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Da Eraserhead a Strade Perdute fino a Mulholland Drive l'evoluzione del cinema Lynchiano che ambisce alla sua vetta massima, il summa di una carriera: INLAND EMPIRE. Purtroppo quest'ultimo lavoro del maestro americano si rivela invece un tonfo di inaspettate proporzioni; in relazione alle ambizioni e alle intenzioni certamente il suo peggior film. Se questa volta la frammentazione onirica non dà spazio a reinterpretazioni plausibili, (tutte possibili ma nessuna convincente) a dar fastidio in verità è principalmente la noncurante arroganza dell'autore che si sente un Re mida del cinema capace di trasformare in sequenze da antologia un qualunque suo personale stato emotivo. Per i primi 45 minuti (i migliori) si risente l'universo di Strade Perdute, poi il film deraglia completamente, diventando un'interminabile susseguirsi di situazioni e ambientazioni, ripetitivamente insopportabili, che invece di alimentare e far condividere lo stato di angoscia della protagonista diventano uno stillicidio di noia e non sense. Lo stesso Lynch ha più volte ammesso di essere partito da uno script basato su pochi elementi per poi lasciarsi andare all'improvvisazione e alle idee che giorno dopo giorno maturava sul set. Questa genesi a dir poco azzardata si riflette in maniera evidente sulla narrazione (o sulla non narrazione) che in conclusione non conduce da nessuna parte e che non ha nulla da dire. In più, incoraggiato dal low-budget del digitale in bassa qualità (in alcune sequenze la qualità video è simil-amatoriale), Lynch allunga drammaticamente la durata di IE fino alle 3 ore circa snervando e infastidendo oltre ogni limite. La Dern è brava ma ben presto affonda nel suo personaggio "annaspando nel vuoto senza storia, senza centro, senza parole" e la sua mimica diviene una involontaria e ridicola caricatura del dolore e dell'orrore. "Lasciate che sia il film a guardare voi" ha detto Lynch; troppo comodo mi sembra. Da dimenticare in fretta. Orribile.