la grande bellezza regia di Paolo Sorrentino Italia, Francia 2013
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la grande bellezza (2013)

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locandina del film LA GRANDE BELLEZZA

Titolo Originale: LA GRANDE BELLEZZA

RegiaPaolo Sorrentino

InterpretiToni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Serena Grandi, Vernon Dobtcheff, Isabella Ferrari, Luca Marinelli, Giorgio Pasotti, Giulia Di Quilio, Massimo Popolizio, Giorgia Ferrero, Roberto Herlitzka, Carlo Buccirosso, Pamela Villoresi, Ivan Franek, Stefano Fregni

Durata: h 2.30
NazionalitàItalia, Francia 2013
Generedrammatico
Al cinema nel Maggio 2013

•  Altri film di Paolo Sorrentino

Trama del film La grande bellezza

Dopo "L'apparato umano", l'unico romanzo che ha pubblicato da giovane e che gli ha regalato la notorietà, Jep Gambardella non ha scritto più nulla. È diventato però un giornalista e frequenta spesso l'alta società romana. La sua vita è un susseguirsi di incontri, appuntamenti e celebrazioni eccentriche che lo rendono testimone della crisi della società. Il clima che si respira nella capitale non è infatti più quello di un tempo: potenti, presenzialisti, contesse e immobiliaristi hanno preso il sopravvento, dando il via a un lento ma continuo processo di degrado che trasforma gli uomini in mostri. Durante una calda estate a Jep, ormai cinico e insofferente sessantacinquenne, non resta che pescare nei ricordi e, deluso dal presente, rivivere la sua appassionata e perduta giovinezza, contraddistinta dal ricordo di un innocente amore. Forse per lui è arrivato il momento di cominciare a scrivere qualcosa di nuovo.

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Voto Visitatori:   6,93 / 10 (295 voti)6,93Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior film straniero
Miglior regia (Paolo Sorrentino)Miglior produttore (Nicola Giuliano, Francesca Cima)Migliore attore protagonista (Toni Servillo)Migliore fotografia (Luca Bigazzi)Migliore scenografia (Stefania Cella)Migliori costumi (Daniela Ciancio)Miglior trucco (Maurizio Silvi)Migliori acconciature (Aldo Signoretti)Migliori effetti speciali (Rodolfo Migliari, Luca Della Grotta)
VINCITORE DI 9 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Miglior regia (Paolo Sorrentino), Miglior produttore (Nicola Giuliano, Francesca Cima), Migliore attore protagonista (Toni Servillo), Migliore fotografia (Luca Bigazzi), Migliore scenografia (Stefania Cella), Migliori costumi (Daniela Ciancio), Miglior trucco (Maurizio Silvi), Migliori acconciature (Aldo Signoretti), Migliori effetti speciali (Rodolfo Migliari, Luca Della Grotta)
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior film straniero
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Voti e commenti su La grande bellezza, 295 opinioni inserite

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bm_91  @  02/06/2013 16:43:19
   7 / 10
Il film di per sé sarebbe da 6 e mezzo, ma il 7 lo merita un bravissimo Toni Servillo. Aperta critica alla vacuità e desolazione che si celano dietro le apparenze dell'alta società, in realtà non ci dice proprio niente di nuovo. Molto belle le musiche.

3 risposte al commento
Ultima risposta 04/06/2013 19.43.31
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InvictuSteele  @  01/06/2013 14:26:34
   8 / 10
Il cinema diventa poesia, le immagini sono poesia e Roma diventa poesia. Sorrentino si dimostra ancora una volta il migliore regista italiano, la sua tecnica è impeccabile, i movimenti di macchina sono incantevoli e le immagini, ovvero i quadretti che formano il film, parlano da sole senza necessitare di troppi dialoghi. E poi Toni Servillo, da solo, regge l'intero film e da vita alle immagini grazie alle sue espressioni. Un grande.
Un Roma decadente, malinconica e di felliniana memoria, dove la nobiltà e l'alta borghesia si consumano tra festini e giornate noiose in una sorta di stasi immutata da millenni. Roma rapisce con la sua storia, la sua arte, i suoi luoghi magici, Roma è la città più bella al mondo, lo è sempre stata e sempre lo sarà, ma tutta questa fascinazione comporta anche il disfacimento e il declino di coloro che si sono adagiati sugli allori (Dopotutto al protagonista è bastato scrivere un solo romanzo per campare di rendita). La noia non si ferma mai, la nostalgia non porta da nessuna parte, come i trenini sul terrazzo di Servillo e dopo un pò la città eterna ti divora, meglio dunque fuggire, magari in campagna, per ritrovare quella pace tanto agognata. Ma la grande bellezza del titolo è soltanto un trucco, non si riesce a trovare perché in realtà non esiste.

Invia una mail all'autore del commento Totius  @  01/06/2013 13:45:57
   8½ / 10
Mezzo punto in più perchè amo Sorrentino ed ogni suo respiro artistico.
Detto ciò concordo con chi mi ha preceduto. Una decadenza che si protrae da 2000 anni. E partendo da Moravia che afferma che Roma spaccia per "senso di eternità" ciò che altro non è che "atonia morale", Sorrentino continua l'opera bellissima (ma a mio avviso se non sopravvalutata, quantomeno estremamente "fanatizzata") della Dolce Vita. E lo fa a suo modo come fu per "This must be the place": prendendo un personaggio sempre in potenza e mai completamente in atto, perchè forse l'atto completo è quella Grande Bellezza a cui si aspira ma non si può raggiungere. L'eccesso di vita e di mondanità come estrema ricerca di senso alla vita stessa. Mentre personaggi come Sartre in Francia narravano questo senso attraverso il malessere, o la Nausea del "mal de vivre", oggi Toni/Jep è il nuovo Marcello che inseguiva una splendida creatura dentro la fontana di Trevi per dare senso ad una notte romana. Una delle tante.
E non c'è alcuna critica o alcuna presa di posizione moralizzatrice in questo. Sorrentino scatta una foto. E ne coglie gli aspetti più nitidi scavando nelle macerie e miserie di una società opulenta fine a se stessa.

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Ultima risposta 01/06/2013 16.10.35
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andreapau  @  01/06/2013 07:21:28
   7½ / 10
Roma, la città eterna.
Roma, la città il cui mito si perpetua nel racconto infinito della sua decadenza.
Il racconto di una decadenza che dura da 2000 anni, ribalta il concetto stesso di decadenza.
Non più, quindi, stato evolutivo, ma staticità..Roma non decade progressivamente, semplicemente è nata decaduta.
Nelle cronache degli storici del tempo, passando per la Dolce Vita, fino ad arrivare alla Grande Bellezza.
Ogni quadro abbozzato da Sorrentino si adatta perfettamente ad uno qualunque dei periodi storici che Roma ha attraversato, ricordandoci l'odioso ripetersi all'infinito dell'intreccio tra bello e volgare, politica e affari, arte e avanspettacolo, circo e poesia, religione e santità, sostanza e apparenza.
Tutti sono delusi da Roma, molto delusi...ma nessuno ha il coraggio di farne a meno, di rinunciare ad una città che premia la mediocrità, che collettivizza i successi e individualizza le sconfitte.
Nessuno ha il coraggio di rinunciare alla deresponsabilizzante assoluzione plenaria assicurata da un tuffo nel Tevere, meno che mai i protagonisti di una società ottuagenaria e autoreferenziale, disperatamente aggrappata al nulla cosmico, incurante, oramai da duemila anni, del naufragio sotto le note dell'orchestra del Titanic.

15 risposte al commento
Ultima risposta 06/06/2013 10.20.00
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codino18  @  31/05/2013 23:35:30
   5 / 10
Non lo so forse mi aspettavo tanto troppo, ma secondo me è assolutamente deludente...

Gruppo COLLABORATORI fidelio.78  @  31/05/2013 22:20:55
   9 / 10
Devo dire che questa volta Sorrentino non solo mi ha convinto, ma ha addirittura stupito. Sorrentino mi ha sempre lasciato incerto. I suoi film rivelavano un grande talento registico, ma inconcludente a livello narrativo globale con sceneggiature spesso troppo deboli.
La grande bellezza è invece un film magnifico, ricco di suggestioni, emozioni e rimandi.
Lasciamo perdere l'ottimo cast e la bravura registica (forse anche troppo evidente) e concentriamoci sul film.
Era da tempo che in Italia c'era bisogno di un film italiano, europeo e non miserevoli copie di umorismo americano.
Ecco quindi ciò che sappiamo fare e che dovremmo fare.
Sorrentino gira una dolce vita più grottesca e caotica, un meraviglioso affresco del 2000 italiano tra festini improbabili e vite vuote e lo fa con un talento narrativo straordinario scegliendo la via difficile del non-trama.
Le immagini restano negli occhi per giorni, così come i personaggi finalmente fuori dagli schemi e per un momento fin troppo veri da risultare grotteschi.
E' senza dubbio un capolavoro, da ovazione almeno per tre quarti di film.
A me non ha convinto troppo il finale intimista. Sarebbe stato meglio continuare con la logica del non-trama fino in fondo.
Ma è un peccato veniale. Il film resta un'opera superba.
Bravo Sorrentino. Anzi bravissimo.
Insieme a Crialese avete ridato lustro al cinema italiano.

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Ultima risposta 23/06/2013 17.30.04
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Zoid  @  31/05/2013 20:10:51
   9½ / 10
Come si fa a non amare questo film? È cinema allo stato puro, ti fa venire voglia di prendere una videocamera e girare. Sorrentino si riconferma maestro assoluto dell'attuale cinema italiano. Servillo è impeccabile. Sicuramente un film che passerà alla storia.

