Rocky Balboa vivacchia a Filadelfia, riscuotendo i crediti di un usuraio italo-americano e vincendo qualche piccolo incontro come pugile dilettante. Con l'aiuto di un saggio allenatore accetta per amore di Adriana e per una borsa di 150000 dollari la sfida del nero Apollo Creed, campione dei pesi massimi, proponendosi non di vincere, ma di arrivare alla 15a ripresa.
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E' il 1976, negli Stati Uniti impazza la boxe, forse vive uno dei suoi momenti più fulgidi nei pesi massimi con la presenza di stracampioni come Cassius Clay, Foreman, Joe Frazier e Ken Norton. Vince il pugilato, vince il picchiatore, vince il tecnico, ma guarda caso tutti pugili di colore. Ed ecco che dalle sale cinematografiche esce "la speranza bianca" un pugile tutto cuore e grinta che combatte per pochi dollari nei sobborghi di Filadelfia, lontano dalle luci della ribalta che affronta la vita in modo goffo, gosto e un pò prepotente ma soprattutto che ricorda Rocky Marciano. Questa produzione di John Avildsen onora il cinema ed onora la boxe. Per il resto conosciamo tutto ma mi interessava fare una digressione sul contesto storico in cui il film si inserisce. Oggi può apparire anacronistico, 30 anni fa no