departures regia di Yojiro Takita Giappone 2008
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departures (2008)

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locandina del film DEPARTURES

Titolo Originale: OKURIBITO

RegiaYojiro Takita

InterpretiMasahiro Motoki, Tsutomu Yamazaki, Ryoko Hirosue, Kazuko Yoshiyuki, Kimiko Yo, Takashi Sasano

Durata: h 2.10
NazionalitàGiappone 2008
Generedrammatico
Al cinema nell'Aprile 2010

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Trama del film Departures

La storia di Daigo Kobayashi, un violoncellista di un'orchestra che si è sciolta. Stanco di vagare per le strade senza lavoro e senza speranze per il futuro, l'uomo decide di ritornare alla sua città natale in compagnia della moglie, dove vuole ricominciare una nuova vita. Una volta giunto sul posto, ottiene un impiego come nokanshi, una sorta di necroforo. Il suo lavoro consiste nel pulire i corpi delle persone decedute, collocarli nella loro bara e farli entrare nell'altro mondo nella migliore forma possibile. Benché sua moglie ed i suoi vicini non nutrano molta stima per ciò che fa, Daigo scopre in questo rituale di dipartita la scintilla vitale che mancava alla sua vita. Raggiungerà la perfezione nell'arte del nokanshi.

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Voto Visitatori:   7,61 / 10 (74 voti)7,61Grafico
Miglior film straniero
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior film straniero
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Voti e commenti su Departures, 74 opinioni inserite

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horror83  @  04/11/2013 14:14:49
   9 / 10
Questo film l'ho visto solo perchè amo il Giappone, le loro usanze, e il loro cinema. mi aspettavo di vedere un bel film e invece è meraviglioso, ha superato le mie aspettative. per me è pura poesia, sono rimasta incantata per la maggior parte della visione. mi sono piaciute moltissimo le cerimonie che facevano ai defunti (cioè il vestirli in quel modo, il truccarli). stupendo veramente! Per me non è mai stato lento perchè sono abituata al ritmo dei film dell'estremo oriente (che è un pò più lento dei film americani). L'oscar meritatissimo. Da vedere!
ps: mi dispiace solo che in Italia i film giapponesi siano poco conosciuti, peccato, perchè fanno molti film belli e interessanti.

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Ultima risposta 08/11/2013 21.37.31
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR oh dae-soo  @  17/03/2011 23:41:26
   9 / 10
Il Giappone piange le sue vittime.
La Natura mostra la sua faccia più bastarda e spazza via in un amen migliaglia di persone, buone e cattive, vecchie e giovani, ricche e povere. Una morte orrenda, violenta, assurda. Nessuno di questi corpi passerà sotto le mani di Daigo.
Il Giappone e la Morte.
Questo tratta il magnifico Departures, autentica opera lirica raccontata per immagini. Un film che parla della nostra fine con una grazia, una misura, un rispetto e un amore che solo popoli che fanno della grazia, della compostezza, del rispetto e dell'amore le caratteristiche della propria cultura si possono permettere di fare.
Come il Giappone. Departures non sarebbe mai potuto essere un film europeo o americano, facciamocene una ragione.
Ho letto critiche all'eccessiva melassa, alla retorica. Niente di più falso. Departures è un film con 2 palle così, coraggioso, estremo, che non ha paura di mostrare la morte in modo così ossessivo. Ce la sbatte davanti, la mette a nudo. Quello che molti non sopportano è che ci viene mostrata la bellezza della morte, il rispetto di essa, oserei dire il timore reverenziale che la stessa esercita verso di noi. Qui non c'è retorica, non c'è ammiccamento, c'è semplicemente una cultura che in questo c'è senz'altro superiore. Si resta affascinati davanti alle pratiche di Daigo e Sasaki. Si pensa ai nostri cari, a chi ci ha lasciato, a chi (ahimè) ci lascerà. Ci fa credere che non tutto nel nostro ultimo viaggio è negativo.
Mi resta difficile in un film così pregno di significato parlare di aspetti tecnici, della grande fotografia, della divina musica, degli attori, delle vicende. Departures è uno dei pochi film che, inevitabilmente, parla di tutti noi e non approfittarne per riflettere sarebbe un' occasione sprecata. Chiunque lo faccia suo, magari resti in silenzio, ma accetti il dono che ci offre.
Non guardi se è tutto vero o finto, onesto o furbo, genuino o artefatto, non analizzi l'emozione ma la accolga a sè. Perchè un giorno le immagini di Departures ci torneranno in mente, è inevitabile e magari ci aiuteranno un pò.
Il Giappone piange le sue vittime. Se solo ci fosse Daigo la tragedia, per quanto sia possibile, sarebbe più sopportabile.