Bisogna vederlo e basta.

Invia una mail all'autore del commento Tempesta  @  31/05/2013 19:29:22
   8½ / 10
Finalmente un film che ti accarezza per più di 2 ore.
Attori strepitoso musiche incantevoli regia impeccabile.
Davvero s non perdere

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Ultima risposta 31/05/2013 19.49.29
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rospo10  @  31/05/2013 10:51:44
   5 / 10
Ma che bisogno c'e' di ostentare tanta bravura dal parte del regista?? andava tutto : bravi attori , ottima fotografia , ottima regia ! se l'avessero tagliato di 30/40 minuti sarebbe stato da7!

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Ultima risposta 01/06/2013 11.07.24
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paride_86  @  30/05/2013 23:51:54
   6 / 10
Ho trovato "La grande bellezza" un film né bello né brutto.
Dopo il risultato non troppo entusiasmante di "This must be the place" Sorrentino ritorna con un film più italiano, tutto rimandi alla Dolce Vita ma, stavolta, in versione trash.
Fondamentalmente il film gira a vuoto ed è più descrittivo che narrativo; ci ho trovato una sottile vena misogina - i personaggi che il protagonista umilia sono sempre donne: prima quella ricca, poi l'artista concettuale, poi la radical chic; gli unici personaggi femminili ben tollerati sono la santa e la bigotta (la Ferilli che dice "se vuoi una ******* ci sono le polacche").
Parzialmente deludente anche il reparto degli attori: se da un lato Toni Servillo gigioneggia col suo indiscutibile talento, dall'altro ci sono la Ferilli che non sa fare nemmeno la burina e Verdone che da un po' fa sempre lo stesso personaggio. Il resto sono macchiette, così come dovevano essere.
Particolarmente deludenti i titoli di coda, che sembrano rubati ad una fiction italiana di serie B. Non ho apprezzato nemmeno la scelta di alcune canzoni, come quella di Venditti.
Insomma, questo "La Grande Bellezza" è un film che ha dei momenti molto divertenti e altri molto significativi, una bella fotografia e delle idee interessanti; tuttavia non riesce a mettere a fuoco ciò che davvero intende dire, e questo è un difetto non da poco.
Non ai livelli dei primi film di Sorrentino.

manuakacoach  @  30/05/2013 23:35:05
   5½ / 10
Delusione totale. Non dico che sia privo di contenuti ma dal regista del grande This Must Be the Place mi sarei aspettato molto di più. E purtroppo questa è chiaramente la sua opera più ambiziosa. Sì, regia e fotografia ad altissimi livelli, tuttavia la perfezione tecnica non basta per nascondere una sceneggiatura pessima, fatta di dialoghi tediosi e paroloni a caso. Ma la cosa che ho trovato più insopportabile è la forzatissima, imbarazzante ironia che pervade tutta la pellicola. Il personoaggio di Jep, nonostante l'indiscussa bravura di Servillo, è irritante non poco e privo del sottile fascino che avrebbe dovuto avere. Due ore e mezza di noia totale e scenette inutili con intermezzi grotteschi in stile "bizzarro = artistico".
Mi dispiace dirlo ma a mio parere il paragone con Fellini che alcuni hanno fatto proprio non regge.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  30/05/2013 22:54:03
   9½ / 10
Ci troviamo di fronte ad un oggetto tanto lucente e riflesso di vita propria da non poterlo definire subito "capolavoro" né bocciarlo mettendo le mani avanti. "La grande bellezza" è un classico già prima di uscire, a maggior ragione lo diventerà con il passare del tempo e magari, un giorno, verrà citato tra i grandi film italiani post 2000 e non sarebbe poi questa grande bestemmia.

L'ambizione di Sorrentino pare sterminata. Non ha paura di sembrare elitario, snob o arrogante infarcendo questo suo capolavoro (ehm…) di citazioni letterarie e cinematografiche. Guardate bene, osservate tra le pieghe e riflettendo su ciò che si è visto: il referente principale sembra essere Fellini come annunciato ma non la sua Dolce vita di cui, certo, "La grande bellezza" condivide l'urgenza espressiva nel mostrare la mondanità disfatta della Roma bene; piuttosto cita "Roma" di Fellini per quei flash di romanità pura caciarona e di bellezza classica che fanno capolino tra la musica tunz tunz e la volgarità quotidiana.
Altra ispirazione citata più volte durante il film è Proust: nella Recherche il protagonista rifletteva sulla sua vita mondana piena di fronzoli, ipocrisia, in cui non aveva trovato ciò che stava cercando (I Guermantes, Sodoma e Gomorra) per poi, nel tempo ritrovato, decidere di scrivere un romanzo sulla sua esperienza e sulla sua ricerca, un libro che sarà appunto la Recherche. E Jep Gambardella/Paolo Sorrentino condividono la stessa ambizione riflessa in un'operazione di rara raffinatezza tematica, ovvero passare attraverso i gironi dell'inferno di una Roma con "trenini che non vanno da nessuna parte" per scavare e trovare gemme preziose nonostante la rozzezza che li circonda e che mostrano.
Vedete quindi come si parla di un film nato per essere un monumento postumo in vita, prima di nascere, e Sorrentino che è furbo lo sa bene. Che piaccia o venga detestato, ne parleremo per molto tempo ancora e difficilmente ce ne stancheremo.
Gambardella (un Servillo che è semplicemente divino) vive come i suoi conoscenti in un mondo disfatto e decadente, come una musica suonata nel vuoto. Vivono tra feste e chiacchierate spocchiose muovendosi e comportandosi come per inerzia, NON andando da nessuna parte, NON appagandosi, tra miti di un passato che lapidario non si decide di morire (il Martini, una gigantesca Serena Grandi che pare la pùttana matrona di "Roma" di Fellini).
Non è la pigrizia ad impedire a Jep di scrivere un altro romanzo dopo l'unico scritto in gioventù, "L'apparato umano", ma unicamente il suo essere stato fagocitato dalla vacuità che lo circonda. Adorato dal suo amico Romano (Verdone quasi irriconoscibile nella mediocrità che infonde al personaggio), che capisce prima di lui di non poter andare avanti cosi, di dover scappare via. Andrà via anche Ramona (Ferilli raramente cosi brava) mentre l'universo continua a muoversi sempre uguale a sé stesso attorno a Jep, scintillante e artificioso, mondanità di ruderi tra gli altri ruderi monumenti di Roma.
Sorrentino ha la capacità straordinaria di rendere il mondo della città un unicuum, esplora ogni anfratto come al microscopio e non sembrano esserci per gli spettatori zone d'ombra bensì solo spazi aperti al suo sguardo illimitato; apre le porte di palazzi principeschi e come Pratt con Corto Maltese ci porta in posti che forse solo i romani (veneziani) conoscono, in storie cristallizzate che di tanto in tanto possono frequentare quando sono stanchi di ciò che li circonda (Corte Sconta detta Arcana). I soffitti possono diventare onde azzurre e mari, un trucco come quello usato da Otto Marvuglia ne "La grande magia" di Eduardo De Filippo. Ma lì il trucco era una semplice ciarlataneria, qui le giraffe spariscono e anche se il trucco c'è… non sappiamo che fine hanno fatto.
Le piccole cose e brevi attimi in cui una certa purezza sembra risvegliarsi ci salveranno, il messaggio è semplice come i costumi di una suora in odore di santità.
Sorrentino getta via l'umiltà in un mare sconfinato di ambizione che alcuni ameranno, altri detesteranno. In un mondo cinematografico sempre più morto, l'umiltà è un peccato mortale, Sorrentino manna dal cielo.

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Ultima risposta 07/06/2013 20.04.36
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diabolique1984  @  30/05/2013 11:48:43
   5½ / 10
mi collego ad altri commenti sul 6 e mezzo.

il messaggio arriva: racconta il nulla, la superficialità alla quale il mondo ormai pone tutta l'attenzione, nascondendo valori, sentimenti, emozioni..trascurandoli.

a parte questo bel messaggio, a parte Roma alle 6 di mattina (unico orario in cui la si può raccontare cosi bella e calma, in totale contraddizione di come è realmente tutto il resto della giornata; lo dico da romano), il film è LENTO, alcune cose non (mi) tornano, vedi spoiler, e non merita, per me, nemmeno la sufficienza (pur avvicinandosi, non c'è dubbio)

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Invia una mail all'autore del commento RubensB  @  30/05/2013 09:58:22
   6½ / 10
Sorrentino merita di esplorare le vie dell'arte. In questo film vuole raccontare il nulla, anzi la vacuità e ci riesce, ma questa grande(e vuota) bellezza non riesce anche ad "intrattenere".
Piccole trame si intrecciano e si disperdono. Volutamente(credo) inconcludente, metafora del nostro vivere.

gringo80pt  @  29/05/2013 11:06:29
   6½ / 10
I primi 10 minuti trasferiscono grande perplessità verso il potenziale andamento della trama: scene, che oltre ad essere confuse, si rivelano stucchevoli (minestrone continuo di immagini). Successivaemente si entra in un racconto lineare, ma che a tratti assopisce inevitabilmente (film troppo lungo).
Se non fosse per l'eleganza della città eterna e per Toni Servillo (anche se a tratti il suo personaggio si presenta alquanto irritante), questo film sarebbe insufficiente.

