tre colori - film blu regia di Krzysztof Kieslowski Francia, Polonia, Svizzera, Gran Bretagna 1993
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tre colori - film blu (1993)

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locandina del film TRE COLORI - FILM BLU

Titolo Originale: TROIS COULEURS: BLEU

RegiaKrzysztof Kieslowski

InterpretiJuliette Binoche, Benoît Régent, Florence Pernel, Charlotte Véry, Philippe Morier-Genoud

Durata: h 1.40
NazionalitàFrancia, Polonia, Svizzera, Gran Bretagna 1993
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 1993

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Trama del film Tre colori - film blu

La morte del marito, compositore musicale, e della figlia Anna in un incidente stradale, sconvolgono la vita di Julie che si chiude in se stessa. A spezzare questo isolamento, ci penseranno da prima una giornalista, convinta che fosse Julie l'autrice delle musiche del marito, e poi la corte di Oliver, l'ex assistente del marito...

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Voto Visitatori:   8,19 / 10 (75 voti)8,19Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
Miglior attrice protagonista (Juliette Binoche)Miglior montaggioMiglior sonoro
VINCITORE DI 3 PREMI CÉSAR:
Miglior attrice protagonista (Juliette Binoche), Miglior montaggio, Miglior sonoro
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Voti e commenti su Tre colori - film blu, 75 opinioni inserite

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Brundle-fly  @  11/12/2008 20:55:34
   1½ / 10
Il trittico di Kieślowski “Tre colori” non è né più né meno che un progetto filmico sulla Trinità cristiana. Dopo il “Decalogo”, per concludere la propria esposizione audiovisiva del “CCC”, il Catechismo della Chiesa Cattolica, e/o del “Credo” come professione di fede ecclesiale, e/o d’un qualunque trattato manualistico di teologia fondamentale, ex apologetica, al regista polacco mancava d’affrontare la dogmatica basilare, quella del concilio niceno-costantinopolitano (325 e 381) e del concilio calcedonese (451).
“Film Blu” è l’illustrazione della “persona” dello Spirito Santo nel senso affettivo conferitogli da sant’Agostino. Dunque non solo come spirito di vita (cfr. l’ecografia finale del nascituro), ma anche come spirito d’amore, fra il Padre come Amante e il Figlio come Amato (cfr. il conclusivo “Inno alla carità” della paolina Prima lettera ai Corinzi, capitolo 13, in particolare le 15 caratteristiche attribuite all’”agàpe”/”charitas” nei versetti 4-7).
“Film Bianco” resterà sempre un racconto eccentrico, bislacco e sconclusionato finché non ci si deciderà ad applicargli la chiave interpretativa della cristologia. L’impotenza del protagonista è quella del Messia fin qui venuto solo come “Agnello immolato” e non ancora come “leone di Giuda” (cfr. Apocalisse 5, 5-6). Il viaggio in aereo e la caduta sanguinosa lungo la scarpata simboleggiano l’Incarnazione. Quando costui giunge a casa è Natale (!) e sul bar dei familiari campeggia l’addobbo d’una stella cometa (!). La sceneggiata ai danni della moglie non è altro che l’allegoria della morte e resurrezione peculiari del triduo pasquale, e la moglie viene punita (carcere=purgatorio?) per il peccato della propria mancanza di fede/fiducia.
“Film rosso” è dedicato alla figura del Padre come giudice onnisciente e passivamente distaccato dalle vicende storiche. Quest’idea del “Deus absconditus” risale nientemeno che a Isaia 45, 15. Ma è solo dal 1800 che riesplode nella cosiddetta teologia dialettico-negativa, prima con “l’infinita distanza qualitativa/ontologica” di Kierkegaard, poi con il Di\o-tutt’altro (“ganz Andere”) di Otto e Barth, e poi di nuovo con l’"etsi Deus non daretur” (“come se Di\o non ci fosse”) di Bonhoeffer. La coprotagonista è obbligata a umiliarsi pregando e supplicando in ginocchio Lui affinché Egli si decida a manifestarsi come Di\o d’amore.
Con i riferimenti della trilogia kieślowskiana al motto della rivoluzione francese si cade dalla padella alla brace. Nella diatriba fra Löwith e Blumemberg su “La legittimità dell’età moderna” (1966), e nel distinguo fra secolarizzazione e secolarismo operato da Gogarten in “Destino e speranza dell’epoca moderna” (1953), il regista prende posizione a favore del cristianesimo, e non soltanto fattualmente ma pure valorialmente: è vero ed è anche un bene che i princìpi apparentemente laici siano in realtà ancora un retaggio della religione del Nazareno.
L’esaltazione acritica della libertà rinvia alla fatidica domanda posta da Platone nell'”Eutifrone” (15b): “È giusto ciò che è santo o è santo ciò che è giusto?” A essa si risponde deformando il concetto di libertà nell'arbitrarismo dispotico se si segue quanto propugnato dal neoplatonismo, dalla scolastica francescana, dall’ultimo Schelling, Wittgenstein e Heidegger. Invece libertà e necessità assolute devono coincidere, poiché l'aristotelico sommo bene per l'intera natura si pone come legge a se stesso, autoreferenzialmente.
La fraternità è un altro residuato cristiano. Per quale motivo, infatti, non parlare piuttosto di solidarietà fra soggetti di dignità paritetica, invece di rifarsi ancora, come pure Baudelaire e Ungaretti, alla consanguineità dipendente dalla presunta discendenza da un unico Padre (eterno)?
Infine l’uguaglianza. In logica matematica un conto è il principio di uguaglianza ("=") e tutt'altro è il principio di identità ("≡"). Solo quest’ultimo non è demoniaco nell’accezione tecnica del termine, vale a dire in quanto “scimmiottamento del Bene”. Demoniaco non è il voler essere identici a Di\o, bensì il voler essere semplicemente “come” Di\o, disonorevolmente soltanto “a sua immagine e somiglianza” (Genesi 1, 26). Ma la tradizione ebraico-cristiana ci ha fatto credere l’esatto contrario e anche in questo caso la rivoluzione francese è caduta nella trappola, con grande sollazzo di Kieślowski.

Discussione proseguita su:
http://www.filmscoop.it/forum/forum_posts.asp?TID=7871&KW=Mauro+Lanari&PN=0&TPN=18

Mauro Lanari

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