La Sposa (Uma Thurman) subisce una terribile imboscata durante la sua cerimonia di nozze nella quale tutti gli invitati, suo marito nonchè il figlio che aveva in grembo vengono brutalmente assassinati. Dopo essersi svegliata da un lungo coma di quattro anni, la donna intende vendicarsi a spese delle vite dei responsabili di questo massacro...
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"I'VE SEEN THE FUTURE, BROTHER: IT IS MURDER" (L.Cohen) Parla con lei. Nella stanza d'ospedale in cui si è appena risvegliata dal coma, Uma Thurman si scopre oggetto del commercio infame del proprio corpo da parte di un infermiere senza scrupoli, che si arricchisce vendendola al maniaco (o laido) di turno. Questa scena, resa col dovuto distacco, ribalta in senso crudamente realista la prospettiva assolutoria alquanto ipocrita del film di Almodòvar, restituendo - anche se ironicamente - alla Storia tutta l'abiezione di quell'atto criminale. The Thurman Show. Nel Dizionario Mereghetti, la Nikita del bellissimo film di Besson viene liquidata vandalicamente come l'ennesima ragazza con la pistola. Per fortuna non si potrà dire la stessa cosa della Sposa di Tarantino. La semplicissima - eppur perfetta! - sceneggiatura di Kill Bill, oltre a calzare sulla "crucca" come la sua tuta gialla, propone la tragedia di una donna - quasi fosse stilizzata a mito - ferita nel corpo e negli affetti e violata nella sua prerogativa più eminentemente femminile come la maternità, senza per altro nulla concedere alla facile tentazione della "pornografia", così gratuitamente abusata oggi al cinema. E la semplicità della sceneggiatura appare come non mai funzionale al discorso di Tarantino sul cinema: Kill Bill, film d'azione e spettacolare, è probabilmente il film più concettuale, "impegnato", sottilmente filosofico dell'autore; di sicuro uno dei più metacinematografici visti negli ultimi anni. Kill Bill è uno splendido saggio illustrato sul cinema, quasi una probabile risposta, aggiornata al nuovo secolo, alla domanda di Bazin su cosa è il cinema. Attraverso quest'operazione "transgender", Tarantino decostruisce i generi - e tout court il cinema - per poi reinterpretarli con un formalismo estetico - mai troppo compiaciuto, mai troppo " formale" - di sapore caravaggesco e di straordinaria potenza visiva e visionaria. Cinematografica, appunto. La suddivisione in capitoli, ormai vezzo di Tarantino, è l'equivalente narrativo del sezionamento analitico dei generi operato in Kill Bill, vero sommo "pulp fiction". Per certi versi, poi, Kill Bill richiama alla mente "Il ritorno di Cagliostro" di Ciprì e Maresco, altro film sul cinema, sulla scomposizione di un cinema già decomposto... In attesa che la nostra Giuditta affronti Oloferne, va sottolineato un altro passaggio caro a Tarantino, il rapporto, cioè, adulto/bambino già presente in Pulp fiction e qui riproposto in chiave "matrilineare", anche se meno consolatoria e decisamente più sanguinaria.