SOPRAVVALUTATO

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  28/05/2013 16:41:19
   6 / 10
Capolavoro artistico o insopportabile prova di narcisismo d'autore? Un film davvero difficile da giudicare, diciamo che se fosse americano sarebbe un poco il Cosmopolis della situazione. Ma non ho alcun problema a dire che nonostante un certo fascino decadente che emana, trovo che La grande bellezza sia un film non riuscito, a tratti irritante, artificioso, tedioso come una mazza di ferro che batte sui testicoli insomma il classico gatto che si morde la proverbiale coda. Fotografato splendidamente - cfr. la Roma sinistra e allucinata del film è di per sè indimenticabile - ma eccentrico campionario di metafore che dovrebbero essere profonde e sembrano un bignami dei più vuoti rotocalchi, ben diverso dal diventare - come vorrebbe - l'8 e mezzo del Duemila. Un film che si perde tra effimeri contrasti, ora risaputi ora blandamente intellettuali, come a certificare lo sfottò di una generazione di sopravvissuti di una fase culturale allo sbando (avvincente, in questo senso, anche se fuori contesto, il personaggio di Verdone) che già di per sè è anacronistico di suo, perchè è una realtà di cui sappiamo già tutto. Con una strizzata d'occhio alla crisi di Cinecittà e un'altra (vedi l'iniziale scena rave da guinness dei primati) a Che la festa cominci di Ammaniti, si avventura via via verso i concetti di vita, di morte, di nostalgia e rimpianto, echi Proustiani e girandole (ovviamente) Felliniane (piani-sequenza compresi) fino a deturpare il magma cattolico del manifesto "Fellini-Roma" e condurlo nelle spoglie dissacranti ed eretiche di un Bunuel. A volte un montaggio tanto eccentrico fa dubitare realmente sulle intenzioni dell'operazione, e i continui rimandi a una società di nullità retrive (anche queste destinate già, e il regista sembra non essersene accorto, alla rimozione del tempo) e una borghesia decaduta non aggiungono molto. E' vero che la critica di Sorrentino non è la tv, ma in realtà lo è: qui funziona l'emblema di una Grande Assente che imprevedibilmente è più presente che mai nell'aria.
Bene, anzi no. Servillo ottimo attore ma riproporlo come Icona filosofica di una società alla deriva diventa - con tutto il rispetto - deprimente. Verdone eccelso come al solìto - con reminescenze del Baggini-Tognazzi di Pietrangeli -ma con la fastidiosa sensazione di un cineasta che ha dovuto liberarlo dai suoi clichè - manovrina à la Pasolini vs Totò per certi versi.
E in questo scenario di Roma bruciata più dello stesso Nerone ci tocca pure ascoltare e vedere l'Antonello(ne) nazional-popolare, ossessione proprio di Verdone e di tanti aficionados del Lungotevere... E tra pantonime che vorrebbero illuminarci sulla coscienza (odioso davvero il monologo di Servillo per i funerali di un giovane suicida!) e fallimenti che sembrano così falsi, Sorrentino estrae dal cappello due momenti di grande cinema, quello del Lifting improvvisato come un salto nel vuoto e nel tempo di un girone Zavattiniano, e la mostra fotografica di un'uomo ritratto da cucciolo in ogni giorno della sua antica infanzia.
E la Roma di Sorrentino, come luogo ideale dove ritrovare il senso enorme di una cultura a tutti i costi, si prosta in tutto il film tanto incantevole nella sua presunzione, ma inaffidabile quanto basta per farsi largo come opera d'arte fine a se stessa. Massima stima e inequivocabile noia, per quel 6 politico che ammira l'impeccabile esibizione di tanto artistico, evanescente, Vuoto.

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Ultima risposta 04/06/2013 11.27.30
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  28/05/2013 15:23:39
   8 / 10
La grande bellezza del Nulla. Il decadentismo ostentato fino al kitsch è un ritratto aggiornato della Dolce vita felliniana, come felliniana è il ritratto di una città, Roma e di una nazione l'Italia che ostenta il proprio Nulla. Ma c'é anche la disillusione e il cinismo dello Scola della Terrazza, come nella terrazza di Jep si consumano feste mentre il Titanic affonda.
Come diceva saggiamente Montanelli l'italiano dimentica il suo passato (la grande bellezza storica rinchiusa in musei e palazzi irrealmente deserti), vive continuamente nel presente, non ha una prospettiva di futuro.
Jep Gambardella ci conduce come virgilio in questo inferno grottesco, ci documenta dall'alto del suo sguardo un processo che sembra irreversibile, se non si torna alle proprie radici, a ricordare il proprio passato.
L'epilogo non sarà probabilmente una soluzione originale, ma è funzionale al percorso di Sorrentino.
Detto questo non è il suo miglior film (il Divo è di un altro livello), i personaggi sono ben delineati ma qualche momento i suoi ritratti sono come soffocati dalla sua stessa grandezza visiva, tanto da far perderne la consistenza del contenuto.
Uno sguardo dall'alto complementare in un certo senso allo sguardo più dal basso e popolare del Reality di Garrone. Teniamoceli veramente stretti questi due registi, di questi tempi...

ilgiusto  @  28/05/2013 10:19:55
   7 / 10
Tenterò di essere sintetico.
Mi è piaciuto ma non ritengo che sia un capolavoro perchè, soprattutto nell'ultima parte, Il film esonda, trabocca, esagera nel suo voler affrontare (sfiorare) a modo suo qualunque realtà. Secondo me Sorrentino si è fatto prendere dall'ambizione e l'opera gli è sfuggita di mano perdendo spontaneità.
Inoltre l'ho trovato un po' troppo 'piagnone' all'Italiana, non che sia un vero difetto ma l'atteggiamento passivo e perennemente rivolto al passato di Jep, per quanto affascinante, ritengo sia un modello superato.
Ad ogni modo il film è di qualità, i dialoghi sono schietti e interessanti, le situazioni pure e l'aggettivo che, a mio avviso, meglio lo qualifica è 'memorabile', nel senso che resta impresso e lascia un segno nello spettatore. Il che è assolutamente un punto a favore.
Buon film, anche colto, anche citazionista (indubbiamente Felliniano ma non sto a sprecarmi in paragoni già fatti o confronti inutili), che non consiglio a tutti indistintamente (molti poi mi odierebbero...) ma merita di essere visto. Però mi raccomando: "Non prendetelo troppo sul serio".

1 risposta al commento
Ultima risposta 30/05/2013 15.25.52
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FIO__93  @  28/05/2013 09:57:32
   9½ / 10
Che dire, il punto più alto del cinema di Sorrentino a mio parere. Movimenti di macchina incredibili, grande fotografia e rigorosità stilistica. Queste sono solo poche delle cose che rendono "La Grande Bellezza" un capolovoro. Il film scorre su aurea quasi felliniana e le citazioni ad Amarcord sono più che chiare a mio parere. Un Toni Servillo al top, caratterizzato al massimo, sempre al centro dell'attenzione. Dialoghi superbi che mischiano ironia,crudeltà e includono una lieve ed amara critica alla società moderna, la religione,alla politica.
Dobbiamo rendere grazie a Paolo Sorrentino se il cinema italiano è ancora vivo, anzi vivissimo. Era da tanto tempo che non uscivo dalla sala così soddisfatto.

claudio54  @  28/05/2013 08:48:15
   9½ / 10
vado di corsa e sarò sintetico: un film grandioso. Sorrentino può essere considerato il Fellini di oggi.

deliver  @  28/05/2013 01:20:15
   7 / 10
Diciamo che è un film riuscito a metà.
Non si discute sul gusto visivo di Sorrentino: belle e colorate le immagini, ma soprattutto l'idea di creare dei contrasti e di unire sacro e profano, intimità e volgarità, fame di vita e decadenza, morte.
Toni Servillo gigioneggia, e il film poggia in gran parte sulle sue spalle. Gli altri personaggi sembrano essere un flatus vocis (ma forse è un effetto voluto dal regista). Insomma, senza andare per le lunghe: una pellicola ricca di suggestioni, riflessioni e intelligenza. Ma nello stesso tempo troppo "stilizzata", tendente all'autocompiacimento, fino ad un finale che avrebbe dovuto essere più abrasivo e che invece appare implausibilmente appagante.
Non male, per carità, ma si poteva arrivare ad un risultato meno barocco e più incisivo.

The Legend  @  27/05/2013 23:41:18
   1 / 10
Paolo Sorrentino tradisce per la seconda volta i propri spettatori, sfornando dopo l'atroce This must be the place un altro mattone pesantissimo da digerire.

Dopo aver visto La Grande Bellezza mi sono sentito come se mi avessero dato un pugno nello stomaco, ma con una tale violenza da farmi perdere completamente i sensi. Lunghissimo e noiosissimo, i due (giusti) aggettivi con cui ho sentito un signore etichettare questo film ignobile ai bagni del Bicocca Village, qui a Milano.

E questa volta – ed è la prima – nemmeno la presenza di Toni Servillo riesce a nobilitare questo vergognoso ammasso di immagini senza senso, che ben si riassume nella scena cult che vede protagonisti, sdraiati sul letto, proprio Toni Servillo e la ancora belissima Sabrina Ferrilli :

- Ma lo vedi, il mare ?
- E dove lo dovrei vedere ?
- Su, sul soffitto…
- Ah sì, ora lo vedo.

Solo per questa scena il regista meriterebbe di essere internato a vita in qualche ospedale psichiatrico.

Ma ritirati, per favore. Fallo per te stesso e per chi, ancora, ti vuole bene.

27 risposte al commento
Ultima risposta 09/06/2013 14.28.15
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento williamdollace  @  27/05/2013 23:28:15
   9 / 10
"Ci si trascina di notte per le vie e si parla tra sé. Il dialogo alligna di giorno e risuona dei suoi traffici ignobili. Di notte si monologa. Come dei re" Manlio Sgalambro, Del pensare breve, 1991

Fra personaggi come piccoli monumenti a se stessi Jep Gambardella cammina come Il Divo tornando di notte a calpestare gli affluenti più deserti della Città o il fianco di un Tevere riappacificato con i ponti che lo attraversano.