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Ultima risposta 18/03/2011 01.33.36
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  27/10/2010 10:35:37
   7½ / 10
A "Departures" è imputabile una sola debolezza,quella di inseguire con ostinata propensione la via della lacrima facile e dell'implicazione sentimentale, con sequenze create deliberatamente per esortare all'intenerimento.Le straordinarie ma troppo insiste musiche di Joe Hisaishi e le riprese grondanti poetica zuccherosa non lasciano insensibili,peccato siano tipicamente ricollegabili ad un certo tipo di cinema occidentale di cassetta,spesso artificioso e furbetto.
Il coinvolgimento erompe autentico quando il protagonista lascia le sue mani libere di danzare durante la ricomposizione dei cadaveri,nella vestizione e nel trucco di essi, a celebrazione di un rituale per nulla raccapricciante e reverente nei confronti del defunto, amato e reso amabile anche nell'atto terminale della sua esistenza corporea. E' lì che si cela la reale sostanza filmica che fonda la propria sussistenza sugli ancestrali riti della cultura nipponica, in un'accettazione totale di un passaggio immortalato in eterno dall'addolcimento del ricordo.
L'incombente presenza della morte è mitigata da inserti umoristici (davvero spassoso quello dell'incipit) quasi a sollecitare un approccio più sereno verso un evento ineluttabile,considerato in "Departures" poco più che un attraversamento,quindi non un termine.
La pellicola offre molteplici digressioni sviluppate con buon equilibrio ,anche se in alcuni frangenti eccedenti in buonismo,basti notare l'amabile caratterizzazione di tutti i personaggi.Le complessità dei rapporti famigliari,la difficoltà di trovare una propria appagante strada,l'opposizione tra progresso e tradizione (tema ricorrente nella filmografia giapponese) sono gli argomenti dominanti che si amalgamano abbastanza bene con il bizzarro soggetto.
Simbolismi fin troppo cristallini e alcuni accorgimenti forzatamente lacrimevoli non degradano la qualità generale della pellicola che resta decisamente pregiata.

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Ultima risposta 02/11/2010 21.27.28
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Gruppo COLLABORATORI martina74  @  28/09/2010 09:50:01
   7 / 10
Delicato e distaccato, questo film.
A metà strada tra la compostezza tipicamente nipponica e gli eccessi caricaturali del teatro, Departures è un bel film in cui questi elementi tuttavia non sono ben amalgamati. Da un lato, la storia è bellissima: rende giustizia a una professione imbarazzante anche per il mondo orientale; dall'altro le troppe concessioni all'umorismo e alla commozione a ogni costo (le carrellate in cui il protagonista suona il violoncello mentre la mdp a volo d'uccello accarezza il paesaggio) tolgono molto spessore alla vicenda e appaiono leziose concessioni allo spettatore.
Forse un altro regista avrebbe fatto il capolavoro, forse il tema sarebbe bastato per un corto, forse non so.

