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TAXIDI STA KITHIRA (Viaggio a Citera) è film sull'abbandono e sull'allontanamento, la sensazione fatta film di venire rifiutato dalla propria terra. In questa pellicola Theo Angelopoulos si aggiorna su due cose: il discorso politico e il consolidamento del suo stile, ormai inconfondibile. La vicinanza artistica alle maestranze sovietico-balcaniche si riavvolge nell'idea di un cinema che si fa poesia e viceversa, facendo morire la realtà in un'uggiosa bolla spazio-temporale, in cui il mare e il gelo ne sono fragili pareti e in cui la realtà si dissolve come in un ricordo lontano nel tempo.
La sceneggiatura contiene scene di grande simbolismo purtroppo solo raramente portate sullo schermo con grande potenza (come nel bel finale); ma rispetto al successivo "Il Volo" è un film fin troppo appesantito, complesso, lento e lungo. Difficile da seguire e ancor di più provare qualche emozione, il che mi fa strano: successivamente Angelopoulos riuscirà difatti a raggiungere l'anima dello spettatore con opere ancora più intimiste eppure lente e meditate alla stessa maniera. Qui mi ha lasciato indifferente e insonnolito.