E proprio in questo, Roma sta alla Grande Bellezza di Paolo Sorrentino come New York sta a Shame di Steve McQueen.

Nella miseria come costante, la bellezza è un disperso e improvviso stupore protetto da una metropoli insonne, che osserva distante il vuoto costante riempito dalle marionette che le brulicano ai piedi, mentre tiene i suoi segreti secolari e la sua grande bellezza sotto la chiave dell'affidabilità o dietro la maschera della fede.

E nel mezzo, sotto una coltre di miseria, vediamo sedimenti che non si sono mai calcificati del tutto come i ricordi di una gioventù sotto lucchetto che muore, tranne che nei ricordi, assediati dall'assordante e costante Rumore del nulla prodotto dai manichini decapitati.

In questo vortice infernale, a feste attraversate da trenini che non vanno da nessuna parte di Nobili e culi a noleggio si contrappongono anfratti da ascoltare fino all'alba sotto lo sguardo surreale di una giraffa magica o davanti ad affascinanti fenicotteri al tramonto.

Nella rincorsa contro la paura si corre restando immobili, si nuota restando sul posto in un fazzoletto di piscina, senza mai raggiungere la sponda.

Decadenza, Fallimento, Silenzio.

La via della grazia è la prima pagina di un romanzo che sta per iniziare. Dalle radici.

Invia una mail all'autore del commento tnx_hitman  @  27/05/2013 20:15:47
   8 / 10
Sorrentino ci narra la sua discesa in vortici viziosi di una carrellata di personaggi falliti,in preda all'ingordigia attorno a ideali quali fama e danaro.
Viene fuori un chiaro gioco di contrapposizioni,ci facciamo abbindolare dalla parte bianca e la parte nera di quella che sembra una piece teatrale.
Il sacro e il profano messi a confronto in una citta'fantasma,con il giusto apporto musicale che dona alla narrazione un qualcosa di magico ma al contempo spettrale.
Il reparto scenografico che si mette a nudo e si mostra in tutta la sua magnificenza,si mette a disposizione per il regista per il gioco di dualismo,con la movida notturna patria di personaggi inconsistenti,che navigano nel vuoto in cerca di appoggi morali sostanziali in un mondo di efferato menefreghismo e materialita'...e la Roma vista nel pieno mattino,come un rifugio per il protagonista Jep Gambardella(interpretato da un Toni Servillo in palla con una mimica facciale invidiabile),che si gode le lunghe passeggiate,i silenzi dell'anima,la calma prima della tempesta(il tutto arricchiato da un taglio decisamente straniante di Sorrentino,con campi lunghissimi e quadri in movimento).

Poi quando cala la notte,il giornalista diviene sovrano di un regno animale,il capo-branco in cima ad una"catena alimentare"di menzonieri,vip e dei peggiori rappresentati di una italia odierna allo sbando.

La morale?Non vi e' morale in tutto questo.La caratterizzazione degli interpreti a cui noi veniamo incontro si rispecchia con un nulla concreto che percepiamo da inizio a fine pellicola.
La Grande Bellezza e' l'equivalente del Grande Nulla.Il titolo per quanto mi riguarda ci gioca sopra alle parole scelte per definire il film di Sorrentino.Nessuno vale in una citta'che di bellezza visiva ne ha tanta.

Non sara' di certo un capolavoro assoluto,pero' e' un raro caso cinematografico italiano(rispetto a quello che ci viene propinato oggigiorno con le commediole da quattro soldi,vedasi Pazze Di Me,Ci Vuole Un Gran FIsico,Ci Vediamo Domani,Benvenuto Presidente,Bianca Come Il Latte Rossa Come Il Sangue...)che vale la pena gustarsi al cinema.

Almeno un Premio Della Giuria a Cannes se lo poteva portare a casa il nostro Paolino nazionale..ma questo e' un altro discorso.

Recensione dal vostro tnx di fiducia.

valis  @  27/05/2013 19:52:48
   7½ / 10
opera meno riuscita di Sorrentino, dopo quattro capolavori come l'uomo in più, le conseguenze dell'amore, l'amico di famiglia e l'immenso divo e un film meno riuscito come this must be the place, arriva la grande bellezza.
La pellicola risente pesantemente della dolce vita di Fellini, tanto ve ne sono tantissime citazioni, ma qui sorgono i problemi. Ad un certo punto Servillo invita la Ferilli a vedere un mostro marino, evidente richiamo alla conclusione della dolce vita, mentre il regista inquadra il volto dell'attrice, come l'agnizione della morte. Da qui inizia un nuovo film, che vira verso il mistico, abbandonando il nichilismo delle due ore precedenti per cullarsi in una speranza di redenzione o resurrezione.
Mentre la dolce vita risulta coerente fino alla fine senza speranza alcuna, una caduta agli inferi del protagonista Rubini, annunciata dalla morte di Steiner, qui Sorrentino fa riferimento alla nostalgia, come strumento per riscattare il presente.
Nelle intenzioni il film doveva essere una rappresentazione del niente, tanto è vero che Flaubert viene citato ben due volte, però l'opera qui risulta incostante, non riuscendo a superare l'aporia strutturale tra nichilismo e pienezza insita nella sceneggiatura.
Ciò non toglie che dal punto di vista formale il film risulti perfetto, rappresentando in maniera realistica la decadenza e la putrescenza di una società italiana arrivata oramai al collasso, di cui le scene delle feste sono una riproduzione plastica.

Gruppo REDAZIONE VincentVega1  @  27/05/2013 11:44:05
   9 / 10
"La grande bellezza" inizia con una citazione del capolavoro letterario di Céline: "Viaggio al termine della notte". E proprio come il romanzo seguiva i passi, i luoghi e gli incontri di Bardamu, finto protagonista di un'opera dove il vero protagonista era l'Uomo, anche Jep Gambardella, attraverso iperboli cinematografiche, ha a che fare con la decadenza dell'apparato umano.
Jep è il Virgilio che ci mostra gli inferi attraverso i suoi abitanti; egli non necessita di alcuna evoluzione psicologica, tantomeno di alcuna presa di coscienza verso una vita sprecata; egli, alla fine del suo viaggio (un viaggio senza capo né coda), non avrà fatto altro che renderci consapevoli di ciò che siamo, diversi ma tutti uguali al cospetto del fallimento e della morte. Ovviamente lungi da me paragonare il film ai due capolavori senza tempo sopracitati, parliamo di ambiti e ambizioni completamente differenti.

"La grande bellezza" dunque si avvicina più alla letteratura che al cinema, e così come nessuno aveva criticato Dante per non aver approfondito abbastanza i personaggi di Paolo e Francesca, del Farinata degli Umberti, di Pier della Vigna ecc ecc e così come nessuno aveva criticato Céline per la mancanza di una struttura narrativa nei suoi racconti, nessuno deve rompere i coioni a Sorrentino per la vacuità dei suoi personaggi e per una sceneggiatura non convenzionale. D'altronde il cinema è ricco di sfaccettature, dove quella più importante rimane sempre la descrizione delle emozioni. E in questo film vive di emozioni, ossimori in contrasto con il nichilismo e la grande bruttezza del contemporaneo.

Lo stile registico si confà perfettamente con i lustrini, gli abiti sgargianti, la lussuria e l'inutilità di cui si nutrono i protagonisti del film. E' un corpo plasmato ad arte su un mondo ricco di nulla e povero di tutto.

Ovviamente il film può pure fare schifo, d'altronde ognuno segue le proprie esigenze, ma ha comunque il merito di resuscitare utenti con una gran voglia di andare a vedere un film per spùttanarlo. Ed è anche questa la grandissima potenza del cinema, se no che gusto c'è?

Io ne sono rimasto rapito, proprio come Jep davanti alle foto di un uomo comune che ha voluto lasciare qualcosa aspettando la morte.

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Caio  @  27/05/2013 10:18:51
   10 / 10
La Grande Bellezza è la storia di un Imperatore di Roma, e del suo Impero in decadenza.
Roma, sublime teatro di una tragedia che si consuma ogni notte. Quella di una civiltà costretta a vivere sulle rovine del proprio Cimitero, un magnifico Tempio a ricordarci il fallimento della bellezza terrestre. Le spoglie immortali di un Impero caduto sono lì a testimoniare l'ineluttabilità di ogni cosa; ruderi e colonne del foro, destinate ormai a sorreggere il peso della volta celeste. Sgorghi a fiumi il vino, e non si fermino le danze sotto la luna per i patrizi di Roma. Che l'opulenza trionfi, dinanzi a tutta questa bellezza. Poco importa, che il sangue degli innocenti venga sacrificato in suo nome. La bellezza è un atto di mortificazione verso un Dio superbo e vanitoso, il grido di un'anima innocente violentata che riversa il suo tormento su una tela bianca. Creature esotiche, seducete il pubblico del Colosseo con il vostro piumaggio rosa, con la vostra mimesi del Creato. L'ultima concubina di Roma, serva del popolo, prende il suo posto tra gli esteti, e in un dolce sospiro muore. Sì, perché ci si può struggere fino a morire, dinanzi a tutta questa bellezza. Si può perdere sé stessi, cercando di afferrare l'inafferrabile. Perché ogni pietra di Roma tende al Divino, senza mai raggiungerlo davvero. E' un oppio Proustiano che rimanda ad un passato lontano che non ti appartiene davvero, eterno ma effimero come un soffio di vento. E' solo il Mistero delle cose, ricercabile nell'intimità delle proprie radici. E' il ricordo più bello, quello che nessun artista potrà mai scolpire nelle pietra, e nessun poeta potrà mai tradurre in versi. Quel vuoto incolmabile o colmo di compassione che si consuma nell'anima.