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Ultima risposta 29/04/2012 04.56.17
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WildHorse  @  18/06/2010 03:00:38
   4 / 10
Cioè ma, fare il becchino in Giappone è un tabù? No perché è questo il messaggio che passa guardando il film. Direi di no, non è un tabù. Dunque deduco che la storia sia pressocché inverosimile. E, siccome il film si presenta come drammatico e alquanto serio, la vedo dura dare la sufficienza. Non ci riesco ad apprezzare questa sceneggiatura. A me piacciono molto i film asiatici, ma questo mi è parso veramente leggero. La trama poggia su basi troppo fragili, si cammina a mezz'aria ma non si vola mai. Non capisco cosa ci abbiano visto quelli lì a Hollywood. Evidentemente erano attratti da altre cose, fotografia, regia eccetera. Non posso credere che siano stati affascinati (al punto da dare l'oscar) dalla storia obiettivamente leggera e inverosimile. Mamma mia che strazio: non si piange, non si ride, non si scherza e non si è seri. La moglie del tizo è insopportabile e senza peso, il marito ha troppo peso tanto da sembrare una caricatura. In alcune scene sembra quasi che le smorfie facciali siano accentuate per enfatizzare una sensazione. E' l'attore che è scarso o è il regista che ha voluto così? E' una sorta di ironia? Ebbene, non ci sta! In questo tipo di film non ci sta, perché rende il tutto ancor più inverosimile, antipatico e indigeribile! Il finale? Penoso, oltre che prevedibile: un sigillo studiato a tavolino per uscirsene senza danni apparenti con infinocchiatura latente dello spettatore. Per non parlare della colonna sonora: quel violoncello è insopportabile, messo lì a puntino nelle scene toccanti (che poi toccanti non sono) in un crescendo di note che avrebbero dovuto colmare un bicchiere che rimane per sempre mezzo vuoto e che contiene una bevanda che non disseta.
Il doppiaggio italiano come al solito non è dei migliori. Mi sto convincendo che forse sia meglio vederli sottotitolati i film asiatici.

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Ultima risposta 31/08/2010 12.06.38
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ZaZà  @  23/05/2010 14:05:47
   8 / 10
a mio dire il film vale la pensa vederlo, molto suggestivo, bella trama, e non l'ho trovato mai noioso anche se dura un po'.
consigliato

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Ultima risposta 26/05/2010 22.21.36
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Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  20/05/2010 16:17:13
   7 / 10
Mi pare strano che un film così delicato e lieve nel raccontare un rito legato alla dipartita, agli affetti perduti, al sacro rispetto della morte, mi abbia toccato così poco. Non ho provato emozione, nonostante la poesia di cui è intriso il film. Ecco, forse proprio questo, risulta troppo intriso di gesti, parole, musiche, paesaggi funzionali alla facile commozione.
La fine della vita secondo la cerimonia nipponica è poco spontanea, sembra studiata nei particolari per impressionare noi occidentali.
Anche nell'incipit il tocco umoristico stona un po' e male si armonizza con il resto.

Detto questo, il film è piacevole e il tema originale, vale comunque la pena di vederlo.

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Ultima risposta 20/05/2010 17.32.15
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  29/04/2010 01:51:56
   8 / 10
Quando vado al cinema di Ve passo sempre davanti a una storica impresa di pompe funebri. E puntualmente, ogni volta, faccio qualche scongiuro (magari senza farmi vedere). E' il nostro modo occidentale (di repulsione e disagio) di affrontare il tema della morte. Forse siamo in qualche modo sopraffatti dal Culto che se ne fa in certi ambìti e che predispone a etichette imbarazzanti (v. il criptico manifesto nazista).
Stranamente "Departures" ha il suo punto di forza proprio nella capacità di trasmettere una via d'accesso - ehm - alla trasmissione dolorosa del lutto, mentre è del tutto sprovvisto degli elementi per raccontarci l'altro mistero, quello della vita: si veda a proposito la prospettiva della nascita di un bimbo, elemento che - non è sorprendente? - ci appare furbo, ammiccante, persino fastidioso a tratti.
Takita invero sembra preludere a forte connessioni con il cinema occidentale attraverso tracce che fortunatamente non portano gli sviluppi che lo spettatore si attende. Sì perchè Adigo non arriverà a ritrovare il padre secondo le circostanze tradizionalmente ovvie del melodramma classico, nonostante molte cose ci facciano pensare il contrario - v. la rivelazione fatale della vedovanza del capo. Dove in una sequenza di grande intensità l'uomo prepara il corpo inerme di una donna sconosciuta come se fosse stata la creatura con cui ha vissuto per molti anni ("Tutte le coppie prima o poi vengono divise dalla morte, per chi rimane è un grande dolore").
Le simbologie di Takita vengono azzardate in più momenti - il pesce morto, i sassi come comunicazione tra Adigo e il padre - ma spesso sono soprattutto abbozzi di un manifesto più elegiaco e commosso di quanto sembri.
Il regista riesce abilmente a smascherare le aspettative dello spettatore intelligente e renderle meno futili.
Quel bisogno di "dare a un corpo divenuto freddo una bellezza che durerà per sempre" plasma i rimorsi e il dolore in una forma quasi parossistica di devozione anche spirituale ("la morte non è che un cancello").
Nonostante verso il finale il film rischi di annaspare in un compiacimento senza via d'uscìta, permane la forte sensazione di un film invero molto molto bello, soggiogato dalle spire di un rimpianto che deve ad ogni costo liberarsi attraverso il tocco "orientale" dell'estetica.
Perchè forse è più duro accettare - come si dice nel film in un'inedita e spietata requisitoria animalista - che noi esseri viventi sopravviviamo nutrendo il nostro corpo "di cadaveri".
Ma onestamente non so se domani ci penserò ancora dopo aver assaggiato la mia dose quotidiana di carne

