I progetti faciloni di ascesa sociale di un immobiliarista, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. E poi un misterioso incidente, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, a complicare le cose e a infittire la trama corale di un film dall’umorismo nero che si compone come un mosaico. Paolo Virzì stavolta racconta splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questo nostro tempo.
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(Premessa doverosa: non ho letto il romanzo di Stephen Amidon al quale i bravissimi sceneggiatori di questo film italofrancese si sono ispirati. Non posso quindi procedere a paralleli e confronti).
Se quella descritta da Virzì è "la gente che lavora" offesa dalla sua opera (così ha titolato l'"autorevole" quotidiano "Libero" all'indomani dell'uscita del film), c'è da farsi venire qualche brivido di terrore nella schiena. La Brianza è davvero un pretesto che solo la grettezza di persone che nella vita reale evidentemente poco si discostano dai personaggi del film poteva identificare come "luogo circoscritto" in cui si svolge la vicenda narrata: quella realtà avrebbe potuto essere ambientata in (quasi) qualunque altro posto d'Italia e non avrebbe perso di una sola virgola la propria carica virulenta. Ma tant'è. Quest'ultima, bellissima opera di Virzì, si candida a essere tra le più dimenticate del cinema italiano al pari di altri gioielli e capolavori "neri" della Commedia all'italiana (su tutti "Un borghese piccolo piccolo", forse la commedia più terribile e spietata mai girata da noi), perché sa affondare il bisturi senza pietà alcuna nel nostro tessuto sociale ormai (irrimediabilmente?) incancrenito dalla degenerazione morale dell'ultimo ventennio, accuratamente preparato dalla deriva costante prodottasi sin dagli anni Cinquanta e culminata negli Ottanta. Berlusconi e la sua ideologia sono figli di quel trentennio: oggi ci troviamo a raccogliere i cocci di tutto il dopoguerra. Senza sapere se è finita, poi.
Il film formalmente è un thriller cupo che ruota intorno all'investimento mortale di un cameriere che rientrava in bicicletta dopo il lavoro. Possibili colpevoli, cinque ragazzi -di cui tre dell'ambiente "bene"- di una ricca cittadina di provincia del Nord Italia. Una sapiente struttura a incastro (sceneggiatura praticamente perfetta, girata con virtuosismo da Virzì attraverso una fotografia, un montaggio e una squadra di attori tutti al massimo delle loro potenzialità) ci fa (ri)costruire come un puzzle l'intera vicenda. Tre capitoli che corrispondono ai tre punti di vista di altrettanti personaggi e un epilogo finale che li riunisce tutti quanti svolgendo definitivamente la trama, ci portano in un bagno di miseria morale, meschinità, e soprattutto avidità, individualismo e solitudine raramente visti al cinema con tanto realismo, potenza e inesorabile lucidità. In effetti il film di Virzì è superato in squallore morale mostrato solo da "Miss Violence", non a caso pellicola proveniente dall'altro dei Paesi europei più in crisi: la Grecia. Il "capitale umano" del titolo, infatti, non ha niente a che vedere con le risorse umane bensì
con i parametri giuridici con i quali si contabilizzano una invalidità o una morte: scopriremo che anche questi freddi criteri saranno superati dalla meschina e gretta sfrontatezza quotidiana di chi sa contrattare e guadagnare sulle disgrazie dei prossimi!!!
Al cast veramente stellare in cui ognuno fa a gara nel superare gli altri (mi è davvero difficile stilare una classifica delle varie caratterizzazioni, tutte sono implacabili e tutte suscitano il giusto ribrezzo) si affianca la bellissima fotografia di Jêrome Alméras e, come dicevo sopra, il montaggio praticamente perfetto di Cecilia Zanuso. Commento a parte merita la colonna sonora del fratello di Virzì, Carlo: attraverso l'uso suggestivo e ossessivo di strumenti a percussione piuttosto inconsueti, infatti, è riuscito a ottenere un raro effetto straniante e drammatico insieme, perfettamente congeniale al clima descritto dall'intero film.
Qualcuno ha provato a vedere uno spiraglio di speranza nella vicenda dei personaggi più giovani. Errore: Luca è irrimediabilmente attratto dalla ricchezza e dall'apparire, mentre Serena non fatichiamo a immaginarla prendere il posto di Carla una volta inghiottita nel "sistema". Il più buono, sembra dirci Virzì con la sua allegria toscana che certo stride terribilmente col clima pesante di questo film, ha la rogna. Facciamocene una ragione. Ahinoi.