La storia narra delle donne della famiglia Weston, cresciute lontane ma costrette a ritrovarsi sotto lo stesso tetto, nella loro vecchia casa del Midwest, a causa di una crisi famigliare.
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Qualsiasi riserva sulla sceneggiatura, tutt'altro che priva di forzature (diciamo metà Faulkner e l'altra metà Eugene O'Neill e Flannery O'Connor) e sulla filosofia di un film per le masse travestito da prodotto autoriale passa in secondo piano di fronte alla superba prova dell'intero cast, da una superlativa Meryl Streep a un'incredibile e inattesa Julia Roberts, dal sempre incredibile Cooper al breve ma intensissimo cameo di Sam Shepard (a proposito, cari lettori, fareste bene a scoprirlo come scrittore, ne vale maledettamente la pena!!!). Il regista cattura una mise in scene vagamente teatrale spiccando per diverse ottime intuizioni, come quando Meryl Streep balla al ritmo di un celebre brano Southern rock davanti agli occhi esterefatti delle figlie. In realtà il Gioco al massacro, che vede uomini senza spina dorsale e donne nevrotiche sconfitte o magari remissive, non è nuovo al cinema americano (v. Tennessee Williams, o il già citato O'Neill) e talvolta spicca un disincantato tributo al "metodo" di scuola Lee Strasberg, per un pugno di emozioni fortissime che soprattutto la recitazione delle attrici principali riesce a schivare una certa artificiosità. Non sono mai stato un grande ammiratore di Julia Roberts, ma quando dice alla figlia "non morire prima di me" credo di averla amata incondizionatamente. Nel segno di quelle nevrosi che attraversano molto un certo genere letterario (chi conosce la letteratura americana sa di chi parlo) il Nucleo familiare diventa l'anticamera di un Inferno radicale, ed è quasi come vedere come gli Usa potrebbero percepire un Sussurri e Grida sostituendo Bergman alla funzione primaria e alla psicologia di una certa Visione Statunitense