the day after regia di Nicholas Meyer USA 1983
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the day after (1983)

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locandina del film THE DAY AFTER

Titolo Originale: THE DAY AFTER

RegiaNicholas Meyer

InterpretiJason Robards, JoBeth Williams, Steve Guttenberg, John Cullum, John Lithgow, Bibi Besch, Lori Lethin, Amy Madigan, Jeff East, Georgann Johnson, William Allen Young, Calvin Jung, Lin McCarthy, Dennis Lipscomb, Clayton Day, Doug Scott, Ellen Anthony, Kyle Aletter, Alston Ahern, William Allyn, Antonie Becker, Pamela Brown, Jonathan Estrin, Stephen Furst, Arliss Howard, Rosanna Huffman, Barbara Harris, Madison Mason, Bob Meister, Vahan Moosekian, George Petrie, Glenn Robards, Tom Spratley

Durata: h 2.01
NazionalitàUSA 1983
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1983

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Trama del film The day after

Drammatico racconto dei devastanti effetti di un olocausto nucleare: i fatti sono introdotti da una serie di notiziari televisivi e radiofonici che, per tutta la durata del film, dipingono lo scenario bellico nel suo svolgersi. Successivamente vengono seguite più da vicino le vicende degli abitanti della città di Lawrence (Kansas) dove cadono tre dei trecento missili con testata nucleare lanciati dai Sovietici sugli USA.

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Voto Visitatori:   7,48 / 10 (46 voti)7,48Grafico
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Voti e commenti su The day after, 46 opinioni inserite

