Matilde, Cencio, Fulvio e Mario sono come fratelli quando il dramma della seconda guerra mondiale travolge Roma. L'anno è il 1943 e, nel pieno del conflitto, la città eterna ospita il circo in cui lavorano. Israel, il proprietario e loro padre putativo, scompare nel tentativo di aprire una via di fuga per tutti loro oltre oceano. I quattro giovani sono allo sbando. Senza qualcuno che li assista ma, soprattutto, senza il circo, hanno smarrito la loro collocazione sociale e si sentono solo dei fenomeni da baraccone, "a piede libero" in una città in guerra.
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Che bel film! Pensa in grande, guarda in alto senza soffrire di vertigini, convince senza rischiare di scadere, ci offre un spettacolo cinematografico a tutto tondo. Mainetti, a mio parere, non del tutto convincente con "Lo chiamavano Jeeg Robot", fa il passa apparentemente più lungo delle gambe, ma sa usare i "trampoli" con maestria. Non ricordo recentemente una produzione italiana così internazionale e così comunque legata alla nostra terra. Eccellente oltre ogni aspettativa, soddisfa gli occhi con una capacità di fotografare ambienti chiusi, azioni in campo aperto, guerra e intimità senza mai scadere nell'autocompiacimento. Se robusta è la messa in scena, altrettanto ottimi sono gli interpreti, dove si fa apprezzare il vero villain (un Franz Rogowski destinato a ruoli hollywoodiani) e l'intera corte dei miracoli a metà tra freaks circensi e New Mutants alla X-Men. Personaggi ben caratterizzati, anche se abbondanti, aiutano lo spettatore ad affezionarsi a loro. E' una gran favola, con-dita (6 per mano) da una giusta dose di violenza cruda e qualche guizzo di cattiveria grottesca. Nulla è lasciato al caso, costumi, trucchi, colonna sonora (questa imprezziosita da brani acustici al piano), scenografie e ..... effetti speciali efficaci e curati, come non capita mai in Italia. In quasi 2 ore e mezza, non c'è mai un passaggio a vuoto, il ritmo scorre e se ci si lascia andare (senza investigare sulla credibilità di quanto si vede) ci si può anche emozionare. Spero sia un successo al botteghino, il coraggio della produzione lo meriterebbe e Mainetti, se mantiene i piedi per terra, è destinato ad un futuro importante anche oltreoceano. Mi aspetto anche un roseo futuro per Aurora Giovinazzo (una Zendaya nostrana e molto più bassa), mentre se già ero "simpatizzante" del giovane Castellito, ora sono dell'idea che possa essere il nostro "Ryan Goslin" (incredibile come con poco sia capace di risolvere le sue scene). In conclusione, correte a vederlo al cinema è un film che in sala ha un potenziale davvero raro per un prodotto made in italy.