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La prima versione cinematografica di questa fiaba è ben lontana da quella Disney, ovviamente meno edulcorata. Qui si vive maggiormente il malessere della "bestia" che viene rappresentata veramente per quello che è, con tutta la sua ferocia. Finale cosi cosi, non ho apprezzato la vera natura del principe...
Prima trasposizione cinematografica di una delle favole più famose del mondo diretta da Jean Cocteau nel 1946. Sono rimasto colpito dall'introduzione iniziale dove il regista invita lo spettatore a lasciarsi andare alla sua ingenuità fanciullesca per poter godere pienamente del racconto; infatti una delle cose più belle di questo film è l'incredibile ricostruzione scenica, che per l'epoca era davvero notevole, oltre al bellissimo retrogusto teatrale che era capace di dare quel qualcosa di genuino e spendidamente romanzato. Forse risulta in alcuni punti troppo edulcorato(sopratutto la sequenza finale), però la mancanza dei filtri patinati tanto amati oggi, rende la pellicola di Cocteau una delle migliori, se non la migliore, di tale opera.... Se si è amanti della favola in questione è d'obbligo.....
Jean Cocteau è stato uno dei grandi geni della cinematografia mondiale, su questo nessuno può ribadire nulla. Purtroppo i suoi film rivisti oggi risultano tanto affascinanti quanto fatiscenti. Perdono la loro forza in un mondo che di lirico e fiabesco non ha più nulla e ci sembra quindi inutile rifugiarci nei sogni e nelle utopie del suo linguaggio cinematografico. Premessa a parte, questa favola che Cocteau trasporta con tutto il suo vigore sul grande schermo ha una genialità non comune, presente solo nelle opere di coloro che verranno ricordati nel mondo dell'arte. I candelabri umani e i volti all'interno della casa della bestia sono il cappello a cilindro di una favola che sarebbe da far vedere ai nostri figli e ai nipoti...senza fargli credere che la bestia sia quella nel castello, ma quella che ne rimane fuori.
Il surrealismo di Cocteau si fa fiaba, qui è il drammaturgo piuttosto che il poeta. Cede al sublime, all’incantatorio, al preziosismo, alle suggestioni scenografiche. E’ più l’innamorato (il regista/scrittore fu un omosessuale dichiarato, ed ebbe ,a quanto pare, una relazione con il protagonista della pellicola, Jean Marais) che l’artista ispirato o impegnato.
Tuttavia, permane una liricità di fondo negli ambienti, un non so ché di doloroso dietro le statue e le coreografie.
Ma appare oggi una favola antiquata, un madrigale recitato in maniera enfatica, la vanità di un lezio amoroso.