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nippon  @  21/02/2005 23:18:40
   10 / 10
Mi vengono i brividi al pensiero di scrivere una recensione su questo film!
Ci sono così tanti spunti che è difficile capire da dove cominciare.
Partiamo allora dalla storia del film. Va innanzitutto detto che è ambientato in piena guerra fredda (siamo nel 1983) tra URSS ed USA. Il disastro che avverrà dopo una buona parte del film è presagito in modo molto poco invasivo, infatti, ogni tanto si sentono voci provenienti dai TG o dalle radio che annunciano via via un'invasione della Germania da parte sovietica. Come ognuno di noi, anche i personaggi del film (che risiedono negli Stati Uniti) reagiscono a queste notizie in vario modo: c'è chi pensa che sia solo qualcosa che si esaurirà in brevissimo tempo; chi ha un leggero sintomo di paura; chi è preoccupato che questo possa voler dire qualcosa in più; ecc.
Ciò che va immediatamente sottolineato, è che l'epicentro del film è a Kansas City, città ove, a poche miglia di distanza, vi è un importante base missilistica americana; è ovvio che gli abitanti di questa città sono quelli che più avvertono la tensione, eppure continuano a vivere la propria vita come tutti i giorni. Senz'altro, la non eccessiva paura mostrata da alcune persone deriva da un rifiuto nell'accettare qualcosa che va oltre la propria immaginazione. L'esempio più lampante è dato dalla moglie di uno dei protagonisti che, nonostante sia ormai giunta la fase di allarme, continua a rifare il proprio letto come se nulla fosse, e quando il marito cerca di scuoterla lei lo spinge continuando nella propria attività. Accortosi di quanto sta accadendo lui la prende a forza sollevandola da terra per portarla nel rudimentale rifugio antiatomico che ha adibito nella cantina della casa, ed in quel momento a lei cedono i nervi esplodendo in un pianto isterico.
L’unica cosa che le persone cercano di fare è scappare, pur non sapendo dove.
Le varie scene di vita quotidiana apparse all’inizio del film e che, pur avvenendo a pochi chilometri l’una dall’altra, sembrano rappresentare mondi diversi, d’un tratto vengono spazzate via lasciando il posto ad una nuova situazione che raggruppa chiunque si trovi al proprio interno: è il terrore per ciò che andrà ad accadere, e l’unico pensiero di mettere in salvo la propria vita e quella dei propri cari.
La caratterizzazione del disastro è eccellente, e la mia recensione non può rendere l’idea di come è magistralmente realizzata. Basti solo pensare ad una continua serie di scene di persone che corrono all’impazzata cercando di nascondersi nei più vicini rifugi antiatomici, e poi ad un fermo immagine di Kansas City come se vedeste una cartolina di una città. In seguito, ad un secondo l’uno dall’altro, seguono una serie di fermo immagini che mostrano Kansas City sempre più lontana, come a dare l’idea dell’ampiezza di ciò che avverrà a breve. L’ultimo fermo immagine dura qualche secondo in più, ed è seguito da un’immensa luce bianca nel cielo e da un forte boato. Il missile è esploso diversi chilometri sopra la città, perciò ancora le persone non hanno coscienza di quanto avvenuto; però, a causa della forte esplosione, tutti gli strumenti elettrici si fermano (comprese le automobili) aumentando il panico nelle genti. È poco tempo dopo che avviene il “disastro” vero e proprio, quando i tre missili esplodono sulla terra a poche decine di secondi l’uno dall’altro. I minuti seguenti sono un continuo susseguirsi di immagini catastrofiche. Oltre alle distruzioni immaginabili, colpisce la visione del corpo delle persone diventare come una lastra, poiché, effettivamente, è come essere esposti ad una quantità incalcolabile di raggi x in tutto il corpo.
Il protagonista principale del film, Steven Guttenberg, è un medico scampato fortunosamente all’impatto perché a molte miglia da Kansas City, e nel resto del film il suo sarà un calvario per salvare l’infinita quantità di uomini, donne e bambini che si recano presso il suo ospedale che è il più vicino alla città. Nonostante vi sia chi si è salvato, questi non viene risparmiato dalle radiazioni che anche nei giorni a venire non accennano a diminuire. Anche se l’attacco atomico è terminato, quanto si può vedere nel resto del film è come una serie continua di pugni nello stomaco: abitazioni completamente distrutte; genti che vanno pian piano come decomponendosi per effetto delle radiazioni. A questo va aggiunto il nuovo stile di vita al quale il popolo dei dintorni di Kansas City dovrà adattarsi. Ormai ciò che conta è cercare di tirare avanti nella maniera più dignitosa possibile, aspettando con apparente serenità la propria ora, o, come nel caso dell’ospedale di cui sopra, cercando di lenire quanto più possibile le sofferenze degli altri. In questo caso, però, per quanti sforzi si facciano, i cadaveri sono sempre di molto superiori alle persone a cui si riesce a dare un minimo sollievo.
I risvolti psicologici del film sono molti: il bambino che nasce nell’ospedale dopo il disastro rappresenta coloro che verranno dopo, e che raccoglieranno quanto chi prima di loro ha seminato;
il militare che accudisce l’uomo muto è colui che cerca la forza di andare avanti nella debolezza altrui; le persone che fanno razzia di quanto è sui camion che distribuiscono gli aiuti, senza lasciar nulla ad altri, sono quanti hanno perso ogni umanità a causa della barbarie, e nelle cui teste è stato strappato via a forze il vocabolo solidarietà; l’uomo che chiede a delle persone che si sono accampate al di fuori della sua casa disastrata di andarsene, perché è la sua proprietà, indica chi in quel poco che gli è rimasto vede un appiglio per ricominciare, per quanto consapevole che non servirà a nulla. Scrivere una recensione intera su questo film richiederebbe pagine e pagine; concludo perciò con la conclusione (scusate la ripetizione) del film.
Il medico protagonista, ormai anche lui stremato fisicamente e mentalmente dal troppo lavoro, e consapevole che la sua ora è vicina, decide di finire la propria esistenza nella “sua” Kansas City, così da ritrovare la propria casa e, forse, sua moglie. Sotto l’aspetto dell’ambiente distrutto, quanto visto nel film fino a qual momento non è lontanamente paragonabile a quello che è la città, e quando il medico trova la sua casa completamente demolita, non ci mette molto a capire che anche di sua moglie non ci sarà più traccia. Proprio quando ormai è consapevole che è tutto finito, nota tra le rovine della sua abitazione degli uomini accampati. Anche qui, come accaduto all’altro uomo in precedenza, il dottore chiede a loro di andarsene. Diversamente da chi lo ha preceduto, però, e che da chi era accampato è stato ucciso da un colpo di fucile, il medico, per tutta risposta, vede allungarsi verso di lui una mano che tiene un’arancia; ed è quello il momento in cui capisce tutto, come se si destasse da un insano torpore: a nulla serve accumulare beni in terra se avvengono poi disastri del genere. Compreso ciò si accascia a terra, ed in quel momento, l’uomo che gli aveva porto l’arancia gli si avvicina timidamente, fino a che i due si abbracciano piangenti.
Paradossalmente, è come se il film fosse finito bene, perché quello, e solo quello, è il punto di partenza per ricominciare; l’antitesi a quello che facevano quanti razziavano i camion degli aiuti, e, cioè, la solidarietà.
Sono convinto che con la mia recensione non ho reso giustizia ad un film che merita molto di più, perciò, per concludere con una frase non mia (così da restituire dignità a quanto ho scritto), termino con il commento che è alla fine del film da parte della voce fuori campo:

“I catastrofici avvenimenti a cui avete assistito con ogni probabilità sono molto meno tragici di quelli che accadrebbero se gli Stati Uniti venissero davvero coinvolti in una guerra nucleare.
Ci auguriamo che le immagini di questo film convincano tutte le Nazioni della Terra, tutti i popoli e i loro Governanti, a trovare il modo di evitare questa drammatica fine”.


4 risposte al commento
Ultima risposta 21/04/2006 00.38.53
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