Grazie ad un rivoluzionario processo di ingegneria genetica, l'imprenditore John Hammond, fa clonare una ricca gamma di rettili preistorici dal Dna di dinosauri estinti. Questa è l'idea per uno straordinario parco dei divertimenti. Per testare il sistema di sicurezza, il miliardario Hammond ingaggia un trio di scienziati, i legali degli azionisti del parco e un paio di nipotini, affinché perlustrino in anteprima il grandioso parco, ma non tutto andrà bene.
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Volenti o nolenti, Steven Spielberg è tra i pochi che sappia cosa vuol dire "donare magia" a uno spettacolo cinematografico, e pure con Jurassic Park non fa eccezione. Al netto di uno script che funziona più nell'intreccio base che nella caratterizzazione piuttosto manierista dei personaggi o nelle soluzioni narrative (l'autoironia dei dialoghi diventa l'utensile fondamentale per smorzare i limiti di scrittura), troviamo la messa in scena di un regista gigantesco che sa giocare coi non visti, che sa quando e quanto virare al sanguinolento per puntellare i massimi momenti di orrore (come già fece con Lo squalo) senza scordarsi del target giovanile, che sa piegare stereotipi e ingenuità in nome di un racconto coinvolgente e al contempo spaventoso. Intrattenimento vero e puro, insomma, in cui la mistura tra CG ed effetti pratici (tolto Il Signore degli Anelli e poco altro) raramente raggiungerà un'eguale vetta di magia che scavalca il mero tecnicismo.