ordet regia di Carl Theodor Dreyer Danimarca 1955
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ordet (1955)

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locandina del film ORDET

Titolo Originale: ORDET

RegiaCarl Theodor Dreyer

InterpretiBirgitte Federspiel, Henrik Malberg, Emil Hass Christensen, Ejner Federspiel, Kirsten Andreasen, Sylvia Eckhausen, Ann Elisabeth Groth, Cay Kristiansen, Preben Lerdorff Rye, Gerda Nielsen, Ove Rud, Susanne Rud, Henry Skjær, Edith Trane

Durata: h 1.59
NazionalitàDanimarca 1955
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 1955

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Trama del film Ordet

In una fattoria dello Jutland vive il vecchio Borgen con i suoi tre figli: Mikkel, sposato con Inger, in attesa del secondo figlio, Johannes, diventato pazzo a causa degli studi di teologia, e Anders, il minore, innamorato della figlia del sarto del villaggio. Sulla fattoria si abbatte la tragedia: Inger muore di parto, Johannes sparisce e il sarto nega il consenso alle nozze per divergenze religiose con Borgen.

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Voto Visitatori:   9,15 / 10 (27 voti)9,15Grafico
Miglior film straniero in lingua straniera
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
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Voti e commenti su Ordet, 27 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

ZanoDenis  @  18/05/2015 22:04:50
   9 / 10
Ed eccomi a votare un'altro grandissimo film di Dreyer.
Ordet è una grandissima opera, piena di significati, tutti coerenti con i temi che il maestro danese ci ha proposto più volte, qui forse si giunge ad uno degli apici, qui Dreyer, rispetto ad altre pellicole è molto più esplicito, non lascia molto ad intendere (almeno in parte) ma mostra, e mostra benissimo.
Con uno stile molto simile a "Dies Irae" suo precedente lavorone, quasi tutto girato in interni, in stile teatrale, stracolmo di dialoghi e simbolismi, Dreyer ci propone la visione della fede e delle istituzioni dal punto di vista di una famigliola umile.
Come al solito nei suoi lavori, i personaggi sono caratterizzati alla perfezione, ognuno con una precisa funzione.
Il padre, ad esempio, monarca della famiglia, saggio a cui tutti fanno riferimento, prendono in parola, portano il massimo rispetto, ma anch'esso minato dalle superstizioni e dai dogmi religiosi, nonostante l'esperienza e la saggezza.
Significativa la scena in cui va dal sarto, i cui i due litigheranno per decidere quale sia la religione migliore, porranno i vincoli che queste istituzioni impongono, non faranno sposare i propri figli (inizialmente), li emerge tutto il danno, l'astio, che queste religioni possono creare, mostrando anche la classica incoerenza di chi dice: rispetta il prossimo, ma allo stesso tempo, non permette di rispettarlo, insomma, gia solo questa allegoria meriterebbe un applauso.
Ma questo è soltano uno dei parecchi personaggi che Dreyer ci mostra, come non essere intrigati dalla figura di Johannes? Un po rimandandoci al suo capolavoro muto "La passione di Giovanna D'Arco" il maestro ci ripropone la stessa domanda: "ma allora se torna un altro messia, chi lo segue?"
La risposta sembra che sia "Apparentemente nessuno", in realtà le nostre idee non vengono mai chiarite, fattostà che un personaggio del genere fa riflettere parecchio, viene creduto pazzo da tutti, giustamente anche dallo spettatore, ma soprattutto anche dal nuovo pastore del villaggio, che dovrebbe essere il rappresentante di Dio, ma in realtà è soltanto una figura passiva (altro personaggio importante, altra critica alle istituzioni). L'unica che crede a Johannes è una bambina, che probabilmente rappresenta la visione "pulita", senza pregiudizi, innocente, che non sa nulla della fede, ma è l'unica che forse la possiede veramente, perché si, effettivamente tutti i personaggi che dichiarano di avere fede non ce l'hanno veramente, anzi...
Probabilmente questo è uno dei maggiori messaggi del film, che troverà il suo apice nel finale, con la vicenda di Inger, che lascia tutti speranzosi (io l'ho visto abbastanza positivo il finale, almeno, rispetto al super pessimismo che c'è in Dies Irae), anche il marito di cui adesso mi sfugge il nome, inizialmente non credente, cederà alla fede, non alle istituzioni attenzione, alla fede.
Dreyer crea un racconto e una narrazione eccellente, tutto senza sbavature, senza esagerato autocompiacimento, tutto diretto con i giusti tagli, una fotografia cupa quanto basta (tralasciando la splendida scena della resurrezione, li sembra veramente di essere in paradiso, oltre alla cura maniacale delle simmetrie che usa) e le scenografie opprimenti che caratterizzeranno questi suoi lavori a tema religioso, tralaltro qui c' da dire che il film è anche leggerissimo, cioe, i dialoghi e l'impronta teatrale del film fanno scorrere il tempo senza che lo spettatore se ne accorga.

Insomma siamo di fronte ad un altro immenso lavoro di un grandissimo maestro.

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