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shock1  @  27/05/2013 09:45:14
   4½ / 10
La grande pesantezza. Ambientazioni magiche e la solita impeccabile interpretazione di Servillo non compensano una trama vuota di significato. Personaggi che non hanno nulla da dire, che sembrano intraprendere un percorso di maturità che invece non porta da nessuna parte. Inconcludente.

ughetto  @  27/05/2013 08:32:40
   4 / 10
Contiene Molti Spoiler
-se non prendi sul serio Porust allora chi puoi prendere sul serio-
-sai perché mangio solo radici? perché la radici sono importanti-
-Flaubert voleva fare un romanzo sul nulla, se avesse fatto un libro su di te ci sarebbe riuscito-
-devo farti vedere una cosa...-
-La povertà non si racconta ma si vive-

Se prendi gli status di Facebook delle cinquanta persone più suggestionabili (per essere gentili) che conosci e le metti tutte insieme a caso, comunque non riusciresti ad ottenere una sceneggiatura di tale bruttezza e non senso.
Si naviga a vista nella banalità e nell'orrore, in questo pessimo film. Mi sono chiesto che cosa possa spingere un uomo fino a questo punto, ma la risposta -ahimè- credo di averla trovata: una smodata ambizione. La Nemesi giunge però crudele per il Moccia degli intellettuali. Bella la fotografia, belli i vestiti di lui. Un applauso anche alla giraffa digitale. Che acuta sottile e per niente scontata allegoria della contemporaneità.

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Lucignolo90  @  27/05/2013 01:39:37
   7 / 10
Non mi ha convinto del tutto, anzi mi è parso abbastanza vago il film, piuttosto schematico e uno sceneggiatura senza un vero capo ne una coda, più al servizio dell'estro di Sorrentino che allo spettatore, da salvare invece gli splendidi scorci visivi di Roma dall'alto delle terrazze borghesi, sempre una delle più belle città al mondo....e un Toni Servillo gigantesco, a perfetto agio nel suo ruolo simil-Mastorianni felliniano.....tirando le somme non sò se è più fiacco anche di this must be the place...forse no, ma non è un grandissimo passo in avanti e cmq il miglior Sorrentino è altro

Niko.g  @  27/05/2013 00:31:19
   5 / 10
La grande tristezza.
Era questa l'aria che si respirava in sala, al termine della proiezione. Con l'impressione di essere stati beffati da un regista esperto di zoom, carrelli e dolly e molto meno di sceneggiature.
E' bene chiarire subito una cosa. Avete presente "La dolce vita" di Fellini? "Non esiste nessuna relazione tra i due film".
Bravo Sorrentino, era proprio ciò che stavo per dire.
Tra virtuosismi estetici vari e una discutibile fotografia da catalogo viaggi-vacanze, il regista (e purtroppo scrittore) si rifugia nelle rassicuranti citazioni letterarie che non possono riempire il vuoto lasciato da dialoghi scadenti.
I personaggi che vengono rappresentati, sono deformati o appena abbozzati e questo li rende lontani e inconsistenti (Ferilli, Verdone).
"La grande bellezza", oltre a mostrare cadute di stile (vedi la volgarissima presenza di marche di alcolici), è un film a cui manca la profondità dei contenuti e dei caratteri, la spontaneità dei dialoghi, il sussulto delle emozioni, la speranza che fa da contrappeso alla disperazione. Tutto viene appiattito dal nichilismo ora snob, ora apatico di Jep Gambardella, un uomo col futuro alle spalle.

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JOKER1926  @  26/05/2013 23:59:59
   6 / 10
"La grande bellezza" di Sorrentino pone al proprio io uno scopo prefissato; il viaggio intrapreso da parte della regia italiana converge nel concetto delle ambizioni che, purtroppo, ricadono in altre linee, ovvero nelle linee della presunzione.
Il film si imbottisce di simboli e pretende di farsi etichettare come gemma solenne della cinematografia odierna italiana e non. Dal titolo "D'Annunziano" alla resa scenica che strizza l'occhio alle baldorie "felliniane", "La grande bellezza" non sa dove andare a parare.
Il tutto è incentrato su una confezione tecnica importantissima, dagli attori alle musiche, evidenziando le scenografie di una Roma notturna in un lavoro di inquadrature eccezionali. Sorrentino, costantemente, si adopera per proporre al pubblico la fatidica inquadratura assoluta ove il personaggio spadroneggia sullo scenario incantato (un po' come nei vecchi western); fin qui il programma sembra dei migliori ma i guai sono dietro l'angolo.

Appurata la grande e plateale corteccia scenica con "La grande bellezza" viene a mancare la narrativa; ovvero oltre la sceneggiatura, enfatica e improbabile, manca quel preziosissimo filo logico/narrativo che deve guidare i personaggi, e dunque il pubblico, ad un acme di storia che latita in modo altamente vergognoso. Insomma l'icona (unica e vera) del film è quella di Jep Gambardella, (interpretato poi da un munifico Toni Servillo) un giornalista di evidentissime origini napoletane intelaiato nei circuiti della bella vita romana. La sceneggiatura dunque richiama ad alta voce la vita di un uomo bravo ed intelligente ma troppo ozioso e "distratto" da un qualcosa (la movida della notte) di fatale.
Il plot, insomma, già lascia interdetti i critici, cioè ci sarà uno sviluppo serio?
La domanda trova risposta amara. "La grande bellezza" difatti si schianta ben presto su un muro invalicabile e le sequenze iniziano a soffrire di una oggettiva ripetitività contenutistica, alle volte fin troppo nauseanti per via della famigerata cristallizzazione scenica, troppo sopra le righe.
Razionalizzando oltre modo il copione c'è da aggiungere che il meglio il film lo offre nella prima parte, nella seconda i ritmi calano pure e si mescola (in modo inopportuno) sacro e profano, la pellicola diventa quasi un "cinepanettone".

La cosa più complessa da analizzare risiede nella sfera ignobile degli apprezzamenti creatasi intorno ad un prodotto banale e pretenzioso, con tutto il patriottismo del caso, nonostante la firma italiana di un film che viene visto anche all'estero, le bocciature sono un dovere.

JOKER1926

gandyovo  @  26/05/2013 20:25:26
   8½ / 10
temevo dopo l'ultimo film americano di aver "perso" Sorrentino e sono andato al cinema con grandi aspettative che non sono state deluse. A me il film è sembrato davvero molto bello. E' vero che la sceneggiatura lascia un po' a desiderare ma l'incipit della pellicola è sublime, tecnicamente la regia e la fotografia sono eccezionali. Le parti surreali non fini a se stesse. Il film fa in modo che ci si ponga delle domande ma per come la vedo io, non ti suggerisce alcuna risposta e ovviamente è un pregio. Ben tornato sorrentino.

andreadf2012  @  26/05/2013 18:54:28
   5 / 10
ecco un altro film sopravvalutato. scommetto che chi ha messo un voto alto a questa mediocre pellicola sono gli stessi che hanno dato un 8 o 9 (o addirittura 10, roba da ambulanza...) al grande gatsby. film lento, parodia di cosa qualcuno me lo deve spiegare (roma non è certo cosi). ma anche se fosse sarebbe la messa in scena di qualcosa di talmente malinconico e triste che verrebbe voglia da ammazzarsi prima di raggiungere quell'età. film privo di acuti, con qualche battutina simpatica, che svetta tra il nulla assoluto e che quindi, per quello, raccoglie più consenso e forzate risate di quanto effettivamente dovuto. ma che parametri avete voi che mettete 9 o 10 ad un film del genere? e ai grandi capolavori che cosa mettete? o - rabbrividisco - giudicate questo filmetto un capolavoro???

gianni1969  @  26/05/2013 13:00:25
   9 / 10
sorrentino si conferma di gran lunga il miglior autore italiano,sia per continuita',sia per qualita'. davvero molto bello questo prodotto,una sorta di dolce vita mezzo secolo piu' tardi,con un sempre super tony servillo

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR kubrickforever  @  26/05/2013 12:51:18
   9 / 10
Alcuni film nascono per il pubblico mentre altri no. Appartengono al secondo caso molti lavori di Fellini, Lynch, Malick e così è anche il caso de La Grande Bellezza di Sorrentino. Come per The Three of Life o 2001 non si può e non si deve cercare un filo logico a tutto, ma bisogna lasciarsi trasportare dallo spettacolo visivo che poi è il fulcro de la Grande Bellezza. Tutto meraviglioso? Personalmente ritengo di si, incluso il didietro della Ferilli.

