Preda dell'alcol per consolarsi degli scarsi successi letterari, scrittore in crisi allontana da sé il fratello e la donna che lo ama. Tenta il suicidio, ma la donna non si rassegna...
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Billy Wilder traccia una mappa quanto mai realistica dei meccanismi psicofisici innescati dall'alcol, o più genericamente da una sostanza d'abuso: un film che spaventa con semplici parole, con una bottiglia di whisky nascosta sopra il lampadario, col sorriso di un infermiere che descrive il delirium tremens, con la musica che accompagna l'inutile ricerca di un'utima dose... Il finale poi, non credo si possa definire "all'americana" o "ottimista":
non ci è dato sapere cosa realmente accadrà al protagonista; il gesto finale del gettare il mozzicone nel bicchiere potrebbe essere solo un'apparente vittoria che precede la ricaduta. Nella prima parte del film Wilder descrive senza sconti il totale annullamento del personaggio di Ray Milland: insistere su un finale tragico sarebbe stato oltremodo ridondante. Alla dopamina, tanto, sappiamo già che non si scappa.