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"Non è mai troppo tardi" è il classico film che evidentemente conosce la ricetta per coinvolgere gli spettatori, anche a discapito delle pretese artistiche di Reiner, una tantum piuttosto sfocato e furbetto, e dello stesso film, che analizza il tema della vecchiaia e della morte in maniera assai superficiale e convenzionale, senza evitare un solo luogo comune... non vorrei apparire troppo severo, ma la media alta degli spettatori di filmscoop e in genere la fredda accoglienza della critica andrebbero analizzate con un'obiettività interiore che non è facile da realizzare.
Onestamente il film mi sembra stilisticamente impeccabile, ben fotografato (è sempre un piacere per gli occhi vedere New Dehli o la muraglia cinese, l'Himalaya o la piramide di Cheope anche se attraverso un tour-collante che in fase di montaggio lascia qualche perplessità) ma tremendamente deludente sul piano filosofico-esistenziale: ammiccamenti sulla morte ("Vuoi che ci ammazziamo?" "Come si scende da questa tomba?" ) che vorrebbero essere ironici ma restano soprattutto scontati, come del resto l'ennesimo discorso sulla "fede". Per inciso, non è necessario lordarsi come ha fatto il francese Chereau (che sul tema della malattia ha fatto un film intollerabile e bellissimo come "Son frere") ma c'è anche chi ha trattato il tema con leggerezza e buon gusto, senza ricorrere a stereotipi e clichè ("La mia vita senza me" di I. Coixet).
"Non è mai troppo tardi" è anche un film imprevedibile nella sua prevedibilità: inizia con 45' netti di sale ospedaliere, quasi una piece teatrale, tanto che sembra sempre di avere davanti un palcoscenico tipo il Lynch di "Rabbits" dove la gente applaude, ride e piange insieme a Nicholson Freeman e alle loro flebocrisi: poi diventa un road-movie animato da un ludico doppiogiochismo, in bilico tra commozione e grottesca parodia da cartoonist (tipo la sequenza del paracadute). A un certo punto sembra persino voler rompere con la tradizione e ammiccare a un linguaggio più sincero (l'incontro di Freeman con la prostituta). Ecco, direi che il guaio di "Non è mai troppo tardi" è che sembra ubriacarti di sincerità ma probabilmente è solo uno specchio per le allodole, perchè tutto si fonda sul meccanismo precostituito di persuadere lo spettatore della bontà di un tema trattato in modo rassicurante (deve essere impellente che l'ultimo desiderio della lista si possa avverare) e, diciamolo, piuttosto stucchevole.
Dimenticavo di dire che comunque lo "spettatore" che parla ritiene questo gioco di invadenti stereotipi tutto sommato vincente, visto che (spoiler) e che merita comunque la sufficienza e la visione per la prova maiuscola di due attori superbi per quanto sornioni e gigioni come Nicholson e Freeman, una delle poche vere ragioni per cui vale la pena di spendere il biglietto e concentrarsi su questo amaro e giocoso apologo di vita (ehm)