la stangata (1973)

Giustamente acclamata e applaudita opera dell'inizio degli anni '70 ( e non solo per il celeberrimo "The entertainer" dello scopritore del rag-time , al secolo Scott Joplin), rappresenta la proiezione su pellicola di uno di quei romanzi giallo-thriller tipici del decennio precedente allo svolgimento della storia (all'epoca di Al Capone, tanto per intenderci), aventi l'arte (vocabolo quanto mai adatto per l'occasione) di tracciare il segno indelebile del passaggio di una società americana, al tempo in cui la micro e macro-criminalità dominava per le strade ed i ghetti delle città più sovrappopolate e con mezzi minori, e, dunque, la mancanza di "Dykn", di giustizia, si presentava opportunamente in sedi di giudizio e nei vicoli ed anfratti più bui e ciechi.A ben donde è possibile delineare il termine "ars" come capostipite portante di questo bellissimo film, non tanto nella sua accezione di "gratia artis", quanto in quella di "furti et vindiciae gratia".Quei bravi ragazzi ( non scorsesiani), Robert Redford e Paul Newman, sono, nel vero (!) senso della parola suddetta, due artisti, servitori non ad una "fiction" (purchè pulp) che non abbia nulla a che vedere con la vita, ma a se stessi, e quindi ad un'intera stratificazione sociale "pseudo"medio-alta, succube di un potere soggiogante ed incredibilmente tracotante che tutto vuole, e, come disse il poeta greco Ipponatte, diviene mangiatore persino delle lame della propria sprezzante lascivia.La stangata viene compiuta con successo, e così, almeno momentaneamente, i due grandi amici e, al contempo, artisti, possono godersi nella tranquillità delle loro falsamente addobbate ed adornate sale da gioco un sigaro, da fumare, possibilmente, dinnanzi ad un "green table", in cui affrontare la giostra di un'altra grande avventura metropolitana.Magistrale.