Dopo essere stato rapito da un assassino di bambini e rinchiuso in un seminterrato insonorizzato, un ragazzo di 13 anni inizia a ricevere chiamate su un telefono disconnesso dalle precedenti vittime dell'assassino
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Solitamente i film estivi, super pompati di pubblicità, mi scendono subito di delusione.
The black phone di Scott Derrickson, nel suo raccontare la solita solfa di una storia di rapimenti di bambini, è riuscito a intrattenermi, e anche parecchio bene. Al cospetto di un ritmo non proprio vortiginoso, che si prende i suoi tempi, l opera messa in scena di questa piccola cittadina Usa in pieno anni 70, risulta funzionale. Una società americana fatta di giovani violenti e delle stesse famiglia che sono lo specchio di questi ragazzini. Fotografia ottima e sequenze a tratti da vecchia vhs sciupata, che è un elemento che adoro. Se si pensa di vedere un horror che spaventa, forse direi non ci siamo, perchè l unico aspetto inquietante rimane il personaggio del rapitore, che manco a farlo apposta viene spoilerato in nella locandina, quasi ad attrarre lo spettatore, il che è cosa buona e giusta.
tra i difetti, diciamo che la scrittura non è originale, cosi come non mancano alcune scelte con poco senso e qualche forzatura, cosi come nella recitazione non tutto il cast risulta allo stesso livello.