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Ultima risposta 17/05/2010 13.53.48
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suzuki71  @  14/04/2010 09:15:56
   4 / 10
Questo film, furbetto e non rigoroso, è tante cose: è divertente, ironico, sentimentale, drammatico... : è un po' di tutto, quindi alla fine non è niente. Può piacere teoricamente a tutti, a me non è piaciuto per nulla. Insomma, voglio dire: se voglio divertirmi vedo "soul kitchen", se voglio riflettere vedo "il riccio", se voglio restare a bocca aperta vedo "avatar", se voglio commuovermi vedo "invictus". Ma qui si uniscono diversi registri è il risultato sa di falso, con attori caricatura e con un finale che più prevedibile e grossolano non si può. Un premio oscar imbarazzante, davvero, per un film che non mantiene nulla di ciò che promette.

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Ultima risposta 29/04/2012 05.05.06
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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR strange_river  @  10/04/2010 15:52:43
   7½ / 10
Film a doppia anima, l'atteso Departures di Yojiro Takita.
La prima anima, quella giapponese, splende di delicatezza ed eleganza, non solo visiva, nelle sequenze della preparazione AL viaggio, silenzioso incanto fatto di gesti misurati e ricolmi di attenzione e rispetto.
Il lavoro di tanatoesteta, a cui si trova in un certo qual modo costretto il giovane Kobayashi, rappresenta il momento intimo della riflessione sulla perdita e credo sia difficile sottrarsi all'ammirazione per l'arte con cui viene svolto, così attenta al gesto, rituale di bellezza esteriore e interiore, così come l'arte del disporre fiori o della preparazione del te sono riti di meditazione.
Il contrappunto vitale al momento del lutto sta, come in moltissime culture, nella preparazione del cibo: cibi offerti durante la cerimonia o preparati per altre occasioni che in questo film assumono un ruolo primario e significativo nello sviluppo della storia; anche alcuni momenti di lieve umorismo sono altri tratti caratteristici di una certa visione orientale della vita (e della morte).

L'altra anima è quella occidentale o, per meglio dire, di un certa sua cinematografia: l'intreccio delle vicende personali del protagonista, le perdite che ha subito e ciò che viene invece acquistando in un lavoro considerato “impuro”, sono raccontate indugiando, a mio parere, su un certo tipo di sentimentalismo che, seppur per fortuna mantiene un pudore di fondo, trova un facile accesso nelle emozioni di ognuno e certamente è volto a commuovere, ancor prima che a significare; la stessa musica è più "usata" che aver funzione di colonna sonora .
In questo contesto i personaggi che circondano Kobayashi non sempre sono cesellati con grande finezza ( con l'eccezione del suo maestro) e alcune situazioni mancano della giusta profondità.

Nel complesso comunque il tutto ha un suo dolce equilibrio e di sicuro questo film piacerà a moltissimi.

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Ultima risposta 12/04/2010 19.50.47
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marcodinamo  @  06/05/2009 18:49:38
   9½ / 10
Un film che riconcilia con il cinema. Deliziosamente irresistibile. Giustamente premiato con l'Oscar e con il primo premio l recente Far East Film Festival di Udine.

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Ultima risposta 22/08/2009 00.11.07
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