezza ai limiti dell'esibizione in alcuni casi, ma che non nasconde la fragilità su cui poggia: malattie come il diabete, depressione cronica che conducono al suicidio e se Madre Natura non arriva, l'uomo aiuta con omicidi ed uccisioni in serie. Killer of The Flowers Moon non esprime una violenza iperrealistica come altre pellicole di Scorsese, bensì più "semplificata" ed essenziale, sufficente per spiegare un meccanismo più sottile ma non meno inesorabile quando si muovono gli antenati dei lupi di Wolf Street, mossi da spregiudicatezza ed avidità, ma con il volto suadente ed i modi generosi di un Robert De Niro cinico e manipolatore. Un latifondista che manovra le sue pedine a piacimento, in primo luogo Ernest, e mosso dalla volontà di accumulare denaro e concessioni a suo favore e dei suoi sodali. Anche Di Caprio è convincente nel portare sullo schermo un carattere problematico e debole, inetto e poco intelligente, però più genuino e sinceramente innamorato della moglie. Anche lui ha i suoi lati di ambiguità proprio nel rapporto coniugale (molto brava anche la Gladstone), nel misurare il grado di consapevolezza se la cura per il diabete non sia in realtà una forma di lento avvelenamento. Un film dalla durata gigantesca, tuttavia scorrevole che mostra uno spaccato di storia poco conosciuto. Una forma di massacro attuata in maniera più subdola per nutrire l'avidità di pochi a svantaggio di molti.
Scorsese è un regista che realizza le sue fatiche cinematografiche in base ad uno stile definibile coerente. L'impronta artistica del cineasta è facilmente prevedibile/leggibile, in genere, si parte da una scelta tutt'altro che accidentale del corpus attoriale e si prosegue nel nome di vecchie storie americane, fra spaccati sociali generalmente criminosi.
La coerenza c'è, ed è questo il dramma. "Killers of the flower moon" tecnicamente e concettualmente sembra appartenere alla stessa idea un po' fallimentare di "The Irishman". A preoccupare, in primis, è una durata spaventosa del prodotto, si va ben oltre le tre ore, i risultati quali saranno?
"Killers of the flower moon" non impiega troppo per palesare il suo fraudolento progetto, insomma, basteranno circa quaranta minuti per capire che il film è stato strutturato sulla falsariga del già citato "The Irishman", ma questa volta il collasso è oggettivo. Dopo un prima parte quasi "documentaristica", Scorsese lascia trasparire già le intenzioni e le dinamiche inesorabili di un disegno magrissimo. In teoria si parte da uno spunto "giocabile" ma la trama non gode di sviluppi significativi e la sceneggiatura, in modo del tutto meccanico e sincronico, sprofonda negli abissi dell'imbarazzo. Fra pigrizia, ridondanza e vuoti funesti circa l'introspezione dei personaggi principali il film è una quintana di ripetitività e lungaggine inaudite ("Quei bravi ragazzi" a confronto è un capolavoro) dal sapore di beffa per chi paga il biglietto. Location interessanti ma non estremamente curate, meglio per quanto riguarda le atmosfere e il gioco di inquadrature messo a disposizione da Scorsese (se fosse venuto meno anche su questo punto, diremmo del vuoto cosmico). Sufficiente De Niro, ruolo infinitamente stereotipato per lui. Se la cava benone Lily Gladstone, più immagine qui che attrice. Malissimo Di Caprio in un ruolo fin troppo a testa bassa che stanca già dalla prima inquadratura. Tris di attori bruciati come i soldi dei magnati al casinò.
"Killers of the flower moon" è una schematica ed elementare parabola discendente di uomini e donne, storia triste e drammatica quasi quanto la superficialità e la leziosità della regia circa l'esposizione dei fatti e della mancata veemenza dei personaggi, splendidi protagonisti di un mortuario club dell'apatia.