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Ultima risposta 26/05/2013 12.52.56
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Invia una mail all'autore del commento franx  @  26/05/2013 08:55:40
   6½ / 10
Non è che sia tutta questa grande bellezza.
La "presentazione" da Fazio che ormai s'è ridotto un salotto di marketing ne aveva descritto il capolavoro dei capolavori con una Ferilli stratosferica. Beh la Ferilli fa l'unica cosa che è capace di fare, spogliarsi alla romana. Il ruolo drammatico proprio non gli si attaglia, soprattutto con quegli zigomi, ormai sembra un paracarro. S****ti, sfigati, solo sfigati e casi umani, gente ricca, annoiata, fortunata, che ormai non sa più dove sbattere la testa. Visto che il tema, quindi, non è una novità, sono andato al cinema per vedere com'era reso. Non è convincente, alcuni attimi magnificamente surreali si mescolano ad un realismo quasi becero e volgare che mi provoca in testa la solita insalata. Che film sto guardando? AMERICA OGGI o l' UOMO IN PIU'? L'apparizione della santa riporta a quella tensione di Sorrentino verso il mistico, il miracolo, ciò che non si può spiegare, l'invisibile, ma non mi convince. Verdone non c'è, insomma, è sempre lui. Il grande Herlitzka (Moro) cardinale interessato di cucina, anche, buttato lì. Un minestrone, proprio un minestrone. Secondo me portato in TV è ancora peggio. Per inciso la scena iniziale del cinese è meglio come l'ha raccontata Verdone presentando il film (sempre da Fazio) che questa qui.

forzalube  @  26/05/2013 03:57:21
   7 / 10
Affascinante e di ottima fattura, ma non mi ha convinto del tutto. Ho come l'impressione che, come i personaggi che vengono messi in scena, il film non avesse molto da dire e finisca per essere una confezione un po' vuota.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Pastakira  @  26/05/2013 02:37:27
   10 / 10
Una grande bellezza

exdinu  @  26/05/2013 02:06:41
   6 / 10
Ottima la fotografia in questa copia non bellissima de La Dolce Vita, ma il film di per sè ha qualcosa di annoiante (forse eccessivamente lungo) poi la caricatura di Madre Teresa!.....

Tautotes  @  25/05/2013 20:55:06
   9 / 10
Siamo di fronte ad un prodotto cinematografico di notevole fattura. Un film che non lascia indifferenti, nel suo esplicitare la contraddizione devadente dei nostri tempi.

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Ultima risposta 25/05/2013 20.56.57
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Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  25/05/2013 12:28:55
   10 / 10
Riformulo continuamente, da ieri sera a questa parte, l'incipit di un qualsiasi commento su questo film. Che sia un commento tecnico, che sia immediato, non so davvero da che parte iniziare. Forse perché è lo stesso film a non iniziare, e a non finire mai. Forse nemmeno a svolgersi. Un non-film. Come non-uomini e non-donne sono le persone che abitano questa storia. Entriamo in case e palazzi, giriamo a fianco dei protagonisti, conosciamo milioni di volti, di espressioni, di facce che traspirano sfaccettature di espressioni ambigue e per la maggiore rassegnate, si ha l'impressione di essere entrati in un mondo troppo vero e troppo falso allo stesso tempo. Si potrebbe forse dire che Sorrentino voglia fare più che un film sul niente, un film sulla vita vera e reale. Quella che il cinema non potrà mai raffigurare. Quella che fuggiamo proprio nelle pile di romanzi, di relazioni che Jep si porta dietro e dentro. Siamo ripiombati in un Medioevo stanco e ossessivo, non creiamo nulla di valore, non siamo che spiriti senza spiritualità. I trenini sono danze macabre, il sorriso di Jep è il sorriso sarcastico della Morte, diffuso e mai estirpato a partire dalla Grande Peste del XIV secolo. La Morte ci mostra la vita di oggi nella città più immobile e senza tempo del mondo, la città in cui morire (come racconta un passante di "Roma", il documentario di Federico), la città in cui non passa mai la storia, e al contempo ci passa tutta. La morte si posa accanto a ogni persona, alcune le risparmia, altre sono addirittura più forti di lei, vivono al piano di sopra, latitano dalla morte, si vestono meglio, e mandano avanti il mondo nella sua ascesa all'immortalità. I bambini le stanno sotto, ma è la stessa cosa, le sfuggono perché per loro è "nessuno". La morte cammina incessantemente per le vie, osserva e colpisce. La morte non tocca che gli uomini. Gli animali, che come noi hanno un nome e si ritrovano a casa di Jep, migrano, se ne vanno, escono dallo spettro del sensibile, determinato unicamente dal fare parte della mondanità, dal fare parte di Roma. Alcuni animali spariscono nel nulla. Romano (Verdone) non muore, ma se ne va da Roma ed è come se morisse. La morte contempla navi ribaltate, artisti incomprensibili, la bellezza delle sculture lasciata in eredità alle epoche successive, che lei può osservare nel momento della loro non-esistenza, la notte, quando nessuno, i turisti e i romani, nessun altro può. Al tavolo della morte, nella sua casa, si ritrovano tutti, i più alti prelati, i puttanieri comuni, le sante che vivono di radici e povertà. La morte è la perdita, il tragitto instancabile della nostalgia (su di un traghetto, in un luogo naturale senza le vie ben segnalate con nomi di uomini e cose del mondo), la delusione del posto in cui viviamo e in cui abbiamo amato, è il ricordo del volto di una donna, è un diario irrecuperabile pieno di verità, è l'impossibilità di poter perdere tempo in futilità.
Spesso si racconta di un film ciò che abbiamo sentito, come eravamo quando siamo usciti dalla sala o quando abbiamo spento il film nel conforto della nostra casa, dei compagni che ne hanno condiviso la visione. Io so che vedere "La grande bellezza" è come aver letto una poesia, aver ascoltato un canto antico e struggente, aver parlato a lungo con un amico molto triste.

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Ultima risposta 02/06/2013 09.09.13
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vittorioM90  @  25/05/2013 10:55:50
   9 / 10
Visto ieri sera al cinema... SPLENDIDO! Raramente si ha la fortuna di vedere sul grande schermo un film di tale bellezza. Un film che sarebbe ugualmente eccezionale se lo si vedesse togliendo il volume e lasciandosi trasportare ed emozionare dalla potenza delle immagini, dai primi piani sui volti dei personaggi. Ed allo stesso modo, sarebbe meraviglioso, anche se lo si guardasse ad occhi chiusi, soltanto ascoltando i dialoghi, i monologhi del protagonista. Mettete insieme questi due elementi, immagini eccezionali e parole bellissime e viene fuori questo gioiello di film. E poi c'è il protagonista, interpretato magistralmente da Toni Servillo. Un Jep Gambardella che sembra un Marcello de La Dolce Vita invecchiato (ma a tratti ricorda anche Guido di 8 e mezzo)... ha scritto un solo romanzo, poi non ha scritto più niente perché voleva trovare la grande bellezza... E l'ha cercata per una vita intera nelle feste dell'alta borghesia, nella mondanità, riempiendosi di rughe e di una malinconia, mal celata sotto un sorriso pieno di sofferenza. Sembra quasi sul punto di arrendersi, mentre scruta con una certa pietà, commiserazione quella serie di personaggi-marionette, ben dipinti da Sorrentino, che gli si aggirano attorno. Non giudica più perché sa che quella miseria è condivisa... "SULL'ORLO DELLA DISPERAZIONE NON RESTA CHE FARCI COMPAGNIA, PRENDERCI UN PO' IN GIRO".
E poi c'è il ricordo di lei, la classica lei, la donna che ha sempre amato... Un ricordo che riaffiora sempre e fa commuovere il protagonista. E poi c'è Ramona (interpretata sorprendente bene dalla Ferilli) che con la sua "rozzaggine" sempre più vera di tanti altri. Ed il personaggio di Verdono, attore di teatro mezzo fallito, innamorato di un'attricetta spocchiosa ed antipatica che nemmeno lo considera, oppure l'editrice nana, o l'artista che 'vive di vibrazioni' ma non sa cosa significa...Sorrentino ci infila di tutto. Dalle prese di **** ad un certo tipo di chiesa, alla commiserazione per una bambina costretta dal padre a diventare un enfant prodige dell'arte contemporanea...
Ma ci sono soprattutto le immagini (in primis quella del mare sul soffitto che è qualcosa di straordinario) e le parole ("È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l'emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile.")

Poi si puo' dire che è un film pretenzioso, ricco di dialoghi vuoti (ma lì sta il senso di quei dialoghi), pieno di personaggi teatrali (ma se si considera la vita un farsa in cui tutti recitano, mi sembra il minimo) troppo figlio dei film di Fellini (ma è un male?), troppo difficile... (e vabbé, ci vuole un po' di sensibilità per vedere la triste umanità dietro le maschere ed i volti distorti dall'alcol e dalla solitudine nel mezzo di quelle feste)...
Per me, in ogni caso, è un film che un amante del cinema non dovrebbe farsi sfuggire

arturo  @  25/05/2013 07:27:53
   3 / 10
film desolatamente vuoto, senza un solo momento di verità; monumento (funebre) all'ambizione personale di un regista che umilia il suo sceneggiatore e si fa totalmente fagocitare dal suo direttore della fotografia; andrebbe fatto vedere nelle scuola di cinema per quanto è sbagliato. Il voto ovviamente è commisurato al potenziale di PS e anche alle forze messe in campo (con questi soldi se ne potevano fare 5, di bei film)

Invia una mail all'autore del commento OpheliaQueen  @  25/05/2013 03:03:31
   8 / 10
Un Sorrentino quasi "felliniano" con sarcasmo da vendere. E il gioco lo tiene di gran lunga l'eccellente Servillo lontano da tutto il resto che non solo amplifica il vuoto dei protagonisti, soggetti che interpretano semplicemente se stessi come mediocri esseri umani...ma non serviva Sorrentino a dimostrarlo...Una Ferilli imbarazzante e zotica che davvero infastidisce lo scorrere dei dialoghi.
Ironico, vero, vuoto, fotograficamente quasi perfetto. Un buon Sorrentino. Consiglio!

albio1985  @  24/05/2013 23:26:49
   6 / 10
Un grande cast (Servillo su tutti) ed una Roma fotografata meravigliosamente non bastano. Sono depresso nel constatare che il successo di "Gomorra" ha gettato Sorrentino nella schiera dei registi del "Capolavoro ad ogni costo". Ritmo e sceneggiatura non convincenti anche se la sequenza finale è molto bella. Film sicuramente non per tutti

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Ultima risposta 25/05/2013 08.24.11
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Invia una mail all'autore del commento luca986  @  24/05/2013 22:47:48
   6 / 10
Il grande vuoto sarebbe più corretto dire. Un film che vive di momenti, molto pochi per la verità, e dell'interpretazione convincente di un solo attore (le altre pessime o mediocri). Zero organicità, ma soprattutto zero sceneggiatura, come provano i fastidiosissimi dialoghi. Perché citare a casaccio Proust e Dostoevskij? Poi si sa, il regista tecnicamente ci sa fare. Per questo si arriva alla sufficienza.

