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Anche Rob Reiner ha finalmente capito e capitolato, dopo ben 20 anni. In "Sacco a pelo a tre piazze" ("The Sure Thing", 1985) cantava la presunta bellezza del periodo adolescenziale. In "Stand by Me - Ricordo di un'estate" (1986) è passato a rendere favolistica e favolosa la pubertà. In "Harry ti presento Sally" ("When Harry Met Sally...", 1988) è giunto a incensare corteggiamento, matrimonio e decorso coniugale. In "Storia di noi due" ("The Story of Us", 1999) ha esaltato la chance di rivitalizzare in extremis il rapporto di coppia (e Willis avrà accettato la parte forse pensando alla propria separazione da Demi Moore). Insomma solo nel 2007, con "Non è mai troppo tardi" ("The Bucket List"), s’è arreso all'evidenza, rinunciando alla buon'ora ai semplicismi e buonismi di maniera. La complessità dell’esistenza resta tale dall’inizio alla fine, senza più alcuna banalizzazione. Bianco vs nero, ricco vs povero, ignorante vs colto, dongiovanni vs “pater familias”, in un conflitto insoluto se non smorzando con levità i toni dello scontro frontale. Ma il dissidio rimane aperto, persistente e perdurante, senz’alcuna facile scappatoia risolutiva. Così, anche per la commedia statunitense “Non è mai troppo tardi”, letteralmente, un approdo al realismo della problematicità del vivere.