Dopo essersi "liberata" delle vecchie colleghe O-Ren Ishii e Vernita Green nel Volume 1, la Sposa prosegue nella sua vendetta in KILL BILL Volume 2. Eliminate le prime due dalla sua personale "lista della morte", rimangono altri due nomi da barrare - Budd e Elle Driver – prima di affrontare il suo ultimo obiettivo... uccidere Bill.
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Questo secondo volume di Kill Bill è sicuramente meno adrenalinico e spettacolare del primo, ma l’ampliamento dello spazio concettuale ed estetico operato da Tarantino, attraverso la consueta incursione nei generi, questa volta rende più rarefatto e “intimistico” il discorso della vendetta. È pressochè scontato che Kill Bill si debba definire come un unico film, da vedere possibilmente come un tutt’uno, per comprenderne l’effettiva portata e il disegno complessivo della storia ideata da Q & U. (Anche se un dubbio sorge a proposito nel prologo del Volume 2, allorchè La Sposa ci racconta in b/n, a bordo di un’auto, il suo programma per l’immediato futuro, dopo averci fatto un po’ il riassunto delle puntate precedenti…). Nel complesso, quindi, Kill Bill diventa un film epico, che si sviluppa su un percorso vario e imprevedibile, nonostante le intenzioni della protagonista siano ben chiare sin dall’inizio. Il vol. 2, riprendendo altri generi, come il noir e il thriller hollywoodiani degli anni ‘40/’50 (Tay Garnett) o il polar francese, oltre quelli già praticati da Tarantino, sfuma la frenesia compiaciuta del primo volume e assume caratteristiche più autoriali. “Tutte le tonalità del vivido bagliori nuovi tendenti al fluorescente” (CSI) La fotografia un po’ sgranata dell’episodio con Pai Mei da una parte ricorda la qualità delle pellicole dei film anni ’70 sul kung-fu, invecchiate coi passaggi televisivi sulle emittenti locali, dall’altra, invece, sembra ammiccare a un certo tipo di cinema europeo d’autore. Di fatto, poi, sgranando le immagini di Beatrix prima della sua vendetta, viene resa ruvida e grezza la plasticità della donna, ancora tutta da formare e plasmare: è il risvolto umano di questa macchina di morte, o di questo supereroe da fumetto, come ricorda filosofeggiando Bill (in una lezione di semiotica degna di Umberto Eco o Renato Nicolini). La ricerca stessa di Bill, che Beatrix compie vagando per l’America, ci consegna un personaggio più reale e più solido di quello visto nel primo volume. In effetti, questa seconda parte è un colossale saggio di bravura di Uma Thurman, la cui interpretazione diventa mero pilastro del film. Kill Bill vol. 2, riprendendo il cinema classico hollywoodiano (l’espressamente citato “Postino suona sempre due volte” di Tay Garnett), si fa esso stesso più classico, mediando con lo stile tipico (post-moderno) di Tarantino della sconnessione narrativa, per una maggiore fluidità temporale della storia. Tarantino, la cui sapienza estetico-formale è sempre più pregevole, dimostra di saper scandagliare a fondo anche le sensazioni e i sentimenti dei suoi protagonisti, dando loro una pienezza che il citazionismo ironico dei suoi film sembra, in superficie, adombrare. Il pianto liberatorio di Beatrix nel bagno è un po’ il segno etico di Kill Bill.
“Matrilineare dote primordiale distanza siderale, potere potenza nucleare Matrilineare Matrilineare”