CinemaD'Arte  @  24/05/2013 18:40:16
   8 / 10
C'è tanto da dire e discutere su un film la cui ambizione è ai massimi livelli, che grida da sé al capolavoro, pur non essendolo, grazie ad un regista dall'alto profilo immaginifico che mette sul piatto tanto di cui disquisire, su cui soffermarsi e che lo fa ottimamente. Partendo da una regia eccelsa fatta di tanti virtuosismi con la macchina da presa, empio di carrellate eleganti e voli pindarici che ammaliano e seducono visivamente lo spettatore, con lo sfondo di una Roma tanto bella quanto decadente. Se c'è una cosa che si può certamente imputare a Sorrentino è in qualità di sceneggiatore quando, dopo un primo tempo surrealmente ai limiti della perfezione, la storia quasi si ferma, girando sin troppo su se stessa a causa forse anche della evitabile ed estrema lunghezza della pellicola. Tralasciando i tecnicismi, il film non è altro che una disamina sulla realtà del nulla, sul riconoscimento della vacuità sui cui l'umanità si è adagiata, sulla decadenza sociale, politica, culturale che, come piaghe, mettono in ginocchio la società ed il mondo moderno. C'è chi ci vive in tutto questo nulla, come il superbo e fenomenale protagonista Toni Servillo alias Jep Gambardella, scrittore fallito a cui non resta null'altro oramai che diventare l'indiscusso Re della mondanità, dei salotti-bene, lasciandosi cullare da quel nulla travestito da qualcosa che dà senso alla propria esistenza, fin quando non ci si desta e si prende reale coscienza di quella condizione fatua e vanesia. Nessuna magia, d'altronde è tutto un trucco, come una giraffa che magicamente sparisce dinnanzi ai nostri occhi. Cosa rimane, allora, se non andare alla ricerca di quella grande bellezza a cui fa riferimento il titolo? Perché si arriva ben presto all'età in cui non c'è più tempo da perdere con cose che non si vogliono fare, sperando che non sia già troppo tardi.

FABRIT  @  24/05/2013 16:42:54
   9½ / 10
Film sublime con un Toni Servillo strepitoso.
Non è un capolavoro,dopo un primo tempo eccezionale, Sorrentino nella seconda parte si perde un po' ,anche per colpa di una sceneggiatura che gira un po' troppo a vuoto su se stessa in alcune occasioni,che peccato!
la grande bellezza è comunque una pellicola di altissimo livello,dal grande impatto visivo e dal grande impatto emotivo,piena di significati e di emozioni che vanno viste al cinema e non raccontate.

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Gruppo COLLABORATORI atticus  @  23/05/2013 19:25:48
   8 / 10
Sarebbe potuto essere un capolavoro al pari della Dolce vita di Fellini, se solo Sorrentino avesse tenuto a bada la sua strabordante arroganza registica. Inebriante, epocale, ma ondivago, fugace. Non ci sono più gli sceneggiatori di una volta (diceria), ciò non toglie che un regista debba addossarsi anche un simile incarico, peggio se il regista ha un ego estetico smisurato.
Il film possiede pagine di cinema memorabili (la visita notturna ai musei capitolini, il monologo sul funerale) ma manca di organicità. Ciò che c'è di buono, però, lo è a livelli talmente alti da giustificare termini come "sublime".
Roma è ritratta in tutte le sue sfaccettature, gli attori (mostruosi in ogni senso) ne incarnano vizi e virtù, la Ferilli è la parte volgare e tragica, Verdone quella più illusa e amara. A parte c'è Servillo, deus ex machina, una bravura impressionante al servizio di un personaggio totale.
Mastodontica la produzione (nonostante l'elemento cafonal, produce Medusa...).

Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  23/05/2013 17:04:01
   8 / 10
La grande bellezza è un film il cui incipit ti lascia senza fiato per lo stravolgente incanto, l'ingresso in scena del protagonista ti s'incolla al cervello e al cuore per mai più abbandonarli: ll'immensa espressività di Servillo non ha alcun limite.
Dunque un film che subito ti cattura completamente e ti spinge ad abbandonarti alle sequenze successive, ad assaporare con gli occhi e con le orecchie le visioni e le armonie sorrentiniane , che dall'inizio della carriera del regista, ne hanno segnato l'inconfondibile stile.
Roma più bella e più vera che mai, racchiusa tra la bellezza della sua Storia e della sua Arte e lo squallore di certa fauna umana, il cui habitat non è altro che quella mondanità grottesca già da anni denigrata nella rubrica "Cafonal" del blog di Dagostino : la fusione di raffinatezza e gusto becero scorre sotto i nostri occhi attraverso maschere, fantasmi del nulla.
Su scenari barocchi, borderline tra eleganza e Kitsch, sovrasta Jep Gambardella, magnifico personaggio delle notti romane, creatore e distruttore delle stesse, consapevole carnefice di quel mondo decadente di fine impero. Una maschera bifronte lo salva, comico e tragico si fondono, l'ironia lo guida verso la maturazione di una lucidità sempre più spietata, che lo rende desiderabile da tutti, come un saggio da consultare. Ma la propria consapevolezza, quando si ritrova solo, lo inabissa nei ricordi del passato, nei rimpianti camuffati da spietato cinismo, che però non riesce a sfuggire alla sensibilità propria del personaggio, all'accidia, causa del vuoto mediocre di cui si è circondato.
Lo sguardo di Sorrentino su Roma commuove, quell'alone crepuscolare la rende quasi irreale, un sogno surreale. Ma è uno sguardo che non si posa solo su Roma, lambisce l'etica in cui ciascuno di noi può ritrovarsi: le nostre brutture, le nostre sconfitte, soprattutto le nostre ipocrisie.
La grande bellezza è un film ambizioso e potente, non per questo perfetto. A mio parere non è il migliore del regista per certi "giri in tondo" della sceneggiatura che, a tratti, smorzano la forza del film. Tuttavia non si può fare a meno di assaporarselo ed è raro sentirsi così pienamente tronfi di suggestioni estetiche e nel contempo profondamente interiorizzati. Esperienza unica.


4 risposte al commento
Ultima risposta 11/06/2013 13.27.50
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suzuki71  @  23/05/2013 11:53:56
   8 / 10
Un Incipit maginifo, con 10 minuti senza dialoghi, solo immagini solitamente magistrali e canto idilliaco, e subito dopo il cafonal ritrovo di Roma, decadente e succube della sua promessa di una insostenibile bellezza. In questo film ho ritrovato la grandezza e i limiti di Sorrentino, che se solo avesse il coraggio e l'umiltà di limitarsi a far da regista e affidasse la sceneggiatura ad altre persone - magari all'estero, dubito che in Italia ce ne siano al'altezza della sua potenza visionaria - si potrebbe gridare di sicuro al capolavoro. Ma per me non è questo il caso, ed è un peccato, perchè la fotografia e l'eleganza delle immagini, con una macchina da presa ancor più sobria dei precedenti lavori, sono assolutamente fantastiche. Ma resta uno sviluppo incompiuto del soggetto, una scenegiatura a tratti noiosa, opaca, con un fin dei conti abbastanza banale approdo finale al "in fin dei conti la vita è solo rumore e furore", deja vu da secola se****rum. Persono Servillo non mi è sembrato perfetto, con un personaggio a tratti eccessivamente macchiettistico, abbastanza piatto dal principio alla fine (il suo dramma interiore, il suo sviluppo psicologica è troppo embrionale e sottinteso). Detto questo, il film merita un 8 pieno e va visto, i commenti musicali sono sublimi, le immagini sono da pacatissimo delirio visivo..... ma il capolavoro, quello no!

dagon  @  22/05/2013 19:31:06
   7½ / 10
Sono d'accordo con l'inizio del commento sottostante. Questo è un film che in ogni inquadratura ti grida "oh guarda sono un capolavoro ecc.ecc.". La mia conclusione, però, è che è ben lungi dall' esserlo, anzi il cercare a tutti i costi di esser valutato così è proprio il suo limite. Sorrentino mette troppa carne al fuoco, deborda sia visivamente che narrativamente, mettendo nel calderone un po' di tutto, per cui si trovano cose ottime e momenti invece fastidiosamente forzati, fino ad eccessi surreal/kitsch che danno quasi sempre la sensazione di essere troppo studiati a tavolino "per fare film d'autore". Paradossalmente in un'orgia di virtuosismi di regia, spesso gratuiti, i momenti migliori sono quelli più statici, quelli di dialoghi e, ancor di più, di monologhi (sopra a tutti, per me, quello sul funerale). Come in "This must be the place", le metafore e le simbologie sono spesso molto ovvie, ma, accanto a queste, ci sono momenti anche piuttosto profondi ed emozionanti. Sono uscito dalla sala con la sensazione che non tutti i pezzi del puzzle si muovano coerentemente verso il/i messaggio/i del film e che manchi qualcosa, ma, allo stesso tempo, ci sia anche qualcosa di troppo. Comunque (è innegabile) è un film a cui si pensa anche dopo; di sicuro, per un motivo o per l'altro non scivola via. Servillo stavolta mi ha convinto veramente, meno Verdone (che sembra sempre Verdone, nonostante i baffi). Bravo anche il cast di supporto. Nel panorama triste del cinema italiano va apprezzato quantomeno il tentativo, ma, con un po' di narcisismo in meno, sarebbe potuto essere un grandissimo film e, comunque la prima parte è oggettivamente notevolissima.

