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Un film debole di Lumet che pienamente inserito nel clima da guerra fredda produce una spy story che sconfina nel giallo: manca però il mordente, le svolte della scneggiatura sono anticipabili e telefonate quando non forzate. I personaggi femminili apparentemente forti sono in realtà subordinate alle scelte maschili. Rimane la messa in quadro e la bellezza di alcune inquadrature, ma nel complesso mi è sempre parso un film minore di Lumet.
Se l'impegno sociale dietro la macchina da presa di SIdney Lumet lo rende un artista lodevole, il riuscire a spaziare da un genere all'altro in maniera camaleontica e rimanendo sempre ad alti livelli lo rende un maestro della professione cinematografica. THE DEADLY AFFAIR regala atmosfere noir, investigative e spionistiche così taglienti che sembra essere diretto da chi ha solo fatto gialli nella propria vita. La trama ha un'evoluzione intrigante ma classica: ciò che colpisce è proprio tutto il contesto visivo e sensoriale, semplicemente ideale.
Una spy story che è anche un'indagine personale, ricca di tensione e di svolte narrative, immersa in una grigia ambientazione londinese. Attori come al solito ottimamente diretti ed eccellente prova di un solo apparentemente dimesso James Mason, che gioca la partita su due campi: quello personale con la moglie fedigrafa e quello lavorativo con la sua ostinata ricerca della verità. Negli anni sessanta e settanta Lumet di film ne ha sbagliati pochi.
Spy story che arriva subito al dunque già dalle prime scene senza tante inutili introduzioni. Il film è buono, ma non ha nulla che lo distingua e lo faccia ricordare, e dopo un buon inizio nella parte finale inizia un po' a stancare.
Ottima l'interpretazione degli attori e la regia di Lumet, ma manca qualcosa (anche se non saprei dire cosa).
Un Lumet di certo non imprescindibile, ma comunque interessante. Una spy story dai risvolti imprevedibili e che comunque non sembrano assolutamente forzati. Molto buone le interpretazioni di tutto il cast. La regia di Lumet si sente.
Dal romanzo di Le Carrè, Lumet dirige un film in decisa controtendenza rispetto ai canoni del periodo, fissate dalle pellicole di 007, già ad iniziare dal protagonista, il tuttaltro che atletico James Mason . L'intreccio è solo un pretesto per studiare i personaggi cercando di fare una panoramica a 360 gradi di agisce dall'una e dall'altra parte della barricata. Lo sguardo disilluso di Mason, quello amareggiato della Signoret regalano i momenti migliori di un film molto compassato e solo in apparenza una spy story. L'essenza dei personaggi è centrale nel film di Lumet: cosa li fa muovere, le loro debolezze li rendono profondamente umani.