Gruppo COLLABORATORI JUNIOR oh dae-soo  @  22/05/2013 16:48:55
   9 / 10
Credo che raramente mi sia capitato di vedere un film che vuole essere un capolavoro come questo.
No, perchè esistono film che possono esserlo, quelli che ci sperano, quelli seppur piccoli che lo diventano, quelli che, oggettivamente, lo sono.
La Grande Bellezza lo vuole essere, te lo dice ad ogni sequenza, ti guarda negli occhi e fa: "guardami, io sono un capolavoro, qui dentro c'è tutto, guardami quanto sono bello, intenso, profondo, affascinante, intelligente, spiritoso, monumentale, sottile e maestoso."
per farlo ci mette gli occhi, il sorriso e l'illegale bravura di Servillo, è lui è il Suo volto.
ma è il film che parla
e io l'ho guardato, l'ho fissato negli occhi e nelle labbra, mi ha fregato ancora una volta, ipnotizzato e gli ho risposto "Sì, sei un capolavoro"
poi, ripensandoci, qualcosina in quello che diceva non mi tornava ma la trance non è ancora passata
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
( non intendo parlare di Fellini, Mastroianni e dolci vite, lo faranno tutti)
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Sorrentino non fa movimenti di macchina, Sorrentino volteggia, accarezza, accelera, rallenta, plana, accompagna, si distanzia e si avvicina, insegue, sfiora.
Non ci sono movimenti di macchina, è un tutt'uno di armoniosa e indescrivibile bellezza.
Le bambine che corrono nel giardino, Jep che costeggia il lungotevere, quei cieli che diventano terra e quelle terre che diventano cielo, tutto si muove, noi ne restiamo cullati, come una montagna russa per una volta non violenta e paurosa ma lenta e rassicurante. Tutto diviene la grande bellezza, lo è quella vera, autentica, quella che Jep crede irraggiungibile perchè sepolta dal chiacchiericcio e dal rumore della vita, dall'imbarazzo dell'uomo a stare al mondo; lo è Roma, magnifica come non mai, una città che vive i suoi contrasti placida e in*****sa, che vede prostitute sotto il Colosseo o gente che si manda apigliasselanter**** vicino al Gianicolo; lo è il film stesso, questa meraviglia di immagini e parole in movimento.
Ed è in questa città tanto eterna e immobile quanto gaudente e lussuriosa che fa finta di vivere la fauna umana raccontata da Sorrentino, un crogiolo di volti, voci, movimenti, apparenze e inganni che va a letto quando il resto della gente si sveglia. E in questa fauna, in questa giungla, il Re Leone è Jep Gambardella, uno scrittore fallito che ha deciso di dedicare la propria vita al Nulla, ma un Nulla così pieno, così lucente e così denso da sembrar Tutto, da far apparire anche il più disperato degli uomini come il più potente.
Sono tanti gli uomini che vivono nel nulla consapevoli di farlo ma qualcuno nel nulla ci affoga, qualcuno dal nulla si fa ipnotizzare, qualcuno nel nulla ci si nasconde e qualcuno, come Jep, nel nulla ci nuota e sguazza.
Se non fosse per il monologo finale, una splendida e terribile disamina della condizione umana, sarebbe quasi da pensare che Jep in questa vita ci sguazzi non solo contento di farlo ma del tutto inconsapevole di come in realtà questa (non)vita sia miserevole.
Eppure Jep a una sua amica, in una delle innumerevoli serate tra amici, in quel sabato perenne di dolce vita, eppure Jep a una sua amica una volta ha mostrato tutto lo sporco sotto il coperchio d'oro dell'apparenza. La demolizione controllata che subisce la donna è terribile, pluff, tutto quello che hai costruito lo vedi ora caduto ai tuoi piedi, anzi, lo vedono gli altri ai tuoi piedi perchè te l'hai sempre saputo che era lì. Pluff.
Eppure Jep, un attimo dopo, lo dice a tutti gli altri, ragazzi, non raccontiamoci storie, diamoci solo affetto tra disperati perchè questo siamo.
Il primo tempo è qualcosa di immenso, una frammentarietà incredibile ma così carica di bellezza, crudeltà, poesia e ferocia da restare storditi.
Ne parlai per Tarantino. Anche Sorrentino (buffo no? uno di Taranto, l'altro di Sorrento) è un regista verticale, uno che sa assemblare scene e dialoghi come nessun'altro ma che quando deve dare orizzontalità al film, quando vuole raccontare una storia, ha dei limiti molto evidenti. Eppure se in Django i limiti non erano voluti -perchè là una storia c'era e in qualche modo la si voleva raccontare- qua quella del regista napoletano è una scelta consapevole. Se mischiassimo a caso le varie scene avremmo quasi lo stesso film.
Ma è proprio quando Sorrentino dà linearità e consequenzialità, quando si concentra soltanto su una sola vicenda, quella della Santa, che il film per una buona mezz'ora perde tantissimo, un errore madornale, un peccato mortale a mio modo di vedere.
Tre scene completamente sbagliate, quella del bacio, con, tra l'altro, quella specie di occhiolino della suora di clausura al mandingo, quella del matrimonio con quel Cardinale troppo pacchiano per essere vero, e quella della cena (non tutta però), prolissa e stanca nell'incedere. Il personaggio interpretato da Herlitzka è davvero fuori luogo, non credibile. Sorrentino cercava un contrasto con l'assoluta purezza di Fede della Santa ma il contrasto lo si poteva ottenere con meno grossolanità a mio parere.
Fuori da queste tre scene difficile trovare qualcosa di sbagliato: si resta scioccati peggio di un horror a vedere quella bimba che imbratta la tela col suo dolore e la sua ribellione, si resta incantati dal racconto, al momento non terminato, della prima volta di Jep (qui c'è un Servillo da panico), si resta disorientati e schifati dalle sequenze col guru chirurgo plastico o quella del funerale come palcoscenico di sè (anche se quelle lacrime, non previste e da evitare, rimane il dubbio non siano vere), ci si ferma il cuore a vedere quei fenicotteri volare via, simbolo di bellezza ma anche di libertà mentre la santa, quasi per contrasto, dice di mangiare radici perchè le Radici sono importanti.
Le musiche ora nazional-popolari ora liriche accompagnano una galleria d'immagini straordinaria.
Sorrentino rende sublime il trash, pulito e lucente il lordume, elegante il degrado.
E mette in tavola una carbonara piena di Roma, omaggia la città come pochi hanno fatto prima di lui, e non contento della sua ricetta mette ancora più pecorino romano, Verdone qua, la Ferilli di là, Venditti e una notizia di Totti qua e là, perchè Roma ha bisogno delle sue icone e niente più di loro può raccontare meglio Roma.
La Ferilli poi è magnifica, la figura più tragica di tutte, perchè lei la sua sofferenza non la nasconde, lei non mette un vestito moderno alla sua grezza e sboccata romanità, non mette perline davanti il suo cuore o se lo fa, gli occhi raccontano altro. Però, e qua purtroppo c'è un altro errore di Sorrentino, la sua morte arriva affrettata, una brevissima ellissi che non rende merito al personaggio.
Verdone è tutto in quell'unico suo spettacolo, in quel volto che per un secondo è terrorizzato che gli applausi non arrivino, poi arrivano, quelli che ha sempre aspettato. Ma forse questo momento sperato da sempre non è niente di che, ha atteso tanto tempo un attimo che non valeva quasi niente.
E, anche lui, con la schiena curva dal peso della sconfitta, se ne torna a casa.
Film ambizioso, pretenzioso, chissà quanti lo demoliranno.
E, forse, possono anche aver ragione.
Ma Sorrentino, per me, quella Grande Bellezza l'ha sfiorata, se non raggiunta.
Ed è uno dei pochi che può permettersi di mettere il mare nel soffitto e far credere anche a noi che sì, quel mare è là.

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Ultima risposta 13/06/2013 11.12.27
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Beatrix Kiddo  @  22/05/2013 10:03:17
   8½ / 10
Sorrentino è davvero grande.
Regista di una sensibilità e finezza esagerata, da non sottovalutare, una vera e propria boccata d'ossigeno malgrado l'abisso culturale in cui verte il cinema italiano in questo periodo. Prima soddisfazione dopo "This must be the place", pellicola da non perdere per gli amanti del regista partenopeo. Sono stata colpita sostanzialmente da tutto: la storia in cui il protagonista si impegna a descrivere con efferata intensità il "niente", la fotografia di grande, grandissimo impatto visivo, l'eccellente interpretazione di attori del calibro dell'ormai noto Toni Servillo, fino ad arrivare ai ruoli secondari tra cui spiccano particolarmente Ferilli e Verdone che a parer mio, hanno costruito parte dei loro personaggi attingendo dal proprio essere nella vita reale i caratteri fondamentali dei ruoli interpretati; la malinconia patologica di Carlo, la raffinata cafonaggine e tristezza di Sabrina.
Molti sarebbero gli argomenti da trattare, ma credo che questo non sia un film da descrivere bensì da sentire.

2 risposte al commento
Ultima risposta 22/05/2013 17.30.43
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